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TESTO Davanti al sepolcro vuoto

don Cristiano Mauri   La bottega del vasaio

Domenica di Pasqua (01/04/2018)

Vangelo: Gv 20,11-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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11Maria invece stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro 12e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. 13Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». 14Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. 15Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». 16Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». 17Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”». 18Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.

Al principio di ogni esperienza cristiana sta il sepolcro vuoto.
Non un comandamento, non un pensiero teologico, non un sacro rituale. Semplicemente un'assenza: «Non è qui».
Le voci dei Suoi amici ci han detto che è vuoto perché Egli è vivo, che han toccato con mano la verità delle parole dell'angelo: «È risorto», che davvero la morte non ha saputo far bottino di Lui.
L'ambiguità del sepolcro vuoto, la vaghezza delle poche testimonianze di presunte apparizioni. Nulla di più.
Se una costruzione è solida a partire dalle fondamenta, la fede cristiana sembra non essere messa benissimo. O, forse, invece sì.

La fede cristiana, infatti, non ha anzitutto il carattere rassicurante dell'adesione a un perfetto sistema di dottrinale e, ancor meno, quello scrupoloso dell'applicazione di un sicuro codice morale.
Ha invece la forma sorprendente dell'incontro inaspettato e gioioso con il Crocifisso Risorto.

Quel sepolcro vuoto e quelle testimonianze vaghe, nella loro debolezza, sono l'annuncio che l'incontro è possibile e auspicabile per ogni discepolo di ogni tempo e di ogni luogo.
Non siamo infatti chiamati a credere «per sentito dire» o ad essere cristiani con la fede degli altri.
Piuttosto a vivere in prima persona l'incontro con il Crocifisso Risorto, lasciando che la nostra esistenza ne sia trasformata.

Non ci si converte per prepararsi ad incontrare il Risorto, piuttosto è per averLo riconosciuto vivo che si intraprende il cammino della conversione.
Chi sa che il Crocifisso è vivo non teme di abbandonare tutto ciò che nella propria esistenza sa di morte.
Non si arrende di fronte al male che cerca di imporsi, non abbandona la lotta contro le ingiustizie, non alza bandiera bianca nella battaglia con il proprio peccato.
Non smette di usare misericordia offrendo salvezza a chi non la merita, non indugia nel donare tutto di sé a favore di chiunque sia bisognoso, non finisce di sperare contro ogni speranza.
La Pasqua è il tempo in cui scrutiamo i nostri pensieri, le nostre parole, le nostre opere, i nostri sentimenti per cogliere in essi i segni dell'incontro con il Risorto e le tracce di ciò che ancora non in noi non “sa” di vivo.

Una Buona Pasqua nel Risorto.

 

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