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TESTO Mostraci, Signore, la tua misericordia

don Walter Magni   Chiesa di Milano

VI domenica dopo il martirio di S. Giovanni il Precursore (Anno B) (07/10/2018)

Vangelo: Mt 20,1-16 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. 2Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. 3Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, 4e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. 5Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. 6Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. 7Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.

8Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. 9Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. 10Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. 11Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone 12dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. 13Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? 14Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: 15non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. 16Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

Con la parabola degli operai chiamati ripetutamente a lavorare nella vigna, mentre Gesù narra di un padrone che ha soprattutto i tratti di un padre che rivendica una relazione singolare con i suoi figli, ci svela così un volto nuovo e mai scontato di Dio. Come anche dice il salmo: “Di te ha detto il mio cuore: ‘Cercate il suo volto'; il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto” (26,8-9).

Dio predilige la vigna
Gesù sembra avere una certa predilezione per l'immagine della vigna. Forse perché fra i campi di lavoro, una vigna richiede una sorta di predilezione e cura particolare per la lavorazione da parte di un contadino. Una intensità di lavoro e una delicatezza di operazioni per ottenere un buon prodotto che richiedono un impegno sempre maggiore che pare non debba esaurirsi mai. Il padrone della parabola uscirà dalla sua vigna per ben cinque volte alla ricerca di operai: all'alba, alle nove, a mezzogiorno, alle tre e ancora, quasi al tramonto, alle cinque del pomeriggio. Non è certo un padrone che spadroneggia, ma animato piuttosto da una tenerezza infinita. Sicuramente Gesù ricordava un famoso passo di Isaia che sottintendeva un esito negativo a tutte le cure del suo padrone: “Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle. Egli l'aveva vangata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato scelte viti; vi aveva costruito in mezzo una torre e scavato anche un tino. Egli aspettò che producesse uva, ma essa fece uva selvatica” (Is 5,1-2). Eppure. il padrone descritto da Gesù non si dà per vinto. C'è in lui un'insistenza, una caparbietà, persino un'ansia nel desiderare che l'esito del prodotto della sua vigna sia portato a compimento che ci spiazzano. Disponibile a tutto, senza troppo calcolare delle sue disponibilità, pur di vedere che il delicato prodotto della sua vigna si salvi dal rischio di qualche tempesta incombente di fine estate. È un padrone presente, che ha tutto sotto controllo. Tiene in mano la situazione e nulla gli sfugge.

Semplicemente buono
Potremmo anche dire che abbiamo a che fare con l'immagine di un padrone semplicemente buono. Buono per le sue cose, per le sue terre. Attento e accorto a non perdere nulla. Ma proprio per questo buono anche con gli operai che sono invitati a lavorare nella sua vigna. Colpisce, infatti, che nel suo insistente chiamare non faccia alcuna distinzione nei confronti degli operai. A loro non chiede di esibire particolari capacità professionali. E neppure domanda della loro provenienza. A lui importa il fatto che abbiano anzitutto voglia di lavorare. Di collaborare anche un'ora soltanto nella sua vigna. Proprio come Gesù che ancora ci invita a pregare dicendo: “Padre nostro che sei nei cieli”. Abituandoci a rompere ogni schema di appartenenza etnica o religiosa. Facendoci intuire che il cielo di Dio, il cielo che è Dio, ci raccoglie tutti, radunandoci nell'abbraccio di un'unica paternità. Obbligandoci a definire continuamente relazioni di figliolanza e di fraternità. Così, quasi al termine del racconto, la nostra mentalità calcolatrice e retributiva, rimane tutta confusa e sconcertata. Perché mai questo padrone paga tutti allo stesso modo, senza distinguere tra chi ha lavorato per l'intera giornata e chi invece ha faticato un'ora soltanto? Gesù non è affatto preoccupato di attenersi a nostri regolamenti sindacali o a qualche norma che regola quanto va messo in una busta paga. Ci sta semplicemente descrivendo il cuore grande e buono di Dio. Perché, mentre l'uomo pensa secondo la logica della misura, il nostro Dio agisce sempre secondo quella dell'eccedenza, e della grazia.

Arrendersi a questo Dio
E un Dio così, se ci mettiamo dalla parte di Gesù, semplicemente commuove. Proprio qui, infatti, sta la divaricazione. O lasciarsi prendere dall'invidia, dalla mormorazione e dal calcolo che ci fa discutere e ci intristisce o arrendersi al cuore di Dio, che soprassa ogni nostro pensiero e ogni immaginazione umana. Come direbbe ancora Isaia: “i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie” (55,8). Perché il nostro Dio ci raggiunge anche se ci dovessimo trovare alle soglie degli inferi (sl 139). E se intravede un barlume di luce, anche solo un piccolo atto di buona volontà da parte nostra, subito si entusiasma e ci riprende per mano. Conta arrenderci al fatto che la nostra giustizia trova il suo coronamento nell'amore. Più che dare spazio alla ricerca delle nostre ragioni guardando all'agire di Dio, importa arrenderci all'amore Suo. Lasciandoci avvolgere ancora dallo stupore. Allora anche i nostri ragionamenti ritrovano forma e consistenza. “Se in un'epoca come questa non si crolla per la tristezza, o non ci si indurisce e si diviene cinici, o non si tende alla rassegnazione - e tutto questo per proteggere se stessi - allora si diventa sempre più teneri e dolci, e sciolti, comprensivi e affettuosi” (Etty Hillesum a Julius Spier, luglio 1942).
O Padre, giusto e grande, nel dare all'ultimo operaio come al primo, le tue vie distano dalle nostre vie, quanto il cielo dalla terra; apri il nostro cuore all'intelligenza delle parole del tuo Figlio, perché comprendiamo l'impagabile onore di lavorare nella tua vigna fin dal mattino.

 

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