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TESTO Parla veramente solo chi ascolta

don Giacomo Falco Brini   Predicatelo sui tetti - blog personale

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (09/09/2018)

Vangelo: Mc 7,31-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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31Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». 35E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Tutti i miracoli di Gesù sono “segni” di una novità che si è già riversata nelle nostre vite (non solo sulla quella dei beneficiati di cui ci parla il racconto). Anche la guarigione del sordomuto nel vangelo di oggi ci fa dunque chiedere: “cosa vuoi rivelarci Signore Gesù con questo miracolo? Questa guarigione è segno di un dono che ci hai portato: ma quale? Porsi queste domande è già tanto. Spesso m'imbatto con fratelli che davanti alle guarigioni di Gesù si chiedono: “ma perché a quello sì e a un altro no?” Oppure: “Perché Dio non guarisce tutti? Perché non mi ha ascoltato e non ha guarito quel mio amico? Quanto sono stati più fortunati di noi gli uomini che hanno vissuto al tempo di Gesù!...” E così via. Forse siamo ancora molto attaccati alla nostra vita biologica. Forse non ci accorgiamo che stiamo mettendo da parte la vita interiore. Una vita che si dovrebbe curare molto di più di quella biologica, perché è quella in cui si decide il nostro futuro. Una volta questa vita la si chiamava “la nostra anima”. Perciò il vangelo di domenica scorsa ci ammoniva sul rischio di imbrogliarsi religiosamente, occupandosi più dell'esterno della vita che del proprio cuore.

Tiro, Sidone, Decapoli. Coordinate geografiche da sottolineare. Siamo in pieno territorio pagano (Mc 7,31). E' come se il vangelo di oggi iniziasse dicendoci: “guarda che se vuoi incontrare Dio bisogna che tu non ti senta vicino a Lui come quei farisei, quegli scribi e dottori della Legge che continuamente volevano discutere con Gesù”. Essi infatti insegnavano che Dio si incontra arrivando all'apice della perfezione (legale/rituale!...). Il vangelo invece insegna che Dio lo incontra chi lo accoglie nei luoghi della propria incredulità, della propria infedeltà, dei propri peccati. Perché Lui è venuto a salvarci, non a dichiarare promozioni e bocciature: non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma gli ammalati. Non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori (Mc 2,17). Il testo dice che alcuni condussero a Gesù un sordomuto, ma non si dice chi sono costoro né chi è costui (Mc 7,32). Evidente espediente affinché possiamo riconoscerci ora negli uni ora nell'altro. Il Signore lo prende per mano e lo porta in disparte: cosicché scopriamo che attorno c'è una folla. Le sue dita negli orecchi, la sua saliva sulla lingua, sguardo e gemito diretto al cielo, un solo comando: “apriti!” (Mc 7,33-34). L'uomo viene restituito alla sua dignità, a ciò che lo distingue dagli animali: la capacità di ascoltare e di parlare.

Uno degli antichi rabbi di Israele disse che non a caso Dio ci ha dato un paio di orecchi per ascoltare ma una sola bocca per parlare. La fede degli ebrei e la fede cristiana hanno in comune la convinzione che Dio è parola e l'essere umano è orecchio che può diventare parola di risposta. Le dieci parole (=10 comandamenti) di Dio nel Decalogo sono precedute da un comando, senza il quale esse sono lettera sterile: ascolta Israele. Nella sequenza dei gesti che compie Gesù nell'odierno vangelo, prima ci sono le dita che entrano negli orecchi, poi la saliva che tocca la lingua. Perciò, se essere sordomuti sul piano umano può semplicemente rappresentare solo un grande svantaggio, esserlo invece spiritualmente è il male sommo, perché vuol dire essere totalmente chiusi e impermeabili a Dio. Ed ecco allora il grande segno del miracolo compiuto da Gesù: Dio è venuto a guarire la nostra sordità profonda alla sua parola. Con la medesima ci rende nuovamente capaci di ascoltare Lui e gli altri e di ritornare a parlare correttamente (Mc 7,35b), ovvero di poter dialogare. Perché alla fine le nostre relazioni umane sono corrette se si corregge la relazione personale con Dio. C'è sempre una correzione verticale dietro ogni correzione orizzontale. Ma bisogna lasciarsi prendere e portare per mano da Lui lontano dalla folla (Mc 7,33a), perché altrimenti, si è solo preda della folla, si ragiona come la folla, si parla come la folla, si agisce come la folla, anche se noi cristiani siamo i primi a non accettare questa verità! Cristiani, non cristiani, atei, agnostici, siamo tutti sulla stessa barca: oggi rischiamo di lasciarci risucchiare da un mare in tempesta di parole che ci fanno solo divoratori e divulgatori di chiacchere. Penso non ci sia bisogno di esemplificare. Per la Bibbia, un divoratore/divulgatore di chiacchere è uno che non ha niente da dire, è come un idolo muto.

La preghiera è quel luogo dove Dio ci porta in disparte, dove veniamo guariti lentamente dalla nostra sordità e mutismo, dove gli permettiamo di modellarci e di far emergere il nostro vero volto di figli suoi. Il miracolo significa dunque ciò che il Signore vuole esattamente operare in ciascun lettore/ascoltatore di oggi. Prima bisogna guarire nella capacità di ascoltare Dio (e gli altri) nonché imparare a dialogare. Poi c'è l'illuminazione che viene dalla fede nella parola di Dio ascoltata: così come si può “dire” solo ciò che si è imparato ad ascoltare, così non si può “vedere” ciò che ancora non si ascolta. Ricordate la scena del film La Passione di Cristo (2004) di M.Gibson? Dopo l'interrogatorio nel pretorio Pilato ritorna a casa turbato. Allora si rivolge a sua moglie facendole la stessa domanda rivolta a Gesù (che aveva risposto con il silenzio): che cos'è la verità? Claudia Procula gli sussurra all'orecchio: la verità, se non l'ascolti dentro, nessuno te la può dire. Queste considerazioni ci portano all'ultima parte del vangelo. Gesù come sempre comanda di non dire a nessuno ciò che è accaduto, ma il testo sottolinea che quanto più cresceva la proibizione tanto più cresceva il suo annuncio (Mc 7,36). Perché? Perché si compiono le profezie messianiche su di Lui. I sordi, i muti, gli zoppi e i ciechi che guariscono sono la prova della presenza del Messia sulla terra e l'inizio di una nuova epoca (Is 35,4-7a, prima lettura di oggi). Coloro che si aprono allo stupore e che proclamano le opere di Cristo, sono quelli che iniziano a “vedere” già la verità, cioè il segreto di Gesù ormai svelato: Egli è il Messia (fa udire i sordi e fa parlare i muti) ed è anche colui che ha fatto belle tutte le cose, ossia il Creatore di tutto (Mc 7,37).

 

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