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TESTO L'amico dei peccatori si chiama Gesu'

Totustuus  

X Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (05/06/2005)

Vangelo: Mt 9,9-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 9mentre andava via, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.

10Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. 11Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». 12Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. 13Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

La tentazione di ritenerci buoni e, di conseguenza, di non sentire la necessità di essere salvati ci insidia costantemente. È questa una situazione tragica (drammatica) poiché disturba l´agire di Dio nella nostra anima (coscienza). Convertirsi significa anzitutto, riconoscersi peccatori, ma questo spaventa il nostro orgoglio ferito. Cristo ci viene incontro rivolgendoci un invito come successe a Matteo (Vangelo): Egli desidera sedersi alla tavola dei "pubblicani". Non si gradisce che gli offriamo "olocausti", ma desidera che conosciamo Dio e la sua misericordia (prima lettura). Il cammino che ci conduce come peccatori fino all´incontro con l´amore di Dio potrà forse sembrarci una "missine impossibile". In questi casi dovremmo agire come Abramo che credette contro ogni speranza (seconda lettura), sapendo che Cristo è morto per liberarci dal peccato ed è risorto per la nostra giustificazione.

Messaggio dottrinale

1. Il peccato: presenza del male nel mondo.

Chi genera il peccato? È, forse, un incidente, un equivoco, un semplice fallimento dei nostri piani umani? L´uomo è realmente tanto perverso che si ritiene capace di distruggere l´opera di Dio? O, piuttosto, è il demonio che ci manipola come marionette per farci cadere nella tentazione e giustificare così il suo tradimento nei confronti di Dio creatore? Esiste il peccato o è un´invenzione dei preti? E se esiste, da dove viene? La risposta corretta a queste domande dovrebbe risolverci molti problemi di coscienza. La nostra esperienza ci rivela qualcosa di incontestabile: il peccato è la gran menzogna che diciamo a Dio e alla nostra stessa coscienza. Peccare è affermare che il male è bene; e che il bene è male. Il peccato è un´offesa cosciente e volontaria a Dio; è un "mistero di iniquità" che portiamo nella nostra natura caduta. Vogliamo fare il bene ma facciamo comunque il male, come sperimentava san Paolo. Potremo forse dire che la parola che meglio descrive questa situazione è "confusione". Confusione di cose e valori; una confusione tanto grande nella quale Dio scompare in mezzo a tanto idoli e distrazioni; una confusione anormale dove io stesso mi considero Dio; una confusione di relazioni interpersonali nella quale gli uomini non riescono più a riconoscersi tra loro. È il disordine radicale che cerca di cancellare l´agire e la presenza di Dio. La storia dell´umanità da Caino fino ai nostri giorni è stata un continuo fluire di fiumi di sangue e di lacrime. Molti pensatori si sono domandati se esiste il peccato; e la risposta che hanno individuato non è altro che la moltitudine di affamati, mutilati, abbandonati, sfruttati, ingannati, torturati, calunniati, assassinati. O, ancora, ingiustizie, impurità, bugie, odi, rancori, invidie ed egoismi presenti in tutte le strutture sociali ma che germogliano della volontà dell´uomo. Il peccato non può venire da Dio che è la perfezione assoluta. Il maligno, il ribelle, il nemico di Dio diventa presente in mille forme differenti, nella misura in cui l´uomo si dimentica di Dio e si allontana da Lui.


2. Cristo distrugge le catene della nostra schiavitù

"Se l´uomo guarda dentro al suo cuore, si scopre inclinato anche al male e immerso in tante miserie, che non possono certo derivare dal Creatore, che è buono. Spesso, rifiutando di riconoscere Dio quale suo principio, l´uomo ha infranto il debito ordine in rapporto al suo fine ultimo, e al tempo stesso tutta l´armonia, sia in rapporto a se stesso, sia in rapporto agli altri uomini e a tutta la creazione. Così l´uomo si trova diviso in se stesso. Per questo tutta la vita umana, sia individuale che collettiva, presenta i caratteri di una lotta drammatica tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre. Anzi l´uomo si trova incapace di superare efficacemente da sé medesimo gli assalti del male, così che ognuno si sente come incatenato. Ma il Signore stesso è venuto a liberare l´uomo e a dargli forza, rinnovandolo nell´intimo e scacciando fuori ´il principe di questo mondo´ (Gv12,31), che lo teneva schiavo del peccato" (Gaudium et spes, 13).

Ci sono momenti nella nostra vita in cui ci sentiamo incatenati da forze che non ci lasciano essere noi stessi. È la realtà del peccato, alla quale, talvolta diamo altri nomi come traumi, complessi, depressioni, genio, fobie, pressione sociale o paura. In modo del tutto speciale siamo imprigionati dalle catene del pessimismo e della paura. Paura dell´opinione altrui su di noi, di distinguerci, di confessare apertamente la nostra fede, del fallimento, dell´andare controcorrente. Quanto fa soffrire la timidezza ai timidi! Queste catene ci impediscono di essere liberi. Ci paralizzano nel momento di agire o prendere decisioni importanti. L´atteggiamento fatalista che dice "questo non ha rimedio" è radicalmente anticristiana. L´atteggiamento di comodità che dice "lasciami in pace, io sono così, non esigere da me più di quello che posso" è solo una scusa per giustificare la mia mancanza di impegno. Gesù è presentato, nei vangeli, come l´uomo forte che rompe le mie catene. (Mt 12,29) Egli disarma il guardiano del castello dove stanno i prigionieri, si impadronisce del castello e libera i prigionieri. Cristo non si stanca di ripetere con enfasi: "Non temete: io ho vinto al mondo"; "Perché temete, uomini di poca fede?" (Mc 4,40). Dopo la crocifissione, gli apostoli si rinchiusero nel cenacolo per paura degli ebrei, ma dopo la Risurrezione uscirono a predicare ed testimoniare la loro fede con incredibile coraggio (At 5,29). Furono capaci addirittura di rallegrarsi quando furono condotti in tribunale e di poter soffrire per Cristo. (At 5,41)

3. "Non sono venuto per curare ai sani, ma i malati"

Nella nostra esperienza umana di peccato sentiamo simultaneamente la necessità di essere perdonato e l´insistenza di Dio affinché io mi senta amato. È il punto debole del cuore di Cristo: la sua misericordia e l´amore verso i peccatori. Il papa Giovanni Paolo II stabilì una festività speciale per celebrare la "Divina misericordia" la domenica seguente alla Pasqua e scrisse un lettera enciclica — Dives in misericordia — per ricordare a tutti i credenti che Dio continua a perdonarci sempre. Le rivelazioni del Sacro Cuore a Santa Faustina Kowalska in Polonia, che sono all´origine di questa festa liturgica, sottolineano la delicatezza dell´amore di Dio: "Io sono la tua forza. Non avere paura della mia misericordia. La mia misericordia è più grande delle tue miserie e quelle del mondo intero. Chi ha potuto misurare la mia bontà? Per te scesi dal cielo e mi lasciai inchiodare nella croce. Per te permisi che una lancia aprisse il mio sacro cuore e nascesse una sorgente di misericordia". Cristo ci invita ancora a fidarci della generosità del suo perdono: "Venite tutti voi che siete affaticati ed oppressi ed io vi ristorerò"; "Imparate di me che sono mite ed umile di cuore". Devono essere motivo di grande incoraggiamento per noi gli incontri di Gesù con Zaccheo, con Maria Maddalena, con il lebbroso, con il cieco nato, Pietro, perfino Giuda il traditore che si sente chiamare da Gesù "amico!". E le parabole della misericordia del vangelo di Luca, quali "il figlio prodigo", "la pecora smarrita", "la dracma perduta", sono in realtà la nostra stessa storia. Il grande filosofo Kierkegard scrisse: "Se devi leggere la Parola di Dio, è per guardarti nello specchio e dirti continuamente durante la lettura: Io sono colui al quale si sta rivolgendo, io sono colui di cui si parla". Per questo motivo dobbiamo dirci: "Io sono il figlio prodigo e Cristo è il padre che mi aspetta con le braccia aperte"; "Io sono la pecora smarrita e Cristo è il Buon Pastore". E dire a Cristo: mi fido di te.

Parola per la vita

Che importanza do alla realtà del peccato? Lotto contro le tentazioni con la fiducia di poterli vincere con l´aiuto di Dio? Se qualche volta ho la disgrazia di cadere, mi valgo quanto prima del sacramento della penitenza, sapendo che Cristo mi aspetta con le braccia aperte per perdonarmi? Conosco bene le mie debolezze e chiedo a Dio con fiducia affinché mi dia la grazia della forza cristiana?

 

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