TESTO Commento su Gv 16,16-20
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Giovedì della VI settimana di Pasqua (30/05/2019)
Vangelo: Gv 16,16-20
“In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos'è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che cos'è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire». Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia».”
Gv 16,16-20
Come vivere questa Parola?
Per noi la gioia è qualcosa di palpabile, coincide col nostro benessere: è un tutt'uno con l'ebrezza delle emozioni, col dilatarsi dei polmoni, la lucidità della mente e il fervore dei sentimenti. Gesù non promette una gioia che il mondo possa immediatamente riconoscere e fare propria. È il paradosso della “perfetta letizia” di cui parla Giacomo (Gc 1,2): la sconfitta agli occhi del mondo è la vittoria di Dio! Come entrare in queste parole di Gesù, se continuiamo a rincorrere successi facili e riconoscimenti immediati, se non siamo in grado di attendere che quel “poco” faccia il suo corso e susciti una nuova disposizione di cose? Ogni attesa vissuta in direzione dell'incontro col Signore diventa tempo carico di speranza, di significato e di gioia: si dilata verso l'eternità e sa vedere nella precarietà dell'oggi la benevola provvidenza di Dio.
Oggi voglio chiedere al Signore in modo particolare che mi doni di custodire la gioia ottenuta nella preghiera e la consolazione dell'abbondanza, perché io possa ricordarmene nel tempo della tristezza e della desolazione. Sarà una riserva preziosa, utile a suo tempo!
La voce di un dottore della Chiesa
“Interroga la grazia, non la scienza, il desiderio non l'intelletto, il sospiro della preghiera non la brama del leggere, lo sposo non il maestro, Dio non l'uomo, la caligine non la chiarezza, non la luce ma il fuoco che infiamma tutto l'essere e lo inabissa in Dio con la sua soavissima unzione e con gli affetti più ardenti.”
San Bonaventura
don Enrico Emili - enricoemili@tiscali.it