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TESTO Il Signore cammina davanti al suo popolo

don Walter Magni   Chiesa di Milano

4a domenica dopo Epifania (anno C) (03/02/2019)

Vangelo: Mc 6, 45-56 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

A chi è mai successo di vivere un momento in cui hai l'impressione di essere in mezzo al mare in tempesta e di remare controvento? Certo, qualcuno potrebbe anche dire che è tutta la vita che sta remando contro, senza potersi mai fermare e perdendo spesso di vista la mèta. Tuttavia una lettura di fede, come quella che ci suggerisce il Vangelo di oggi, ci fa intuire che questa è una fase della vita che tutti, prima o poi, finiamo per attraversare.

“E subito costrinse i suoi discepoli”
Il fatto di partenza è questo: chi ha il cuore indurito non riesce a vedere e a riconoscere il Signore per quello che è veramente. Pur avendoLo davanti, preferisce ritenere che si tratti di un fantasma, frutto di un'allucinazione e di una fantasia un po' stanca. Chi ha il cuore pietrificato, indurito dal peccato (sklerocardìa) non riesce a comprendere, a tenere insieme i diversi aspetti che la realtà con tutta la sua ricchezza comporta. Tutto resta frammentato e non ti accorgi d'essere in presenza di Dio e il Suo amore e il Suo Vangelo scivolano via. Forse è per questo che, stando al vangelo di Marco, il Signore Gesù, dopo aver compiuto il segno dei pani, si dice che costrinse i Suoi discepoli a salire sulla barca e a precederLo all'altra riva. Come li volesse obbligare a entrare in una opportunità particolare. Sperimentando quella solitudine che si prova trovandosi nel buio della notte. Dentro una barca sulla distesa d'acqua che, quando è agitata, comporta caos, sconvolgimento, sensazione imminente della morte. Come se il compimento della Sua opera di amore in ciascuno di noi non fosse semplicemente cercare di saziare la nostra carne moltiplicando il pane, ma partecipare fino in fondo alla Sua stessa vita. Il traguardo della Sua incarnazione non è risolvere qualche problema o qualche immediato bisogno. Gesù sta mirando alto. Per questo anche la barca che raccoglie tutti i Suoi - immagine evidente della Sua chiesa - deve passare attraverso la tempesta pere giungere all'altra riva. Mentre Lui, comunque, ci sostiene con la preghiera, stando sul monte.

“Avevano il vento contrario”
Il vangelo di Marco fa poi delle annotazioni molto realistiche e precise. Era ormai sera, dunque, e mentre la barca “era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra”, Gesù dalla riva vede quanto i Suoi discepoli fossero ormai “affaticati nel remare, perché avevano il vento contrario”. È il momento cruciale della fatica, del remare contro vento. Quando la stanchezza interiore ti prende, sino allo scoraggiamento, allo sfinimento. Il momento in cui si potrebbe persino avere la percezione che il Signore non c'è davvero e chissà dov'è finito! Del resto, Gesù stesso sperimenterà qualcosa del genere stando in preghiera nell'orto degli Ulivi. SentendoSi profondamente solo e abbandonato! Ed è come se proprio in quell'abbandono che Lui stesso stava provando sulla Sua pelle volesse metterSi ancora più in comunione con la nostra umanità che spesso si trova ad attraversare situazioni simili. Così, proprio quel mare minaccioso, quelle onde così travolgenti possono diventare come il tappeto regale in grado di avvicinarci a Gesù. Certo, il lago in tempesta, l'acqua che ti sommerge, sono il segno anche di una disgrazia incombente e senza rimedio. Ma il vangelo ci attesta che l'esito è un altro e gli occhi della fede sono in grado di intravvedere che il Signore ci viene incontro ancora, dominando una volta le acque dei nostri più reconditi sconvolgimenti! Sopra le tue difficoltà più grandi, il Signore cammina come un dominatore, come il vincitore che salva. Non ci manchi ancora una volta un sussulto di speranza e un atto di amabile confidenza in Lui.

“Coraggio sono io, non abbiate paura”
È Gesù stesso, infatti, che subito pronuncia una parola di consolazione, guardandoci negli occhi e prendendoci per mano: "Coraggio sono io, non abbiate paura!". Proprio questa capacità che Gesù ha di riuscire a infondere coraggio è di una delicatezza estrema. Così come l'angelo dell'Annunciazione aveva dato coraggio a Maria (“non temere”) o come altri angeli ancora avevano sostenuto Giuseppe nel suo costante impegno di custodia del bambino Gesù. E come non ricordare le parole di s. Giovanni Paolo II, appena divenuto vescovo di Roma, quando dirà con forza e sicurezza a tutti i credenti: "Non abbiate paura di aprire le porte a Cristo!". Non avere paura, amico, amica che ti stai inoltrando in una vita talvolta complessa, persino dura: il Signore non è mai altrove, non è distante. Semplicemente ti sta accanto e desidera sempre il tuo bene. Desidera per te ogni bene. E mentre il Suo sguardo ti avvolge, ancora ti ripete: coraggio, sono io, non avere paura!
E il seguito è semplicemente il Vangelo che continua la sua corsa: “E salì sulla barca con loro e il vento cessò (...). Compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennésaret e approdarono. Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse”. E la gente subito Lo riconosce accorrendo da ogni parte. Non è più tempo di sostare, se il Signore ti ha raggiunto con la sua tenerezza, non indugiare a fare anche tu altrettanto con chi nel mondo aspetta.

 

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