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TESTO La misura della nostra fede: LA CARITA’

mons. Antonio Riboldi

XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (31/07/2005)

Vangelo: Mt 14,13-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 13avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. 14Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.

15Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». 16Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». 17Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». 18Ed egli disse: «Portatemeli qui». 19E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. 20Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. 21Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

C'era un tempo in cui le nostre famiglie non sapevano affatto cosa fosse il benessere. Vivevano la povertà, con una dignità che oggi non conosciamo più. Non era possibile coltivare idoli che non esistevano: o se esistevano facevano parte dei "privilegi dei pochi ricchi", che non si invidiavano neppure. Non avevamo case, come oggi, che sono talmente piene di beni inutili, da non lasciare posti vuoti. Ma al posto delle tante cose inutili di oggi, che tolgono lo spazio alle cose belle del cuore, vi erano grandi valori dello spirito, vera ricchezza della famiglia e della società.

Non solo, ma la povertà era sempre condivisione con chi non aveva. Nessun povero che passava vicino a casa mia, se ne andava a mani vuote; mamma sapeva sempre trovare qualcosa da dargli che poi era quello destinato a noi. La pietà o compassione per chi soffriva era davvero la regina del cuore ed era la civiltà dell'amore.

Ora per tanti quella civiltà ha ceduto il posto a quelli che il S. Padre, nel discorso di inizio pontificato, chiamava i "deserti dell'uomo": "Vi sono tante forme di deserto: Vi è il deserto della povertà, il deserto della fame e della sete, vi è il deserto dell'abbandono, della solitudine, dell'amore distrutto. Vi è il deserto dell'oscurità di Dio, dello svuotamento delle anime senza più coscienza della dignità e del cammino dell'uomo. I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi. Perciò i tesori della terra, non sono più al servizio dell'edificazione del giardino di Dio, nel quale tutti possono vivere, ma sono asserviti alle potenze dello sfruttamento e della devastazione" (dalla omelia della messa d'inizio del ministero petrino).

Tutti questi "deserti" hanno una sola origine, l'egoismo umano che non conosce o riconosce che l'uomo, la donna, ovunque sia, è un fratello e una sorella che Dio ci mette accanto da amare. E amare è esattamente il contrario dell'egoismo.

Non solo fa indignare sapere che i due terzi occupano "il deserto della fame della sete, del misconoscimento dei propri diritti e della propria dignità, ma tutto questo genera quella violenza che spende cifre inimmaginabili per le guerre. Incredibile.

Quei 30.000 fratelli o sorelle che ogni giorno muoiono nel deserto della fame e della sete, saranno i nostri futuri giudici.

Il Vangelo di oggi ci offre uno spaccato del grande cuore di Gesù, Figlio di Dio, che è sempre chino su di noi tutti, comprende i nostri deserti ed indica la via del "giardino di Dio", che è la solidarietà.

Ci sono tre momenti davvero toccanti che "parlano" senza usare parole, ma captati da chi ha orecchi per intendere Dio.

Gesù aveva saputo che Giovanni Battista era stato ucciso, e tutti sappiamo come: per ordine di Erode che non volle venire meno alla promessa fatta alla figlia di Erodiade, che era stata duramente rimproverata da Giovanni per la sua condotta peccaminosa con Erode. Era tanto l'odio che provava quella donna da chiedere non i tesori terreni, ma la testa di Giovanni il Battista, e fu accontentata, anche se a malincuore.

Quando Gesù seppe di quella fine, racconta il Vangelo, "partì su una barca e si ritirò in disparte da solo in un luogo deserto". Certamente fu grande il dolore, e forse anche l'angoscia, perché la stessa fine, per altri motivi, sarebbe toccata a Lui, nella crocifissione. Verrebbe la voglia di esserGli vicino non per dire parole inutili, ma per condividere dolore e amore.

La folla viene a sapere dov'è: "lo seguì a piedi dalle città. Egli, che si era allontanato prima sulla barca, discese dalla barca e vide una grande folla e sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si accostarono i discepoli e gli dissero: Il luogo è deserto ed è orami tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare. Ma Gesù rispose: Non occorre che vadano; date loro voi stessi da mangiare. Gli risposero: Non abbiamo che cinque pani e due pesci! Ed egli disse: Portateli qui. E dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull'erba, prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli e i discepoli li distribuirono alla folla. Tutti mangiarono e furono saziati e portarono via dodici ceste piene di pezzi avanzati. Quelli che avevano mangiato erano cinquemila uomini circa, senza contare le donne e i bambini" (Mt. 14,13-21).

Quando leggo questa pagina del Vangelo, in cui davvero c'è la Parola che si fa nostra vita, mi viene in mente quella enorme massa di fratelli e sorelle che, in tante parti del mondo, tendono la mano ed attendono la nostra moltiplicazione dei pani, perché nessuno muoia. E sento tutta la mia povertà che mi fa dire: "Non ho che cinque pani e due pesci, come sfamare?"

E c'è tanta gente, troppa, che i pani li ha, ma non si pone neppure la domanda "come dare da mangiare? Sono troppi". Se tutti noi dessimo i nostri cinque pani e due pesci, credo non ci sarebbe chi muore di fame.

E' vero che nelle nostre parrocchie sta crescendo una sensibilità a questo riguardo, al punto che si moltiplicano le mense dei poveri e i centri di accoglienza. E' sempre tanto e poco nello stesso tempo, perché il nostro pane arriva chi è vicino.

Così come è vero che si moltiplicano le iniziative di volontariato e di "centri di raccolta", facendo propri i bisogni di una missione e questo in tutto il "deserto della fame e della sete".

Ma c'è ancora tanto spazio per la solidarietà. Sono sempre vere le parole, che riportavo sopra, del nostro Sommo Pontefice. "I deserti esteriori nel mondo si moltiplicano perché i deserti interiori sono diventati tanto ampi. Perciò i tesori della terra non sono più al servizio della edificazione del giardino di Dio, nel quale tutti possono vivere, ma sono asserviti alle potenze dello sfruttamento e della distruzione".

Gli Stati ricchi, oggi, pare abbiano deciso di condonare i debiti di Stati poveri. E' già un passo verso la solidarietà...purché si vegli che questo dono non finisca, ancora una volta, nella ingordigia di pochi uomini di stato.

Così come oggi si sta creando una mobilitazione per vincere la fame nell'Africa. Una mobilitazione che vede vicini, credenti e non, intorno ad una giustizia che nulla ha a che fare con l'elemosina. Si vorrebbe che tutti, senza eccezione, potessero non solo sfamarsi, ma tornare ad essere protagonisti del proprio progresso e sviluppo. E' la via della pace sociale. E preghiamo sia così.

Ma occorre che ci si converta tutti alla povertà di spirito, ossia a quel distacco dai beni della terra, che Gesù chiamava beatitudine, per essere disponibili a diventare ricchezza per tutti.

Ci colpisce come, nel racconto della moltiplicazione dei pani, Gesù anticipi quello che sarà "il suo spezzare il pane", in maniera immensa, a tutti noi redenti, nella Eucaristia.

Così lo descrive Matteo: "Dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull'erba, prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli e i discepoli li distribuirono alla folla".

Sono le parole che i sacerdoti ripetono al momento della consacrazione: "Nella notte in cui fu tradito, Egli prese il pane, ti rese grazie con la preghiera di benedizione, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e disse: "Prendete e mangiate, questo è il mio corpo" (preghiera eucaristica).

Che tutta l'umanità, senza distinzione, come allora, si faccia attorno a Dio per ricevere speranza, perché "malati" di ogni sorta di male, sono sotto i nostri occhi. E Lui ha compassione e ci offre non un pane terrestre, ma il pane della vita. Con la differenza che allora tutti mangiarono, ora forse rifiutiamo, non capendo che in quel Pane c'è quella vita che ci rende capaci di conoscere la "pienezza di vita in Dio e la carità verso gli altri". Così il mondo fa fatica a mangiare il Pane della Vita e a dare il pane all'affamato.

Vorrei offrire a voi, carissimi, una bella preghiera di Madre Teresa.

"Chi è Gesù per me?" Il Verbo fatto carne, il Pane della vita,
la Vittima offerta sulla croce per i nostri peccati,

il Sacrificio offerto nella messa per i peccati del mondo e i miei personali,

la Parola che deve essere pronunciata, la Verità che deve essere detta,

la Via che deve essere percorsa, la Luce che deve essere accesa,

la Vita che deve essere vissuta, l'Amore che deve essere amato,

la Gioia che deve essere condivisa, il Sacrificio che deve essere offerto,

la Pace che deve essere data, il Pane che deve essere mangiato,

l'Affamato che deve essere nutrito, l'Assetato che deve essere appagato,

il Nudo che deve essere vestito, il Senzatetto che deve essere accolto,

il Malato che deve essere guarito, il Solo che deve essere amato,

l'Indesiderato che deve essere voluto, il Lebbroso che deve essere accolto,

il Mendicante al quale deve essere sorriso, il Malato mentale che deve essere protetto,

il Piccolo che deve essere accarezzato, il Cieco che deve essere guidato,

il Sordo per cui si deve parlare, lo Storpio con cui si deve camminare,

il Tossicodipendente che si deve soccorrere, la Prostituta che si deve togliere dalla strada,

il Prigioniero che si deve visitare, l'Anziano che si deve servire".

Davvero Madre Teresa ha saputo dalla Eucaristia imparare la compassione di Gesù. E la sua vita da santa è una grande testimonianza per tutti. Credo che tutti noi vorremmo essere del numero di quelli che mangiarono del pane moltiplicato da Gesù. Ma nella Eucaristia Lui offre "un pane", che è davvero quello che ci vuole per conoscere la Vita in pienezza. Ne saremo capaci?

 

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