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TESTO La luce negli occhi

don Angelo Casati   Sulla soglia

VI domenica dopo il martirio di S. Giovanni il Precursore (Anno B) (07/10/2018)

Vangelo: Mt 20,1-16 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 20,1-16

1Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. 2Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. 3Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, 4e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. 5Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. 6Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. 7Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.

8Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. 9Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. 10Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. 11Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone 12dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. 13Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? 14Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: 15non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. 16Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

Leggiamo. Sorprendente la parabola. Penso che sbaglieremmo se la leggessimo con criteri puramente economici o sindacali. Erano un po' i criteri che erano rimasti ancora impigliati nella mente dei discepoli. Pensate, nonostante tanto cammino fatto con Gesù, siamo ormai alla fine del viaggio. Badate bene questa è una parabola in risposta. Ecco come si presenta nel testo greco, con una piccola ma significativa aggiunta che ti spinge ad andare a ritroso; è scritto: "II regno dei cieli infatti è simile a un padrone di casa".

"Infatti", dunque la parabola conclude un discorso. Che cosa era successo prima? Gesù stava mettendo in guardia i discepoli dalla nostra ossessione per la ricchezza, quando Pietro sembrò aprire, diremmo, una vertenza sindacale: "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?". Le sue parole - mi sono detto - assomigliano molto alle parole degli operai della prima ora, che fanno tutte le loro rimostranze con il padrone della vigna perché a loro proprio non va giù che gli ultimi abbiano lavorato un'ora soltanto e ricevano la stessa paga di loro che hanno sopportato il peso della giornata e il caldo.

Come se gli dicessero: "Tu non sei giusto. Tu non fai e cose giuste". Le parole - voi mi capite - toccano Dio. Non giusto. Quando nel rotolo di Isaia proprio oggi abbiamo trovato scritto: "Fuori di me non c'è altro Dio; / un Dio giusto e salvatore / non c'è all'infuori di me... / Lo giuro su me stesso, / dalla mia bocca esce la giustizia". C'è da capire. C'è da capire anche perché agli operai della prima ora, che vantano meriti per la loro prestazione, sembra oggi rispondere la lettera agli Efesini che afferma: "Per grazia siete salvati". Per grazia! E lo ripete con forza: "Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene.

Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo". C'è una giustizia umana che deve fare il suo corso. E guai se non lo facesse. Ne approfitterebbero quelli che hanno mezzi e potere. Ma c'è poi un giustizia, forse più difficile da interpretare che è quella del padrone delle vigna. E a colpirmi le sue ultime parole di riposta al lamento di quelli della prima ora, perché, dopo aver rivendicato la sua libertà, pone la domanda: "Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?".

Il testo greco è più concreto, parla di occhi: "Oppure il tuo occhio è cattivo perché io sono buono". Occhio cattivo, occhio malato? E il mio occhio? Il mio com'è? Occhi. E' come se, a proposito di vigna e di operai della vigna, fossero messi a confronto gli occhi. Gli occhi di Dio e i nostri, lo sguardo di Dio e il nostro sguardo. Gli occhi di Dio a me sembra di coglierli in quell'uscire del padrone di casa di buon mattino, all'alba. E' come se leggessimo nei suoi occhi tutta la sua passione per la vigna. Forse anche a voi è capitato in questi ultimi mesi di vedere in qualche servizio televisivo dei viticoltori e sentirli parlare della loro vigna, delle loro viti. Parole abitate da passione.

La vigna è una cosa meravigliosa, ma anche sempre in pericolo di grandine e di quant'altro. La vigna è la chiesa, allargando potremmo dire che vigna è il mondo. La storia dell'umanità. Ma non in astratto, quel pezzo di storia che è oggi. E uscire di buon mattino, uscire al risveglio, e uscire con gli occhi di Dio che guarda la vigna, la guarda così come è, con passione, e chiama a collaborazioni. Tu, io, noi siamo vigna amata, ma siamo anche collaboratori. Sì c'è una fatica, c'è il peso della giornata e del caldo. I nostri occhi vedono anche questo. Lo vede anche Dio, che vuole anche premiare peso e fatica. Non so se sbaglio, mi sembra però di capire che negli occhi degli operai della prima ora, della vigna fosse rimasto solo il peso della giornata e il caldo e non la gioia per quei tralci, per quelle terre, per quelle uve.

Tutto è prestazione, prestazione che va pagata. Non la gioia di aver collaborato a far crescere in bellezza questo pezzo di terra. Come sono diversi gli occhi di Dio! O forse il tuo occhio è cattivo? Cattivo nei confronti dell'altro. E Dio non sopporta occhi cattivi nei confronti dell'altro. E' cattivo lo sguardo se l'altro è uno con cui stare in perenne competizione, se l'altro lo misuri unicamente per le ore che ha fatto e non forse per quello di cui lui e la sua casa hanno bisogno quella sera. Dio sa ciò di cui abbiamo bisogno: sapeva che anche gli ultimi per campare avevano bisogno di un denaro.

E questo non era benedizione dei fannulloni: il lavoro ce lo avevano messo; quando erano stati chiamati nella vigna ci erano andati. E che ne sappiamo noi delle ore in cui Dio chiama? E poi non ci sono diritti per anzianità. Ritorno all'occhio cattivo. Un giorno Gesù aveva usato una immagine bellissima. Una immagine su cui ogni di tanto in tanto io ritorno: "La lampada del corpo" diceva "è l'occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!" (Mt 6, 22-23).

Voi mi capite, avere la luce dentro gli occhi. E non la cattiveria. E guardare con occhi luminosi. E' come se mi avesse ricordato le parole di Gesù un'amica, che, proprio ieri, parlandomi, in un messaggio, del suo ambiente di lavoro, mi scriveva: "Questo pensiero mi fa vivere con intensità e attenzione ogni incontro, anche quello apparentemente più superficiale... Infatti, pur nella fretta del lavoro da fare, posso sempre guardare negli occhi la persona che incrocio e scorgere una Luce e scopro che l'altro, senza dirmelo, scorge pure lui una Luce nei miei occhi". Le parole di Gesù sugli occhi!

Ultimo accenno, brevissimo, lo lascio a voi: penso alla festa nella vigna. Penso alla festa nel cielo, un solo denaro. Faccio fatica a pensare che ci siano precedenze e che uno guardi un altro dal suo scranno più alto. E' una vigna in festa. Aria di festa perché non c'è nessuno fuori. Mi chiedo: avere un occhio buono non significa forse anche che non mi importa stare appena dentro la soglia... ma gli occhi che brillano, perché a fare festa ci sono tutti? .

 

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