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TESTO Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia

don Walter Magni  

III domenica T. Pasqua (Anno B) (15/04/2018)

Vangelo: Gv 14,1-11a Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via».

5Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». 6Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».

8Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.

Il Vangelo è affascinante se sei ben disposto, in ascolto. Se ad esempio lo leggi lentamente, assaporandone le parole, ti apre un nuovo orizzonte. Una qualità della vita, che in questo tempo di Pasqua intravvedi realizzata e compiuta in Gesù Risorto. Come nel Vangelo di oggi dove Gesù, consola i Suoi amici, parlando loro di una casa, di una Sua nuova dimora. Che è poi quella relazione profonda col Padre, che aveva coltivato per tutta la vita.

“Non sia turbato il vostro cuore”
Durante l'Ultima cena, all'inizio della Sua passione, Gesù sa bene cosa L'aspetta: la croce, la morte! Allora, guardando in faccia gli amici che avevano avuto il coraggio di restare, comincia un lungo discorso dicendo: “non sia turbato il vostro cuore”. Avviando così il Suo testamento, tanto carico d'amore e nostalgia (cc. 14-17). Consapevole del Suo tragico futuro, Gesù è di fatto preoccupato del nostro. E se anche vedesse noi turbati e impauriti, ci ripeterebbe: “Non sia turbato il vostro cuore”. Gesù non chiede a nessuno d'essere all'altezza della situazione, pronti e combattivi, date le circostanze. Solo chiede di non lasciare prevalere la paura. Anzi, ce lo comanda con tono esortativo: “Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”. Perché Lui conosce bene il peso di certe situazioni angosciose; l'affanno provocato da certe fatiche. Anche per un santo come Agostino, l'inquietudine riletta nella luce della fede, diventa un trampolino di speranza e di grazia: “Ci hai fatti per Te e inquieto è il nostro cuore finché in te non riposa” (Confessioni I.1,1). La soluzione dei nostri problemi non sta anzitutto nell'intercettare cosa si agita nel cuore, facendo dell'analisi il toccasana che può regalarci ancora un po' di pace. L'esercizio più vero, stando al Vangelo di Gesù, consiste piuttosto nel contrario: buttarsi fuori affidandosi: non sia turbato il tuo cuore, fidati di Dio, fidati di me! Come un balsamo che ti accarezza dentro, raggiungendoti dove la paura imperversa per convincerti che tutto è finito e non c'è più nulla da fare.

Luogo, posto, dimora
Il Suo non è un generico invito a credere. Sa bene che abbiamo bisogno di continuare a sognare. Non per illuderci, ma per continuare a vivere senza cadere nel circolo vizioso di una pericolosa solitudine. Così, avanzando nel discorso, ci regala parole che dicono casa, dimora (“Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore”,) ricerca di un rifugio, bisogno di un posto (“Vado a prepararvi un posto”). Un luogo dove il pianto trovi un'autentica consolazione. Anzi, l'evangelista Giovanni sin dall'inizio del suo Vangelo, desiderava scoprire dov'era questa casa di Gesù. Tanto che uno dei due che Lo seguivano pone domanda diretta e precisa: “Maestro dove abiti?” (1,38). Così, dopo quel pomeriggio passato insieme in casa Sua, cominciano ad intuire che Gesù ha però un'altra dimora. Tanto importa avere una casa sulla terra, quanto è urgente dare una casa al cuore e agli affetti. E non sempre queste case coincidono. Come quando la morte ti sottrae la presenza di una persona cara e subito le domande dentro si accavallano insistenti. E Lui a ripeterci ancora: “quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi”. E così in noi, affascinati dalla Sua Parola forte e rassicurante, comincia a farsi spazio come un bisogno, una vera e propria nostalgia di un'altra dimora. Quella santa dimora della quale parla la preghiera dei salmi che Gesù amava spesso recitare (sl 90,9). E dove Lui va, dove Lui sta andando, allora desideriamo andare anche noi. E il dove è Lui diventa il dove siamo anche noi.

“Voi in me e io in voi”
Solo ci è chiesto di continuare ad ascoltarLo mentre ci parla. Perché Gesù sta dicendo ancora una cosa importante. Aveva appena terminato di dire che “del luogo dove io vado, conoscete la via”, che Tommaso replica: “'Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?'. Gli disse Gesù: ‘Io sono la via, la verità e la vità”. Conoscere la via è importante per non fare solo dei tentativi generici. Il Vangelo ama fare degli scatti, dei veri e propri rovesciamenti d'orizzonte. Se i Suoi discepoli, ascoltandoLo, avevano pensato sul principio ad uno spostamento di casa, come da luogo a luogo, ora non ci sono più dubbi. Non solo Gesù Si propone come via, ma anche come loro mèta, loro dimora: “Io sono la via, la verità e la vita”. Non si tratta di andare altrove, ma di cercare di entrare in Lui, di dimorare in Lui, abitare Lui. O, cambiando verso: di lasciarsi abitare da Lui. Come dirà poco più avanti: “Io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi” (Gv 14,20). Forse qualcuno potrebbe provare un senso di astrattezza. L'impressione che Gesù stia usando un linguaggio un po' mistico, quasi non trovasse le parole per dire loro quanto li amava. Non è così. Siamo, piuttosto, davanti allo svelamento pieno della Sua Pasqua. Quella stessa Pasqua che stiamo celebrando. Di Lui tutto raccolto nel Padre Suo. E di noi sbilanciati su di Lui. Di Gesù totalmente innestato e compromesso, senza più ritorno, in questa nostra vita, al cuore della nostra esistenza.

 

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