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TESTO Commento su Giovanni 17,1b.20-26

don Michele Cerutti

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VII domenica T. Pasqua (Anno C) (02/06/2019)

Vangelo: Gv 17,1b.20-26 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Così parlò Gesù. Poi, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te.

20Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: 21perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.

22E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. 23Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me.

24Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo.

25Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. 26E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro».

Quello che ci viene sottoposto questa domenica è la preghiera sacerdotale di Gesù che svela quell'intimità profonda che lega Gesù al Padre, intimità che in molte occasioni Gesù ha mostrato e che anticipa qualcosa di importante nel suo ministero.
Questa preghiera è una sorta di sintesi del cammino di Gesù verso la sua ora.
Dopo i grandi discorsi pronunciati nel cenacolo, dopo il grande gesto della lavanda dei piedi, dopo l'istituzione dell'Eucaristia veniamo introdotti, già nel versetto iniziale, in questa intimità in cui ci viene detto che alza lo sguardo verso il Cielo per intercedere per i suoi discepoli. Tante volte lo abbiamo visto implorare il Padre per i suoi discepoli, ma in questo brano la preghiera si estende nei confronti dei credenti di ogni tempo e latitudine.
La finalità della preghiera è quella di favorire l'unità tra i credenti finalizzato a permettere di conoscere che “tu mi hai mandato” e far sì che tutti siano salvi.
Aiutati da questo brano evangelico siamo esortati a inserirci in questa preghiera sacerdotale che Gesù ha espresso.

L'unità non è un prodotto mondano, ma arriva a noi dal Padre mediante il Figlio e nello Spirito Santo; va ricercata perché è la fonte originaria della missione cristiana nel mondo. In questo modo la Chiesa diventa il luogo in cui continua la stessa missione di Cristo nella Chiesa. Egli ci ha lasciato un Vangelo chiaro che ha un fine chiaro ovvero l'invito ad amare tutti senza distinzioni sia uno ricco o povero, oppure sia giovane o anziano, italiano o straniero. L'unità in questo modo favorisce la gloria di Dio. Ogni qualvolta intacchiamo l'unità tra di noi colpendola facciamo un danno grave alla diffusione del Vangelo.
Non c'è bisogno di pensare al dialogo ecumenico per riferirci al problema dell'unità. Certo occorre sostenere con la nostra preghiera i percorsi da compiere perché le confessioni cristiane si riuniscano sotto un unico pastore. Occorre riscoprire questa unità all'interno delle nostre comunità parrocchiali dove rischiamo di farci o piccole isole in mezzo a tante piccole isole oppure piccoli gruppi che non dialogano con altri gruppi e anzi sorge tra questi una sorta di rivalità non finalizzata alla conquista di carismi più grandi, ma volta a creare un abbassamento del clima ove coloro che sono lontani rischiano di allontanarsi di più. C'è bisogno di comunione e riscoprirla ogni giorno all'interno delle realtà parrocchiali e pregare perché questa sempre si realizzi.

Mi rifaccio a una storia che ho trovato su internet non citata dal sito da cui l'ho tratta.
Il vecchio padre aveva preso la grande scatola di metallo dove custodiva monete e medaglie preziose che aveva raccolto da tutta la vita: erano monete d'oro e d'argento, ma molto diseguali tra di loro. “Voglio che le dividiate ora, mentre sono ancora in vita”, disse una sera ai suoi tre figli che erano venuti a visitarlo; alla spartizione volle che ci fossero anche le nuore, ma la scelta doveva essere dei figli. E cominciò il momento solenne. Il minore prese una collezione: “A chi piacciono queste?”. E fu un gioco: ciascuno voleva dare all'altro ciò che gli piaceva di più e l'equità della divisione fu l'ultimo dei problemi. Le nuore tacevano, ognuna semplicemente immaginando da quale moneta avrebbe tratto una spilla, per sé o per l'altra. “Non mi merito dei figli così!”, disse il vecchio padre, gli occhi umidi e la mano un po' tremante. “Vi auguro che i vostri figli vi diano la soddisfazione che avete dato a me”.
La morale sta nel fatto che l'unità tra i fratelli è la moneta più preziosa che passa di generazione in generazione, e occorre custodirla come il più fecondo dei beni.
Dall'altro lato, invece, la rivalità, la paura di aver di meno, l'invidia e la gelosia sono la lingua di cui si serve il mondo per corrompere l'unità.
Nel quadro della storia possiamo verificare l'humus familiare che caratterizza l'evento per la presenza di nuore che non rimproverano ai rispettivi consorti di aver avuto meno.
E' importante muovere il terreno delle nostre comunità perché il clima che si respira sia finalizzato all'unità perché dove c'è questa, essa è un bene inestimabile in cui vi sono piccole vittorie sui demoni del possesso e del potere.

Invochiamo lo Spirito perché si riscopra sempre di più la dimensione unitaria nelle nostre comunità perché il mondo possa conoscere veramente la gloria di Dio.

 

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