TESTO Commento su Dn 7,13-14; Sal 92; Ap 1,5-8; Gv 18,33-37
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XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) - Cristo Re (25/11/2018)
Vangelo: Dn 7,13-14; Sal 92; Ap 1,5-8; Gv 18,33-37
33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
L'ultima domenica dell'anno liturgico proclama Gesù re dell'universo.
La festa di Cristo Re fu istituita, nel 1925, dal Papa Pio XI e suscitò molte obiezioni in quanto ci si chiese: è questo il momento di dare a Cristo il titolo i re nel momento in cui le vecchie monarchie scompaiono o tendono a scomparire ( la famiglia dello zar di Russia era già stata fucilata nel 1918 nei pressi di Ekaterinburg ), mentre erano sorti i primi regimi dittatoriali (comunismo, fascismo e nazismo). Anche il regno di Dio fu inaugurato con la condanna a morte del suo re da parte di Ponzio Pilato, procuratore romano.
“Gesù il Nazareno, il Re dei Giudei (INRI)” così formulava il cartiglio fato porre dal governatore romano sulla croce posta nella sommità del Calvario. Annesso si esprima la conclusione a cui Pilato era giunto al termine del processo, dopo averlo interrogato, spinto dalla curiosità e da timore di essere considerato nemico di Cesare, piuttosto che fare giustizia.
per timore di essere accusato dal sinedrio di essere nemico dell'imperatore, Pilato fa in modo che Gesù confessi di essere re. Ma prima che questa confessione avvenga il Nazareno pone al procuratore romano una domanda preliminare: “Dici questo da te?” poi prosegue precisando il luogo e la natura di questo regno: “ il mio regno non è di questo mondo”, e aggiunge di essere inviato in questo mondo per “rendere testimonianza alla verità”. Non una verità astratta al servizio delle nostre ideologie o ambizioni, ma per testimoniare la fedeltà di Dio agli uomini ribelli e che rifiutano, con le opere, la salvezza portata dal Figlio.
Oggi giorno, nonostante il Concilio vaticano II e i Papi del scorso secolo, è più facile che in passato, da parte dei politici, ridurre il vangelo a proprio piacimento. Ma è chiaro anche che solo se viviamo del Sole di Giustizia e della sua verità parteciperemmo alla speranza di questo regno in cui Dio sarà tutto in tutti.Ciò sicuramente avverrà a testimonianza della verità che Cristo è re, per questo è nato ed è andato, spontaneamente, incontro alla morte di croce.
La prima lettura che la liturgia odierna offre alla nostra contemplazione è tratta da Dn 7. La visione del profeta Daniele ci apre alla comprensione della misteriosa figura del Figlio dell'uomo, a cui appartiene ogni potere sempre e ovunque esso risieda.
Figlio dell'uomo è un termine che ha più di un significato: è il popolo di Israele, ma anche una persona che è al di sopra della condizione umana. Eda proprio in questo senso che Gesù applica a se stesso questo nome, usato dal profeta per colui che viene in soccorso del popolo umiliato, e a cui il vegliardo ha conferito un potere e un regno che non sarà mai, a detta del Padre, distrutto.
Il Salmista invoca la venuta del regno di luce del Signore. Dio, re del cosmo, è riconosciuto tale da tutto il creato, non solo come suo creatore, ma anche come re della storia. Il signore e anche il re escatologico allorché saranno vinte per sempre le forze del male “per la durata dei giorni”.
Le immagini che il Salmista richiama provengono dal rituale d'incoronazione regale, a cominciare dalle vesti di maestà, dal trono e così via. Già al v 2a viene chiarita la differenza tra il re d'Israele il Re: “Stabile è il tuo trono da sempre, dall'eternità tu sei”. Il salmo termina con una proclamazione sulla durata di questo regno al v 5c: “ per la durata dei giorni Signore”.
La seconda lettura è tratta dall'Apocalisse, in essa l'apostolo che Gesù amava ci parla del primogenito dell'umanità. Nell'Apocalisse l'apostolo Giovanni rivela ai cristiani suo discepoli, perseguitati ed oppressi, quale è i senso drammatico della loro esistenza terrena. Egli ricorda loro che Gesù di Nazaret, il primogenito del Padre, quale rappresentante del genere umano, ha già attraversato tutte le prove che, per loro, ora sono attuali. Egli, il primogenito risorto dai morti, ora glorioso alla destra del Padre, indica, a chi crede in lui, quale è il vero destino che li attende, che ci attende: diventare sacerdote del mondo come lui e familiari di Dio l'Onnipotente.
Il vangelo secondo Giovanni ci fa conoscere come è stato inaugurato il regno di cui Cristo è il Re. Gli esegeti del vangelo di Giovanni fanno notare che, nel racconto della passione, la parola re e regno, in questi 4 vv. compare ben sei volte. Se c'è qualcosa di strano in questo brano è che si parli di regalità nel momento in cui si denuncia un fallimento: Gesù sta per essere giustiziato, non incoronato! Ma per l'evangelista l'avvenimento non è un fallimento, per lui è salvezza di vita, perché la morte (il fallimento) è reso vano dalla resurrezione, ossia dal ritorno definitivo alla vita.
Pilato, funzionario dell'impero romano al tempo di Tiberio, sentirsi dire che il regno di Gesù “non è di questo mondo...il mio regno non è di quaggiù”, lo spiazza soprattutto quando gli viene soggiunto “ se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei”. pertanto pur dichiarandosi re soggiunge che il suo regno non è fondato sulla forza delle armi, sul numero delle sue legioni. In ultima analisi Gesù, difronte al Procuratore romano si dichiara re della verità e con questo, l'evangelista, ribalta, ancora una volta la condizione dei personaggi: sotto accusa è Pilato e chiunque non crede o non crederà che egli è re perché Figlio di Dio.
La festa di Cristo RE non è rivendicazione, da parte della Chiesa, non c'è nessuna volontà di dominio, ma dice ad ogni credente in lui che la vita eterna si conquista accettando di passare dalla vita alla morte e da essa resuscitare alla vita eterna.
Revisione di vita
- Ogni volta che recitiamo il Padre Nostro, invochiamo la venuta del Regno di Dio. Ma personalmente, in famiglia o in coppia, nelle nostre scelte quotidiane ci comportiamo in maniera che venga il suo regno?
- Crediamo veramente di essere re e sacerdoti che non giudicano gli altri con arroganza e presunzione?
- Abbiamo mai pensato che Dio Padre ci concesso una immensa libertà che neppure lui si permette di violare?
Marinella e Efisio Murgia di Cagliari