TESTO Raccontarsi a un pozzo...
don Angelo Casati Sulla soglia
II domenica di Quaresima (anno C) (17/03/2019)
Vangelo: Gv 4, 5-42
5Giunse così a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: 6qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. 7Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». 8I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. 9Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». 11Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». 13Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». 15«Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». 16Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». 17Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. 18Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». 19Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! 20I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». 21Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. 24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». 25Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». 26Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». 28La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: 29«Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». 30Uscirono dalla città e andavano da lui.
31Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». 32Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». 33E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». 34Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. 35Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. 36Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. 37In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. 38Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».
39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». 40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. 41Molti di più credettero per la sua parola 42e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
Il pensiero mi è venuto anni fa. Ed è come se si fosse quasi impigliato - e voi mi perdonerete - a questo incontro al pozzo, che uno, se gli rimane ancora l'anima, legge, trasalendo ad ogni riga. E poi non rimangono più le parole, rimangono i visi e forse i cieli, forse un biondeggiare di spighe lontano. Qual era il pensiero e come nasceva. Nasceva dalla prime righe del racconto dove è scritto: "Gesù, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno". Il viaggio era lungo; e poi lui l'aveva allungato con quella deviazione in terra di Samaria.
Ebbene mi sono detto - e questo è il pensiero di cui vi parlavo - mi sono detto: "Se Dio è stanco per noi, allora il sole è alto! Se fa deviazioni per noi il sole è già alto. Non vorrei, nemmeno quest'anno, togliervi l'incanto, ve lo vorrei lasciare. E saranno altre parole - immagino - altre dalle mie, a colpirvi, a farvi rimanere sospesi, dico nella mente e nel cuore. Io vado per simboli, perché nelle parole della donna e di Gesù è un continuo sconfinare per immagini. Che alludono ad altro. Io indugerò per lo più sulla sete, sull'acqua, sul pozzo. Di storie di sete, di acqua e di pozzi sono colmi i racconti della Bibbia. Come di sete, di acqua e di bisogno di pozzi è piena la vita, dico la vita di ognuno di noi. Leggi, e dalle parole di Gesù e della donna, dai silenzi di Gesù e della donna traluce con evidenza che nella vita c'è sete anche di altro.
Badate, non dico che non ci sia sete anche di acqua naturale: anche quella è sacra, è preziosa ed è negata a tanti, a troppi purtroppo, ed questione di vita o di morte. Un impegno che ci deve stare a cuore. Ma di che cosa, poi, hai sete? Alla fine donna e Gesù sembrano dimenticare l'acqua del pozzo. Ma che cosa capita? Ma quando accade? Accade quando la donna, andando ancora un po' più a fondo del suo pozzo, si accorge che l'acqua di nuovo le gorgoglia dentro per le parole di quel rabbi straniero: dimentica al pozzo la brocca. A sua volta Gesù ha dimenticato la fame, tanto lo aveva preso quell'incontro, quello svelarsi di sentimenti e di pensieri con una donna in terra straniera. Era rimasto come stregato per quel pozzo che aveva ripreso acqua, acqua che disseta. Gli si muovevano sogni. Di messi biondeggianti. E io a pensare che, in questa quaresima, lui, Gesù, fa ancora una delle sue deviazioni, anzi deve farne una lunga - da stancarsi! - per arrivare a me. E' stanco e mi aspetta al pozzo.
E nascono narrazioni: ci si racconta. Non ci sono pulpiti, ci si racconta, ci si racconta la vita, E ci sono sguardi. Vi immaginate come si guardavano, Gesù e la donna. Da stupire quelli che hanno in mente solo provviste: "Rabbi mangia" Ma di che cosa abbiamo fame? O, per stare all'immagine del pozzo, di che cosa abbiamo sete? Noi, come Gesù, come la donna, abbiamo siete di un incontro. Abbiamo sete di persone e di un raccontarsi profondo. E se non abbiamo sete di persone, e se le perone non sono per raccontarsi ma per consumarle, se non abbiamo sete di persone e di racconti, siamo - credetemi - dei poveretti. Saremmo dei poveretti, anche se avessimo una barca di soldi. Saremmo pozzi senz'acqua, uno di quei tanti pozzi che dissennatamente noi e la società abbiamo riempito di pietre. E grazia sarebbe che ce ne accorgessimo. Perché di nuovo di sotto le pietre potrebbe riprendere a gorgogliare, anche in un deserto, un brivido d'acqua.
E io di che cosa ho sete? La samaritana di Gesù e Gesù della samaritana. La sete più struggente è la sete dell'altro, dell'altra: se ho sete solo di me stesso, sono un poveretto. E se l'altro è acqua, il narrarsi, il raccontarsi, fa scomparire ogni stanchezza. Nel racconto scompare d'un tratto la stanchezza della donna costretta ogni giorno a fare strada verso il pozzo e la stanchezza di Gesù, provato da quel lunghissimo viaggio dalla Giudea alla Galilea. Ve lo siete mai chiesti quante ore sarebbero rimasti a raccontarsi, lui e la donna, se non fosse stato per l'arrivo dei discepoli dalla città, dove erano andati per provviste? Ognuno di noi - ne sono certo - potrebbe raccontare situazioni in cui passavano le ore e non avevamo il benché minimo sentore di stanchezza, in cui era un passare di ore e il tempo volava, non ci accorgeva. Lì c'era gorgogliare d'acqua: chiara, fresca, dolce acqua...
Per questo vorrei oggi ringraziare Gesù che mi ha raggiunto, facendosi stanco per me, lui che ancora oggi mi raggiunge quando ad essere stanco sono io e diventa pozzo, pozzo per me. E, insieme a lui, vorrei dire grazie a donne e uomini che lungo la mia vita si sono affaticati per arrivare sino al mio pozzo. Forse quando ero stanco. E sono stati pozzo per me. E vorrei, ancora, pregare con voi oggi Gesù perché, in qualche misura, si possa, anche noi diventare un pozzo, dove chi è stanco, affaticato, non trovi la delusione di una pozzo vuoto, ma un rigagnolo, sì almeno un rigagnolo d'acqua, uno sguardo buono, dove fare nido con gli occhi. Come lo sguardo di Gesù, al pozzo di Sicar, per la donna samaritana. Conosciamo, tutti, volti da cui giriamo via d'istinto lo sguardo: troppa la presunzione, l'arroganza, la prepotenza che li abitano. Sono l'assenza del racconto, la morte del raccontarsi, pozzi disseccati.
Potremmo, purtroppo, esserlo, o diventarlo, anche noi. Dobbiamo tenerci in guardia. Ci conceda il Signore il suo stile tenero, umile, mite che gli ha consentito di entrare nel cuore della donna di Sicar. Ci conceda di diventare pozzo, o, se volete un rigagnolo. Fosse anche solo un rigagnolo. Per chi ha sete, sete di autenticità, per chi ha sete di racconti. Di racconti che arrivino al cuore. E ricordiamo: se siederemo stanchi per qualcuno, il sole sarà già alto.