TESTO Non al tesoro ma alla saggezza
padre Gian Franco Scarpitta S. Vito Equense
XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (24/07/2005)
Vangelo: Mt 13,44-52
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «44Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
45Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; 46trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
47Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. 48Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. 49Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni 50e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
51Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». 52Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «44Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
45Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; 46trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
Nel leggere la pagina evangelica di oggi occorre a mio avviso che non ci lasciamo trarre in inganno. Se infatti dovessimo attribuire eccessiva importanza alla perla o al tesoro in quanto tali, di cui si parla nel testo con molta eclatanza, allora i contenuti delle due parabole di Gesù non sarebbero tanto differenti dalla famosa commedia di Plauto "Aulularia", nella quale un vecchio padre di famiglia, mentre vivre nella miseria e nell'indigenza a cui costringe anche la propria famiglia, nasconde a tutti di possedere una pentola piena di monete d'oro ed è tutto intento a custodire gelosamente il suo tesoro usando diffidenza verso tutti, nel timore di essere smascherato e derubato.
In questo caso l'interesse del protagonista verte esclusivamente sul prezioso contenuto della pentola, considerato come il bene più prezioso indipendentemente dai rapporti umani e dalle relazioni familiari; cosa che non insegnano invece le due brevissime parabole di Gesù intorno al Regno, nelle quali si evince piuttosto la capacità di valutazione e di ponderatezza di due uomini che, soppesati i pro e i contro, deliberano che sia molto conveniente dar via tutto quello che si possiede in vista del "tesoro" scoperto.
L'esaltazione dei due brevi racconti ha per oggetto infatti lo spirito di intraprendenza e di saggezza da parte dei due uomini che mettono in gioco tutti i propri averi, convinti che il tesoro appena scoperto apporterà un ulteriore arricchimento nella loro vita, una sicurezza maggiore di quanto nono siano in grado di dare le certezze materiali di cui al momento dispongono.
Nel frattempo che essi "vendono ogni cosa"... chissà! Qualcun altro potrebbe anche rinvenire quel tesoro ed impossessarsene; il padrone di quel terreno potrebbe scoprire la ricchezza del suo sottosuolo e decidere di non concludere la vendita, o comunque potrebbero porsi altre condizioni per le quali il tesoro diventa irrecuperabile. E tuttavia essi non meditano su tutte queste possibilità: una volta scoperta e valutata la ricchezza si impegnano con entusiasmo ad abbandonare ogni cosa pur di impossessarsene, e quindi si mostrano decisi e determinati forti della convinzione che nulla ha più valore di quella ricchezza appena trovata.
A conferma di quanto stiamo affermando, ci viene incontro in un certo qual modo la Prima Lettura di oggi, tratta dal Primo Libro dei Re: Salomone non chiede al suo Dio che gli vengano elargite ricchezza e gloria materiali, quanto piuttosto la capacità di raziocinio nella gestione del regno che gli è stato affidato, poiché in quella circostanza la ponderatezza e il criterio con cui prendere determinate decisioni valgono ben più di tutti i possedimenti e le affermazioni materiali. Chi infatti, specialmente in giovane età, nel ruolo di monarca, non si sentirebbe smarrito e sprovveduto di fronte alla responsabilità di tutto un popolo da governare? Chi, in quelle circostanze, non sarebbe avvinto dal timore di commettere errori? E' quindi degno di nota il fatto che il giovane Salomone chieda a Dio null'altro che la rettitudine nel governo, ritenuta indispensabile, anche in considerazione del fatto che il re oltre che monarca è anche sacerdote e profeta, quindi rappresentante del volere di Dio presso i sudditi. Dio approva tale impostazione di pensiero concedendogli non solo la saggezza ma addirittura quello che non aveva osato domandare: la ricchezza materiale.
Tale è la decisione dell'uomo di fronte alla realtà del Regno di Dio: egli è consapevole che, come insegna San Paolo, esso non è questione di cibo o di bevanda, né riguarda alcunché delle certezze e delle prospettive di ordine materiale, ma è una dimensione di pace, giustizia, fratellanza e solidarietà instaurate da Cristo per la sua salvezza. Nelle parole e nelle opere di Cristro si evince che la gloria di Dio e la sua Signoria si eplicano nell'amore e nella giustizia e tale è il Regno di Dio, una dimensione di rinnovamento che si instaura a partire dal cuore dell'uomo e dalla radicale trasformazione della persona, il che suppone la rinuncia alle certezze e agli obiettivi di ordine puramente terreno e materiale nella convinzione che la dinamica del Regno offre più garanzie per se stessi e per gli altri di quanto invece non riescono a dare le caparbietà puramente terrene.
In vista del Regno di Dio, che in Cristo ci è stato comunicato a piene mani, occorre avere la capacità di mettersi in discussione e di operare delle rinunce per una sola, ma determinante, scelta: abbandonare insomma le prerogative e la forma mentis propria dell'umano e lasciare che l'umano stresso venga raggiunto e impregnato dal divino.
In altre parole, occorre operare la CONVERSIONE quale riscoperta convinta di ciò che ci viene dato in dono gratuitamente come unico ed essenziale per la nostra vita e capacità di adottarlo in tutto il nostro quotidiano: leggendo infatti la terza parabola, non potremo non accorgerci che essa allude al Regno di Dio paragonato ad una rete gettata nel mare capace di accogliere molti pesci, ossia ad una realtà che Dio ha collocato nella storia in modo libero, spontaneo e gratuito, senza interessi né compromessi, ai fini di redimere l'uomo e di trarlo alla comunione con sè. Tutti possono entrarvi e tutti possono assimilarla, coltivarla e propagarla; tuttavia non tutti saranno capaci di persistere in essa, giacché, come nel caso del terreno cosparso di zizzania, saranno pescati alla fine anche dei pesci non idonei.