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TESTO Restituire, nella semplicità della vita umana e quotidiana

don Maurizio Prandi

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III Domenica di Avvento (Anno C) - Gaudete (16/12/2018)

Vangelo: Lc 3,10-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 3,10-18

In quel tempo, 10le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». 11Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». 12Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». 13Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». 14Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».

15Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, 16Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 17Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

18Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

(Restituire, nella semplicità della vita umana e quotidiana...)

La terza domenica di Avvento è chiamata la domenica della gioia. Siamo nella gioia perché è più vicina la nascita di Gesù e perché rispetto a quella nascita aumenta la consapevolezza che ci definiamo come persone e come popolo in riferimento a Lui.

Un particolare importante del vangelo è proprio questo: da folla, gli interlocutori di Giovanni diventano un popolo, da massa indefinita, tutta questa gente che si avvicina a lui, comincia ad avere un volto. Popolo è una parola che va per la maggiore oggi; il vangelo sgombera il campo da qualsiasi banalizzazione però, affermando che il volto dell'assemblea che si raduna nel nome di Gesù, il volto del popolo di Dio è la fraternità.

Vanno in quella direzione le risposte che Giovanni il Battista da a chi gli pone delle domande. Avviene qui un passaggio importante, ma grazie non alla consapevolezza di essere qualcuno, grazie non all'impressione di contare rispetto ad altri, grazie non alla generica sensazione di avere finalmente voce in capitolo, ma grazie al risvegliarsi di una coscienza. Le domande che la folla pone a Giovanni Battista mi dicono questo: una coscienza che pian piano comincia a destarsi e si apre ai grandi problemi esistenziali e si chiede:
- Che vita è la mia?
- Dove mi porta?
- Sono in pace con me stesso?
- Sto facendo il possibile perché le mie scelte vadano nella direzione di ciò che Gesù mi propone e che la mia vita assuma, come ci esortava il tema del Convegno Diocesano, la forma buona del vangelo?

Sento così, su di me, la prima parte del vangelo che abbiamo ascoltato, sento che contiene una risposta importante rispetto a quel desiderio di pace e di fraternità che ognuno porta dentro di sé (L. Pozzoli). Dio viene, (Giovanni parla al presente), e non posso non cogliere la sua presenza come una presenza in mezzo, dentro la mia vita, dentro i miei giorni, nella ferialità, nella semplicità della vita umana e quotidiana. Affinché il popolo sia preparato all'incontro con Dio, “ Giovanni non richiede di fare sacrifici e olocausti, di recarsi più volte al tempio per partecipare alle solenni liturgie, di rispettare calendari liturgici o di fare particolari digiuni, ma chiede azioni umanissime” (E. Bianchi).

Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha ovvero condividere ciò che è essenziale: cibo, vestito, casa; che bello questo e che distanza rispetto a ciò che rischio di chiedere io come prete: liturgie, novene (oggi comincia la novena di Natale) e mi dimentico che queste, che sono cose buone e ottime, sono solo strumenti per vivere una più grande carità, per diventare più capace di condividere i beni elementari che sono necessari per vivere. Se la liturgia che celebro come sacerdote è questo, bene! Altrimenti è un far crescere in me la certezza che vivo una tradizione con la t minuscola, pensando di essere al top della fede e invece è un qualcosa che ammorba la vita e spegne la coscienza, che non è la Tradizione, ovvero una consegna all'altro (tradere è il verbo della consegna di Gesù; Gesù è stato tradito nel senso di consegnato) della vita vera di Gesù. Un motivo di gioia qui è l'invito che una famiglia (papà, mamma, tre bimbi piccoli) mi ha fatto il giorno dell'Immacolata: vieni a pranzo da noi il giorno di Santo Stefano? Però non venire a mani vuote! Certo! Cosa porto? Porta due poveri Mauri, due persone che non hanno la possibilità di vivere in compagnia con qualcuno le feste. Sono contento quando qualcuno mi insegni, mi aiuti a capire che il vangelo mi chiede semplicemente di condividere ciò che ho in casa, ciò che è mio, con chi è nel bisogno.

Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato: è la risposta che Giovanni dà a chi è tentato di tenere per sè, con poco sforzo, ciò che è destinato ad altro e ad altri. Maneggiano molti soldi queste persone che si avvicinano al battista e Giovanni non chiede loro di cambiare mestiere, chiede loro di essere semplicemente giusti. La giustizia: ieri siamo stati con i cresimandi al Sermig di Torino ed è stato bello perché abbiamo imparato che quando si ha molto, come nel nostro caso, è giusto restituire; dare a chi non ha non è essere generosi, è semplicemente restituire! Questa giornata passata a Torino insieme ad alcuni educatori e una ventina di adolescenti ieri, o Mamoudou, che ha fatto un pezzo di strada con noi: accolto in parrocchia alla Costa dopo che suo papà è stato ucciso in Gambia e dopo un viaggio interminabile con una sosta obbligata in un campo di concentramento in Libia, ha terminato i suoi studi e ha trovato un posto di lavoro cominciando così una vita degna di questo nome. Imparare a restituire, ecco un altro motivo di gioia per me in questa domenica.

Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, accontentatevi delle vostre paghe. Ai militari, (scrive E. Bianchi), Giovanni non chiede di disertare, perché il loro è un compito fondamentale, necessario: garantire la libertà, la convivenza sociale. Ai militari chiede di rinunciare alla violenza, perché per chi possiede armi è facile scadere in atteggiamenti violenti: è facile essere forti schiacciando i deboli.

Tutto questo genera attesa nel popolo; la immagino racchiusa in una nuova domanda per me: come posso mettere in pratica quello che Giovanni mi chiede? Dove posso trovare la forza necessaria?
La parola di Dio mi dice che devo avere fiducia nel mio battesimo, in questa immersione nell'amore di Dio, e per vivere questa immersione posso ascoltare vangelo, una parola che mi racconta il Suo volto. Tutto questo è apertura, respiro, mi aiuta a vivere la raccomandazione che la seconda lettura di oggi ci dice: non fare della tua vita un luogo angusto, chiuso: lascia che sia la pace di Dio a custodirla.

 

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