TESTO Commento su Marco 2,13-17
don Walter Magni Chiesa di Milano
Penultima domenica dopo Epifania (anno C) (24/02/2019)
Vangelo: Mc 2,13-17
13Uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. 14Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
15Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. 16Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?». 17Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».
Nelle due domeniche che precedono l'inizio della Quaresima la liturgia, quasi volesse scavare nel cuore stesso di Dio, ci riporta con insistenza al tema della misericordia. In modo particolare questa domenica viene chiamata della divina clemenza. Come anche afferma Paolo scrivendo a Timoteo: “ho ottenuto misericordia, perché Gesù Cristo ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità”.
Dio, il misericordioso
Se ci riferiamo ad alcune grandi esperienze religiose non è difficile intuire quanto siano capaci di misericordia. Nell'Islam, ad esempio, il primo dei 99 nomi attribuiti a Dio, subito dopo quello di Allàh, è il Misericordioso e il Compassionevole. Espressioni che ritornano anche nel buddismo per segnalare i tratti più caratteristici del Buddha. Come se Dio dicesse, servendoSi proprio di qualsiasi espressione religiosa autentica, dal profondo del Suo cuore: “Sappiate che non sono per niente complicato e con voi mi trovo bene. Soprattutto se ti senti povero, piccolo ed emarginato. Come vorrei che nessuno si sentisse escluso dal venire da me, dal volgere a me il suo sguardo, soprattutto se si sentisse tanto ferito”. Come se, davanti alla nostra impotenza a risolvere certi problemi del mondo - come la fame, e certe povertà, e alcune forme della malvagità umana - solo il Suo sguardo misericordioso le potesse sanare in radice. Raccogliendo certe grida, certi urli che salgono ancora verso il cielo. Talvolta, vedendo tanti giovani turbati e confusi, molti adulti vengono presi dal pensiero che la stoffa umana sia ormai ridotta a brandelli e sia impossibile sognare di avere ancora in futuro qualche eroe capace di salvare l'umanità. Forse non avremo più eroi, ma in forza della misericordia di Dio non mancheranno i santi. Più che santi d'altare, eroi di una perfezione irraggiungibile, proveremo la grazia d'essere circondati da tanti altri amici di Dio. Quelli che Gesù chiamava beati: i poveri in spirito, gli affamati, i misericordiosi capaci di misericordia.
Sguardo che salva
È anzitutto questione di sguardo. Di un nuovo modo di guardare. Così come guarda Dio, come solo Dio vede. Con quella profondità che ti raggiunge dentro, che ti ferisce il cuore, trasformandolo. Come quando “uscì di nuovo lungo il mare (e) tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro”. E se Gesù S'imbatte con le folle che Gli si radunano attorno, certo subito il cuore si apre alla parola insegnando, ma avendo anzitutto percepito una commozione, un fremito che d'istinto Lo porta a percepire la loro sete, la loro fame e tutti i bisogni più profondi che in quel momento attraversano i loro cuori. Come quella volta che, “scendendo dalla barca, Gesù vide una gran folla: sentì pietà per loro perché erano come pecore senza pastore” (Mc 6,34). Così che proprio quell'insegnamento che aveva deciso di pronunciare altro non è che il frutto maturo di quella misericordia, di quella pietà che solo Dio sa provare per tutti e per ciascuno. Come quando passando vide “Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: ‘Seguimi'. Ed egli si alzò e lo seguì”. Al principio di ogni chiamata non c'è un programma, una funzione preordinata dal Figlio di Dio che già intravvede che Levi poteva diventare un grande apostolo del Suo Vangelo. Quando Dio chiama è perché è mosso anzitutto dal Suo cuore misericordioso e pietoso. Siamo, infatti, tutti figli di un amore che salva, che ci avvolge in un'aura di grazia sconfinata. Come un'inebriante cascata d'amore che ti abbraccia senza darti scampo: “ed egli si alzò e lo seguì!”
Santi peccatori
Così, dalla strada, percorrendo le vie più strette del villaggio, Gesù, giunge alla casa di Levi che già s'era riempita di tutta una compagnia che, stando anche ai nostri parametri non avremmo faticato molto a definire dei “poco di buono”. Dai quali non ti puoi certo aspettare granché, tanto che “anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano”. È anzitutto a questa nuova folla di santi e di amici di Levi e di Gesù che il nostro sguardo deve cominciare a scorgere e ad accettare. Tanto che chi già s'è inoltrato per questa strada forse ci potrebbe guardare abbozzando un sorriso, come volesse incoraggiarci, quasi volesse testimoniare che è pure una strada possibile, percorribile perché in fondo si tratta sempre e solo di Vangelo. Il santo, stando al Vangelo, sarà sempre meno un campione di perfezione, e sempre più intensamente un figlio del perdono e della misericordia. Per questo non dovremo temere, a partire da noi, come un senso di ritrosia, forse di scandalo. Come allora, quando “gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: ‘Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?'. E Gesù a ripetere a noi, come già allora: “non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”. Santi secondo il Vangelo di Gesù sono anzitutto dei peccatori che hanno ancora il coraggio di sedersi alla Sua mensa, senza temere le proprie ferite, senza lasciarsi sopraffare dal senso del peccato.