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TESTO Natale in famiglia

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Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (Anno B) (29/12/2002)

Vangelo: Lc 2,22-40 (forma breve Lc 2,22.39-40) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,22-40

22Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – 23come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – 24e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.

25Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. 26Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. 27Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, 28anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

29«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo

vada in pace, secondo la tua parola,

30perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,

31preparata da te davanti a tutti i popoli:

32luce per rivelarti alle genti

e gloria del tuo popolo, Israele».

33Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. 34Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione 35– e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».

36C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, 37era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. 38Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

39Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. 40Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

C'è un legame stretto tra famiglia e Natale. Lo sperimentiamo in questi giorni, quando ci ritroviamo in famiglia per festeggiare.

Succede però sempre più spesso che questo legame si riveli come fragile e vulnerabile. Molte famiglie sono ferite dalla festa del Natale. Quel giorno riporta infatti il ricordo di tanti altri Natali più felici; e così esso, anziché essere giorno di festa, diventa giorno di malinconia e di rimpianto.

Molti sono i genitori feriti dalla festa di Natale: sono soprattutto i genitori degli adolescenti. Il Natale ripropone loro l'evidenza di un distacco. A volte, potrà trattarsi di un distacco anche esteriore nei confronti dei figli; ma in ogni caso, il distacco che ferisce è quello interiore. I figli formulano un augurio fuggitivo: magari anche appariscente, avvolto in molta carta dorata, e tuttavia affrettato e schivo. Debbono partire per la montagna. Oppure no, rimangono in città, ma appaiono così imbarazzati e refrattari ad ogni commozione e ad ogni segno di affetto. E così i genitori rimpiangono il tempo passato, quando i figli erano bambini, e il Natale sembrava più felice...

Ma anche questi figli sono feriti dal Natale, assai più di quanto non dichiarino o lascino trasparire. L'essere estranei alla gioia e alla pace di questa festa è per loro motivo di sofferenza: forse inespressa, inesprimibile, eppure vera. Anche i figli ricordano i Natali di un tempo, quando erano bambini e attendevano con trepidazione la notte santa: e si sentono incapaci di rivivere quell'attesa gioiosa...

Questa incapacità di figli e genitori nel mantenere viva l'attesa gioiosa del Natale assomiglia molto allo smarrimento di Abramo, che ci viene descritto dalla prima lettura di domenica (Gen 15,1-6;21,1-3). Abramo era vecchio, e non aveva figli. Si ritrova così a vivere con la paura che la sua vita trascorra inutilmente: ha nostalgia degli anni passati, quando era più giovane, sente che quegli anni non possono più ritornare, e teme di chiudere gli occhi senza avere nessuno che si ricordi di lui.

Anche Maria e Giuseppe sono smarriti, nel brano evangelico di domenica (Lc 2,22-40). "Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui". Soprattutto Maria e Giuseppe temono il loro futuro, così ricco di incognite e di rischi: intuiscono già, aiutati dal vecchio Simeone, che quel figlio sarà segno di contraddizione; e capiscono che anche la loro anima sarà come trafitta da una spada.

Eppure Maria e Giuseppe presentano quel figlio al tempio: sanno che Dio è fedele alle sue promesse. Così, d'altronde, fece pure Abramo, che offrì Isacco, il suo unico figlio, sapendo che Dio è capace di far risorgere anche dai morti. Maria, Giuseppe, Abramo offrono i loro figli a Dio, nella certezza che lui ricorda sempre la sua alleanza.

E allora anche oggi, perché il Natale possa ritornare ad essere la festa di ogni famiglia, occorre che i genitori si affrettino a presentare i figli al tempio. Se poi questi sono cresciuti, e al tempio non vogliono più venire, non si scoraggino: li portino ugualmente, mediante la loro preghiera e la loro fede, li pongano ugualmente nelle mani del Padre, e attendano da lui con fiducia una benedizione. Essa non si farà attendere.

 

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