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TESTO La venuta del Signore

don Walter Magni   Chiesa di Milano

1a domenica Tempo di Avvento (anno C) (18/11/2018)

Vangelo: Lc 21,5-28 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 21,5-28

5Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, disse: 6«Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».

7Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». 8Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! 9Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».

10Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, 11e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.

12Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. 13Avrete allora occasione di dare testimonianza. 14Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. 16Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; 17sarete odiati da tutti a causa del mio nome. 18Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 19Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.

20Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. 21Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; 22quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. 23In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. 24Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti.

25Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, 26mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. 27Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. 28Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».

Ascoltando il Vangelo, la buona notizia della prima domenica di Avvento è possibile lasciarsi prendere da un senso di paura. Prendere coscienza del fatto che Gesù qui Si sta esprimendo usando un particolare genere letterario, che gli esperti chiamano apocalittico, contestualizza la questione, ma non ci toglie la convinzione che comunque le immagini usate sono molto forti e ci scuotono inevitabilmente.

Una rilettura evangelica
A partire dalla prima immagine usata da Gesù. Infatti, “mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, il Signore Gesù disse: ‘Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta'”. Tu parli della bellezza e della maestosità del tempio e Gesù risponde prevedendone il crollo e la distruzione. Ti eri abituato ad avere di Gesù una immagine mite e consolante, carica di attenzione e di amore e invece proprio Lui ti scoraggia e sembra addirittura voler stroncare quella stessa speranza che immaginavi fosse il cuore stesso dell'Evangelo, della buona notizia di Gesù. Qui effettivamente va compreso l'artificio letterario e soprattutto il contesto storico al quale alludono le immagini di persecuzione e di morte di questo passaggio del Vangelo di Luca. L'evangelista, infatti, scrive questa pagina molti anni dopo la morte e la resurrezione di Gesù. Soprattutto dopo che era avvenuta nel 70 dopo Cristo la presa di Gerusalemme da parte dei Romani, con la distruzione del grande Tempio di Erode. Aveva dunque ben presente tante scene sconvolgenti che attestavano la fine di un mondo, di una cultura, di una fede religiosa che doveva essere incrollabile nei suoi luoghi e nei suoi simboli. E forse proprio quell'iniziale comunità dei primi discepoli del Signore poteva essere addirittura incolpata d'essere stata una delle cause scatenanti di quella fine ingloriosa. Non restava che perseguitarla, cacciarla e annientarla, se mai era possibile. Tanto era il male che aveva procurato all'intero popolo di Israele.

“Risollevatevi e alzate il capo”
Dunque, davanti a questo dato storico complesso, l'evangelista Luca fa uno sforzo di rilettura in senso cristiano. Come? Immaginando come Gesù Si sarebbe espresso a questo riguardo, Lui che per primo aveva subito accuse, opposizione e persecuzione, sino alla morte e alla morte di croce. Per questo ci è chiesto di ritrovare, pur dentro la drammaticità e la problematicità di certe immagini di morte che quasi ci tolgono il fiato, parole e inviti alla speranza. Quasi un inno alla vita. Perché “io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere”; anzi “nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita (...). Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”. Questo è il punto evangelico determinante: imparare a rileggere dentro le nostre fatiche, dentro quelle che immediatamente chiameremmo disavventure senza rimedio, sprazzi di luce, semi di speranza, percorsi di vita possibili, praticabili. Anzi, potremmo parlare dell'esigenza di acquisire una sorta di metodo, di procedura. È sempre più urgente, anche oggi, saper stare con gli occhi ben aperti. Senza cedere al sonno, all'acquiescienza, al menefreghismo o all'indifferenza. Per essere ancora più diretti e precisi: è tempo di creatività. Di fantasia, di più grande immaginazione nell'esercizio della fede. Gesù ci ripeterebbe ancora oggi e non finirà di ripeterlo, nel susseguirsi delle diverse fasi della storia: “risollevatevi e alzate il capo”.

Perseveranza
C'è una esortazione di Gesù che colpisce: “Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”. In che cosa siamo chiamati a perseverare per aderire alla speranza secondo il Vangelo? Gesù non ci sta chiedendo di persistere con rigidezza anzitutto nelle nostre convinzioni religiose o morali. C'è chi ha notato, a proposito del servo che nella parabola dei talenti sotterra il suo talento per conservarlo intatto, che la tentazione del conservatorismo è molto forte “soprattutto in tempi di crisi religiosa. È facile allora invocare la necessità di controllare l'ortodossia, rafforzare la disciplina e la normativa, assicurare l'appartenenza alla Chiesa” (J. Antonio Pagola, biblista). Piuttosto, ripercorrendo il Vangelo e soprattutto il Vangelo di Giovanni, la perseveranza evangelica va colta soprattutto nei confronti della relazione con Gesù. Come perseveranza a restare con Lui, in Lui, in rapporto a Lui. In modo particolare nel momento della prova e della Sua agonia, poco prima della morte in croce. Come afferma la Lettera agli Ebrei: “anche noi dunque, poiché siamo circondati da una così grande schiera di testimoni, deponiamo ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge e corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù, Colui che crea la fede e la rende perfetta” (12,1-2). Non, dunque, perseverare conservando, ma cercare di ricreare nuove condizioni, soprattutto ecclesiali, purché lo sguardo su di Lui possa continuare a ritornare. Ci dia forza e passione, nella perseveranza, la Sua stessa morte. Nell'attesa della Sua venuta nella gloria.

 

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