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TESTO Come i tre apostoli, noi saliamo con Gesù sul Monte Tabor

padre Antonio Rungi

II Domenica di Quaresima (Anno C) (17/03/2019)

Vangelo: Lc 9,28-36 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,28-36

28Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. 29Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. 30Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. 32Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. 33Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. 34Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. 35E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». 36Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

La parola di Dio di questa seconda domenica di Quaresima, seconda tappa del cammino verso la Pasqua è incentrato su l'urgenza di un profondo cambiamento della nostra vita, o di una vera trasfigurazione del nostro modo di credere, amare e sperare.
Il testo del vangelo di Luca ci invita, infatti, a salire sul Monte Tabor con Gesù e con i suoi tre discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni, davanti ai quali si trasfigura, cambia sembianze, alla presenza di Mosé ed Elia.
Il Vangelo della trasfigurazione è un esplicito invito a camminare sulla scia di Cristo, per salire sul monte della trasfigurazione.
Qui nella contemplazione dobbiamo cambiare il nostro cuore e la nostra mente, per poi ridiscendere e vivere nella quotidianità ciò che abbiamo contemplato e fatto nostro. Ci sono richieste tre cose da fare: ascoltare la parola di Dio e l'insegnamento che viene dalla Chiesa; valorizzare la preghiera come strumento di elevazione spirituale; impegnarsi a vivere nella carità, come è dovere per ogni cristiano. Pietro, Giovanni e Giacomo sono i tre Re Magi che non vanno alla grotta di Betlemme, ma con Gesù salgono sul Monte Tabor, dove il Maestro si trasfigura davanti ai loro occhi. Pietro è la dottrina, Giovanni è la preghiera, Giacomo è la carità. Camminare verso la Pasqua è recuperare fedeltà alla parola di Dio, pregare più convintamente e mettersi a servizio dei fratelli.

Il Vangelo di oggi, infatti, ci riporta ad uno dei momenti più belli vissuti da Gesù e dai tre apostoli sul monte della gloria, ma anche dell'anticipo della Passione di Cristo. Questo Vangelo che ci offre l'opportunità di riflettere sul significato non solo della trasfigurazione di Cristo, ma sulla nostra trasfigurazione.
Ogni tempo è favorevole perché nella nostra vita siano profondi mutamenti, cioè di cambiare in meglio la nostra vita, ma la quaresima offre una motivazione in più. E perché questo possa avvenire dobbiamo trasformarci in attenti cristiani che danno spazio alla vita spirituale e che salgono sul monte, insieme a Gesù, a contemplare e a pregare.
L'importanza della preghiera e della contemplazione per ogni cristiano è fuori discussione. Senza la preghiera che è il respiro e l'ossigeno dell'anima, difficilmente possiamo affrontare il buon combattimento della vita quotidiana.
Certo Gesù, dopo aver manifestato la sua gloria, al punto tale che i tre privilegiati apostoli chiedono al Signore di continuare a stare lì, ritorna con il suo volto umano e sofferente. Infatti, riprende il cammino e scende giù a valle, perché l'attende la scalata di un'altra importante montagna, quella del calvario, alla quale fa riferimento riportando alla realtà anche i suoi gioiosi e felici discepoli.
Sull'esempio di Gesù, anche noi dobbiamo scendere dall'esperienza della contemplazione, dell'isolamento, del silenzio, della tranquillità, dai nostri veri o presunti paradisi e non solo spirituali, in quanto ci attende la vita di ogni giorno con le sue gioie e i suoi affanni, con le sue croci e con i vari calvari da salire.
La sequela di Cristo passa attraverso il prendere la croce. “Chi vuol venire dietro a me - dice Gesù - prenda la sua croce ogni giorno e mi segua.
Ecco l'essere vicino a Gesù, dopo la trasfigurazione sperimentata nella preghiera e nella contemplazione, magari nel silenzio e nella solitudine della propria abitazione, si può trasformare in un tempo per stare a valle, vicino alle sofferenze degli altri.
Oppure, in contrasto allo stile di vita di Gesù, si può trasformare in un tempo di distrazioni, che normalmente ci offre, questo nostro tempo, mettendo da parte Dio e la carità verso gli ultimi e i sofferenti.
Non si comprende il Tabor senza comprendere la valle delle lagrime, come recitiamo nella preghiera mariana della Salve Regina: "A te sospiriamo, gementi e piangenti in questa valle di lagrime".
Stare a valle, ridiscendere dal monte ha anche esso un significato cristiano, se scendendo dopo l'esperienza della preghiera noi possiamo incontrare i volti sofferenti dei nostri fratelli ed asciugare le loro lagrime, spesso nascoste, per non essere di peso agli altri. Sanno tenersi tutto dentro, custodendo gelosamente, come Maria, le gioie e le pene, che ella conservava nel suo cuore di mamma.
Trasfigurarsi con la preghiera è salire, quindi, con Gesù sul Monte Tabor e contemplare la gioia eterna del volto luminoso di Dio, ma anche salire il Monte del calvario, dove la preghiera di Gesù sull'altare della Croce è espressa attraverso le sette parole che il Maestro pronuncia mentre sta a offrire il suo sangue per noi, per redimerci da ogni colpa ed aprirci le porte del Paradiso, una volta per sempre, e non solo per un breve tempo, come quello sperimentato dagli apostoli sul Monte della gioia.

Su questo santo monte, mentre “la gloria della Divinità sfolgora sul volto di Cristo e il Padre lo accredita agli Apostoli estasiati come suo Figlio, perché lo ascoltino si parla anche del momento doloroso della Passione. Tutta la nostra vita è gioia e dolore, come ci insegna il mistero della Trasfigurazione del Signore.
Non possiamo non ascoltare la voce di Dio che ci invita, come per il patriarca Abramo ad aver fiducia piena in Lui e a confidare completamente sulla sua parola, che cambia le sorti del mondo e di ognuno di noi, come ci ricorda il brano della prima lettura di questa domenica, tratto dal libro della Gènesi: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia. Siamo invitati a guardare in alto, a ringraziare Iddio per quello che ci ha dato e ci dona. Sulla parola di Dio dobbiamo elaborare i nostri progetti di vita e sacrificare noi stessi per servire la causa del cielo e non della terra. Stesso concetto che ci viene offerto dal brano della seconda lettura di questa domenica, tratto dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési, nel quale, c'è un forte appello a superare la logica del mondo ed entrare in quella sapienza della croce, che rende liberi mente e cuore, in quanto “molti si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro Dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra”.
Una vita impostata completamente sulla soddisfazione dei bisogni del corpo si svuota di senso e di valore. Sapendo che noi siamo cittadini del cielo, “di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose”. In vista di questa meta certa e definitiva, è importante rimanere modo saldi nel Signore, come ha fatto san Giuseppe, padre putati di Gesù Cristo.

E a conclusione di questa riflessione, il mio pensiero va proprio a lui, a questo grande santo, di cui tutti siamo devoti e la cui festa celebreremo, martedì prossimo, 19 marzo.
Sia questa una festa per riscoprire la paternità secondo il cuore di San Giuseppe e la figliolanza come quella di Gesù, che era sottomesso ai suoi genitori e visse con loro nell'infanzia, nell'adolescenza, durante i suoi continui spostamenti per annunciare il Regno di Dio. Gesù fu vicino alla sua mamma dolcissima e vicino a San Giuseppe, anche nel momento del suo passaggio all'eternità. E' anche la festa civile di tutti i papà del mondo, specialmente di quelli che stanno soffrendo per separazioni, divorzi, malattie, per la mancanza di lavoro, per solitudine, per i tanti infiniti conflitti con i figli, che li abbandonano e non li curano, perché sono senza amore e senza cuore. A San Giuseppe custode premuroso di Gesù Cristo, chiediamo la grazia per vedere sorridere i tanti papà, molte volte afflitti a causa dei propri figli.

 

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