TESTO Commento su Giovanni 14,15-20
don Walter Magni Chiesa di Milano
Pentecoste (20/05/2018)
Vangelo: Gv 14,15-20
«15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi».
A Pentecoste, cinquanta giorni dopo la Pasqua, entra in scena con forza lo Spirito Santo. E mentre la Parola si regala tante immagini per raccontarci dello Spirito di Dio, in noi si avvalora la convinzione che lo Spirito santo non Si lascerà mai imbrigliare da qualche parola, dal qualche nostro ragionamento a Suo riguardo. Nessuna immagine L'ha mai catturato; nessuno Lo vede se Lui non Si rivela, nessuno Lo comprende se Lui non Si dispiega alla nostra intelligenza.
“Quasi vento”
Il Libro degli Atti descrive anzitutto lo Spirito come un fragore di vento che s'abbatte sui discepoli del Signore, che impauriti stavano chiusi nel Cenacolo: “Venne all'improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso”. Chi sente ancora oggi il vento dello Spirito nelle nostre chiese? Vento che suscita domande tra la gente: “la folla si radunò e rimase turbata”. Riconoscendo al popolo di Dio la grazia di riconoscerLo vivo e presente. Come mosso da un fiuto sicuro, da una sensibilità in grado di percepirNe la presenza. Gente che subito corre a vedere, chiedendo solo di capire. Perché lo Spirito poi è come il vento: non sai da dove viene e neppure da che parte andrà (Gv 3,8). Tornare, dunque, a intercettare dove lo Spirito soffia ancora. Chiedendo ai vescovi nella Chiesa non tanto di distribuire sacramentalmente lo Spirito santo, quanto piuttosto il compito di aiutare il popolo di Dio a capire, discernere tutti i sussulti e i gemiti che lo Spirito continuamente esprime nel mondo. Quasi fossimo ancora agli inizi del Vaticano II, il santo papa Giovanni XXIII ci inviterebbe, con dolce insistenza, a saper intravvedere disseminati qua e là i segni dei tempi. Ci sono anime sfiduciate, scriveva, che “non vedono altro che tenebre gravare sulla faccia della terra. Noi, invece (...), facendo nostra la raccomandazione di Gesù di saper distinguere i segni dei tempi (Mt 16,3), ci sembra di scorgere, in mezzo a tante tenebre, indizi non pochi che fanno bene sperare sulle sorti della Chiesa e della umanità” (Humanae Salutis, 25/12/1961).
“Che riempie la terra”
E una seconda immagine ci viene dal salmo che abbiamo da poco cantato: “del tuo Spirito Signore è piena la terra”. E, mentre lo ripetiamo come un piacevole ritornello, sentiamo che il cuore si riscalda, prendendo coraggio. A fronte di una visione negativa che tende a descrivere a tinte fosche un mondo abbandonato al vento del relativismo. Senza valori stabili, dove la Chiesa non è riconosciuta e la vita è continuamente annientata, come ripetere ancora con mite franchezza, una verità così consolante? Il cristiano non può continuare ad accodarsi ai lamentosi di professione, che vedono tutto nero e, rimpiangendo i vecchi tempi, vivono ansiosi l'arrivo di qualche catastrofe. E se i cristiani riconoscono che lo Spirito del Signore abita ancora questo nostro mondo, non è perché hanno gli occhi bendati di ingenuità o di idealismo. Semplicemente vogliamo affermare, a partire dalla nostra esistenza, la verità folgorante della Pasqua. Di Gesù morto e risorto, che attraversato il muro della morte, ci introduce per sempre nella vita luminosa di Dio. Tenendoci per mano se il buio della sofferenza ci avvolge, illuminando i nostri passi con la lampada della speranza. Noi siamo certi che lo Spirito è sempre all'opera, mentre lavora soprattutto nel profondo. Senza lasciarsi frenare da qualche ostacolo o dall'indifferenza. Non ci è chiesto di ricreare lo Spirito, ma di riconoscerLo pulendoci gli occhi. Noi crediamo che nel mondo il bene è più grande del male e la disperazione non è mai superiore alla speranza. Dissotterrare Lo Spirito anche dai cuori più provati e affranti, questo è il compito più delicato che ci aspetta. E ne siamo orgogliosi. Ne siamo fieri!
“Presso di voi e sarà in voi”
Anche il Vangelo ci ha regalato un'immagine consolante dello Spirito. Diceva, infatti, Gesù ai Suoi amici, in occasione di quel lungo discorso fatto durante l'ultima cena: lo Spirito santo Paraclito è Colui che “rimane presso di voi e sarà in voi”. Questo Suo intenso permanere, quasi caparbio, se solo guardiamo alla Chiesa lungo i secoli. Ma anche presso le nostre comunità, oggi. Continuando a consegnarSi a modo suo in ciascuno di noi. Tutto questo stupisce e ci consola. Assicurandoci che se qualcosa di bello ancora fiorisce tra noi, è solo lo Spirito che l'ha suscitato. E se una madre accarezza il suo bambino è lo Spirito che sempre guida la sua mano. E se qualcuno si piega con amore su un fratello che soffre, è lo Spirito che compone l'abbraccio. E quando proviamo la gioia della pace, e ci perdoniamo, tornando ad ascoltarci col cuore libero e aperto, è sempre lo Spirito santo che accompagna la nostra libertà al miracolo della fraternità e della comunione. Perché lo Spirito che rimane e opera tra noi è come il fuoco d'amore dell'amante per la sua amata.
Spirito santo, ospite dolce dell'anima, spalanca i cenacoli delle nostre chiese ad aprire le porte all'ascolto e all'accoglienza. Spirito “di verità”, facci capaci di porgere il vero con la tua dolcezza e quella trasparenza che mai ferisca la sensibilità della gente, senza opporsi a chi dovesse pensare diversamente. Senza più rattristarTi (Ef 4,30), continua a spalancare le nostre porte ancora chiuse, andando incontro alla gente consapevoli di portare nel cuore il Tuo fuoco d'amore.