TESTO Cercate sempre il volto del Signore
don Walter Magni Chiesa di Milano
V domenica dopo Pentecoste (Anno B) (24/06/2018)
Vangelo: Gv 12,35-50
35Allora Gesù disse loro: «Ancora per poco tempo la luce è tra voi. Camminate mentre avete la luce, perché le tenebre non vi sorprendano; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. 36Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della luce». Gesù disse queste cose, poi se ne andò e si nascose loro.
37Sebbene avesse compiuto segni così grandi davanti a loro, non credevano in lui, 38perché si compisse la parola detta dal profeta Isaia:
Signore, chi ha creduto alla nostra parola?
E la forza del Signore, a chi è stata rivelata?
39Per questo non potevano credere, poiché ancora Isaia disse:
40Ha reso ciechi i loro occhi
e duro il loro cuore,
perché non vedano con gli occhi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano, e io li guarisca!
41Questo disse Isaia perché vide la sua gloria e parlò di lui. 42Tuttavia, anche tra i capi, molti credettero in lui, ma, a causa dei farisei, non lo dichiaravano, per non essere espulsi dalla sinagoga. 43Amavano infatti la gloria degli uomini più che la gloria di Dio.
44Gesù allora esclamò: «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; 45chi vede me, vede colui che mi ha mandato. 46Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. 47Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. 48Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. 49Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. 50E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».
Mentre la prima lettura di questa domenica ci parla dell'alleanza tra Dio e Abramo, Paolo, nell'epistola ai Romani, ravvisa proprio nella fede la ragione di questo patto: “Abramo credette a Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia”. Quella stessa fede che Gesù, stando al brano del Vangelo di Giovanni, sente ancora debole. Soprattutto in quei capi dei farisei che, pur avendonGli dato credito, “amavano la gloria degli uomini più che la gloria di Dio”.
Far sognare Dio
Cos'è la fede di Abramo? In cosa consiste? Nel fare spazio dentro la sua vita al sogno di Dio. “Il Signore apparve ad Abram e gli disse: ‘io sono Dio l'Onnipotente: cammina davanti a me e sii integro (...). Subito Abram si prostrò con il viso a terra e Dio parlò con lui”. Il Signore si rende presente nella sua vita e, osando proprio come farebbe un amante con l'amata, dice ad Abramo: “lasciami entrare nella tua vita, parlami dei tuoi sogni. Del tuo bisogno di paternità, di quel desiderio profondo di posterità che ti prende, di una terra stabile che vorresti regalare ai tuoi figli dopo aver camminato tutta la vita”. È così che il Signore Si intromette nei sogni di Abramo: “diventerai padre di una moltitudine di nazioni (...). E ti renderò molto, molto fecondo; ti farò diventare nazioni e da te usciranno dei re (...). La terra dove sei forestiero, (...), la darò in possesso per sempre a te e alla tua discendenza dopo di te; sarò il loro Dio”. La fede di Abramo sta tutta in questo intreccio, in un vero e proprio innesto del sogno di Dio dentro i sogni di un uomo che a novantanove anni si lascia anche cambiare il nome: “ti chiamerai Abramo”. Da una parte, un uomo anziano, che non aveva mai provato la gioia un figlio sul quale contare; dall'altra, un Dio che, mentre ascolta col cuore i desideri più profondi del cuore di un uomo, se ne fa carico cominciando a sognare anche Lui. Questo combinarsi di sogni diventa così la radice di una fecondità che permette ad Abramo di avere dal cielo il dono di un figlio inatteso e a Dio di cominciare a guardare lontano.
“Chi crede in me...”
Dio che sogna nei nostri sogni sa dove andare. Sa che, specchiandoSi in Abramo, la questione, anche per Lui, si risolve tutta in un Figlio. Passando attraverso i figli dei figli di Abramo. Un Figlio Che nasce da dentro il popolo eletto. Che subito sarà chiamato Gesù, Yeshûa: Dio salva, Dio ti vuole salvare! E Abramo diventa così anche il padre della fede incondizionata di Gesù nei confronti di un Dio che Lui, per primo, ci insegnerà a chiamare Abbà (papà, babbino mio). Ed è proprio a partire da Gesù, Figlio di Dio e della fede di Abramo, che avviene una svolta. La fede viene come ridefinita. Gesù, infatti, non è un sogno in attesa di compimento. Che si realizzerà in forza di una promessa alla quale mi affido. A partire da Gesù il sogno di Dio definitivamente si compie. Solo ci è chiesto, fidandoci ancora, di deciderci, di comprometterci nei Suoi confronti. Gesù stesso, nel brano evangelico odierno, ripete con molta chiarezza anche a noi: “chi crede in me”. Chi crede in Me come luce, come lampada capace di illuminare davvero i tuoi passi: “camminate mentre avete la luce, perché le tenebre non vi sorprendano (...). Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della luce”. Una fede in Gesù che non chiede anzitutto di tuffarci, come Abramo, nel mistero di un Dio creatore del quale sfuggono le dimensioni e che non puoi certo abbracciare. Fede in un sogno realizzato, che neppure chiede la rigida osservanza di tante norme legali e religiose. Fede che è piuttosto libertà piena, amore donato, senza pretesa alcuna di ritorno.
Una fede liberante
Proprio perché siamo stati investiti da una fede liberante, che non ti costringe a un assenso, allora puoi anche non aderire, puoi persino dissentire. Stando al vangelo odierno c'è, infatti, chi, nonostante Gesù “avesse compiuto segni così grandi davanti a loro, non credevano in lui”, mentre “anche tra i capi, molti credettero in lui, ma, a causa dei farisei, non lo dichiaravano, per non essere espulsi dalla sinagoga”. C'è chi arriva a credere in Lui, ma chi invece non ce la fa, non ci riesce proprio. Questo mistero che accentua a dismisura la nostra libertà non spetta a noi cercare di risolverlo. Piuttosto ci è chiesto di custodirlo, senza allarmarci. Senza lasciarci prendere dalla paura se intorno a noi la fede si affievolisce rispetto a un tempo, quando stare dalla parte di Dio sembrava più scontato. Siano sempre figli di un sogno di Dio che non Si impone. Che ama stare sempre sulla soglia. In attesa di un nostro cenno, di un assenso, di un sussulto, di un atto di amore. Così si fa più chiara l'espressione che Gesù ci ha regalato: “non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo”. Non c'è più spazio per chi ancora sogna il ritorno a una fede rigida e fondamentalista. Intollerante di ogni diversità e impaziente con chiunque la pensa in modo diverso. Dio ci salva non irrigidendoci nel giudizio, ma traducendo il giudizio nell'amore. Perché Gesù è la realizzazione piena del sogno di Dio. Il frutto maturo e ultimo e definitivo dell'amore di Dio. Volto dell'amore, suo compimento. Come anche dice il salmo: “Guardate a lui e sarete raggianti” (33,6).