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TESTO Non sono i sani che hanno bisogno del medico

don Roberto Rossi   Parrocchia Regina Pacis

X Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (05/06/2005)

Vangelo: Mt 9,9-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 9mentre andava via, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.

10Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. 11Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». 12Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. 13Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Possiamo sottolineare, nel testo del vangelo, alcuni momenti particolari: la chiamata di Matteo, il pranzo di Gesù coi pubblicani e i peccatori, la discussione con i farisei e la risposta di Gesù sul perché mangia coi peccatori.

La chiamata di Matteo parte dalla parola autorevole del Signore che da sola può cambiare la vita di un uomo. Questa Parola del Signore si traduce in un concreto stile di comunità modellato sull'atteggiamento che Gesù ha in quella casa. La comunità cristiana si fa testimone di misericordia restando pronta a difendere questa sua ispirazione fondamentale contro ogni tentativo di riduzione della novità del vangelo.

Se guardiamo la chiamata di Matteo vediamo che è un racconto che colpisce per la sua incisività e intensità. Non c'è nessun accenno a un travaglio interiore di quest'uomo: tutto fa pensare che lui stesse bene coi suoi soldi e col suo mestiere di pubblicano, per quanto potesse diventare odioso a molti. Matteo è uno che non ha fatto una lunga ricerca di Gesù, è uno che poteva sentirsi tranquillo nella sua condizione, ma tutto cambia semplicemente per la potenza della Parola di Gesù e per il fascino della sua Persona: "Seguimi" e' la Parola che basta a trasformare tutto. E' questo un messaggio chiarissimo a tutti coloro che, in ogni tempo, temono che il Vangelo sia poco attuale o insignificante per chi già sta bene: Cristo è capace di entrare anche nei cuori di chi pensa proprio a tutt'altro, purché sentano il fascino della sua Parola e del suo sguardo.

Matteo scrive di sé, dice chiaramente il suo nome. Chi ha conosciuto il Signore Gesù non sente il bisogno di nascondere il suo passato di peccato, anche quando è diventato un personaggio importante a cui non converrebbe rivangare il passato, ma lo racconta come parte integrante dell'annuncio evangelico: la chiamata cristiana inizia con un atto di grazia, di misericordia. La chiamata è sempre, non soltanto nel caso di Matteo, anche un atto di perdono che fa di un peccatore un discepolo del Signore.

"Molti pubblicani e peccatori vennero e si sedettero a tavola con lui e i discepoli". Se ne ricava l'impressione che la vocazione di Matteo diventi per molti altri peccatori lo stimolo per venire da Gesù, quasi che aspettassero solo quello. Essi poi siedono a mensa con lui e con i discepoli come se fosse una cosa scontata, segno che era ormai questa la caratteristica per cui Gesù e il suo gruppo erano conosciuti: raccogliere i peccatori e fare comunione di mensa con loro. Notiamo bene: non semplicemente gli emarginati, ma i peccatori, compresi quelli odiosi come i pubblicani; tutti i peccatori, con tutto il male che hanno addosso e che hanno fatto. Il ministero di Gesù non ha anzitutto preoccupazioni di tipo "sociale" ma, prima di ogni altra implicazione, si colloca a un livello "religioso". E la condizione di peccatori davanti a Dio quella che accomuna veramente tutti, anche chi socialmente occupa posizioni importanti, ed è da lì che parte l'azione del medico Gesù. Egli non ha altro serbatoio per "reclutare" discepoli che gli uomini peccatori.

Divenuto discepolo, il peccatore Matteo si trova subito in mezzo a una folla di gente come lui che trova in Gesù e nei suoi una parola di misericordia e di accoglienza.

Dove c'è Gesù, si deve vedere il suo stile: quella "casa" è l'immagine ideale della Chiesa, la comunità che ha come segno principale della sua identità un pasto, che è sempre anche il pasto dei peccatori invitati alla comunione col Signore. Qui non si parla solo di Gesù, ma anche dei suoi discepoli: è a loro che i farisei rivolgono la domanda sul perché del comportamento del "vostro maestro" segno che essi devono saper rendere conto di uno stile che non può tradire quello del maestro.

Lo stile di Gesù (e della sua comunità) fa discutere, perciò si devono mettere in conto anche le obiezioni, come quella dei farisei. Che cosa contestavano propriamente a Gesù? Essi conoscevano bene la necessità e!'importanza del perdono, ma temevano probabilmente che la sua insistenza sulla misericordia di Dio potesse diventare un comodo alibi per una vita lontana da Dio stesso, che le persone diventassero lassiste e superficiali.

Nella sua risposta, Gesù insiste nel mettere al centro il volto di Dio di cui Lui è la manifestazione: Dio è disponibile, senza condizioni, all'uomo che è lontano da lui, e quindi ad ogni uomo perché ognuno è lontano. Il rischio di "approfittare" della misericordia di Dio si vince insistendo non sulla necessità di vivere da giusti, cosa che è ovvia di per sé, ma sul fatto che ciascuno è un peccatore perdonato: ciò che lo può davvero incamminare sulla via della giustizia è la scoperta di una misericordia che si rivolge proprio a lui. Il rischio per chi legge questo brano dopo secoli di tradizione cristiana è appunto quello di trasformare il discorso di Gesù in un principio talmente generale da risultare ovvio, mentre non lo è più quando ogni singolo lo vede come porta che viene aperta per lui personalmente, perché esattamente di quella porta ha bisogno.

Gesù risponde con una testimonianza e un annuncio che sono grandiosi: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati": io sono venuto per i peccatori, non per quelli che si sentono giusti. Qui è annunciata tutta la tenerezza e la misericordia con le quali Gesù andrà incontro a tutti e sempre ci sorprenderà e ci commuoverà, come quando perdona la peccatrice, Zaccheo, il buon ladrone, Pietro, e ciascuno di noi.

Le parole e le opere di Gesù, sono da prendere come il criterio indiscutibile di ciò che è certamente vero, bello, degno dell'uomo. La misericordia è ciò che siamo chiamati a vivere nella più profonda esperienza cristiana. Come Dio ha perdonato a noi, così noi dobbiamo perdonare, capire, rinnovare: in altre parole, dobbiamo usare tenerezza, misericordia, fiducia, incoraggiamento, offrire la possibilità di una vera vita dignitosa e piena a tutti.

Nella misura in cui ci lasciamo perdonare siamo salvi sulla terra e per l'eternità. Il Signore, "buono e misericordioso", chiede la stessa larghezza d'animo a tutti noi.

 

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