TESTO Commento su Giovanni 20,11-18
Domenica di Pasqua (01/04/2018)
Vangelo: Gv 20,11-18
11Maria invece stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro 12e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. 13Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». 14Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. 15Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». 16Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». 17Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”». 18Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore; rallegriamoci e in esso esultiamo.
Sì è Pasqua perno e centro della nostra fede senza la quale la fede stessa non esisterebbe. Siamo chiamati a vivere da risorti e in quanto tale chiamati ad annunciare la vittoria della vita sulla morte. Il discepolo in forza del Battesimo è chiamato ad annunciare questa verità. E' compito di tutto il Popolo di Dio. Dobbiamo bandire timori e paure.
Se guardiamo la storia della salvezza il Signore si è avvalso per il primo annuncio di ciò che “nel mondo è debole per confondere i forti”. Non ha scelto primi della classe, ma uomini e donne che non avevano un minimo di istruzione e non erano considerati a livello sociale. Le donne non venivano conteggiate pensate nemmeno a livello di censimento.
Qualcuno potrebbe pensare: ma io sono peccatore come faccio? La Parola di Dio smonta anche questo ostacolo.
Le prime due letture ci segnalano come il Signore stesso è andato alla ricerca di quei stessi apostoli che dopo l'Ultima cena erano scappati e lo avevano lasciato da solo sulla Croce. Pietro, pensate, il primo degli apostoli lo aveva persino rinnegato per paura e per paura di essere perseguitati tutti i suoi amici si erano rintanati. Paolo invece ci dice che è stato scelto Lui che perseguitava i cristiani. Un grande insegnamento quindi a vincere le nostre diffidenze di non essere in grado.
La Pasqua deve infonderci il coraggio della fede e nello stesso tempo la dimensione della gioia.
Rischiamo di scoraggiarci, di cedere alla tentazione di fermarci sulla montagna, nel guscio delle nostre chiese o delle nostre famiglie. E il tempo di ritrovare dentro di noi il coraggio della fede, di dire ancora: "Gesù ha ragione, noi ci crediamo, crediamo sul serio nell'onestà, nel bene, nella giustizia, nella verità!" Aver fede non significa solo, andare in Chiesa, cantare dei bei canti, ascoltare delle belle parole, provare dei buoni sentimenti. Aver fede significa tornare nel posto dove lavoriamo, in mezzo alla gente, e continuare a credere nelle cose in cui ha creduto Gesù, nelle cose che Gesù ha amato, nelle cose per cui Gesù è vissuto.
Tutto questo avendo lo sguardo nei confronti di quei cristiani che in diverse parti del mondo vivono con difficoltà il professare la fede in Cristo a rischio della vita. E' proprio vero quello che dice Papa Francesco: "Ci sono più martiri oggi che ai tempi delle prime comunità".
“La guerra ha decimato le antiche comunità cristiane in due paesi: l'Iraq e la Siria - si legge in un testo, che uscirà nelle librerie il 2 aprile prossimo, di don Ginami, “Dove i cristiano muoiono”-. L'Iraq nel 2003, prima della invasione americana, aveva all'incirca un milione e mezzo di cristiani, che vivevano relativamente liberi da discriminazione. Ora si pensa che i cristiani in Iraq non siano più di 258.000. Quando la Siria fu creata nel 1920, un terzo della popolazione era cristiana. Ora si pensa ci siano meno di 900.000 cristiani per una popolazione di 18 milioni di persone”.
La gioia è la cartina tornasole che permette di definire lo stato della fede di ogni credente. La gioia della fede, la gioia del Vangelo è la pietra di paragone della fede di una persona. Senza gioia quella persona non è un vero credente. Se ci leghiamo alle prescrizioni e alla dimensione dei precetti per metterci a posto con la coscienza, ma non ci facciamo abitare dalla dimensione gioiosa del rapporto con il Signore viviamo alla maniera farisaica.
Dalla forza gioiosa che emaniamo abbiamo l'attrazione. I primi cristiani riuscivano ad attrarre i pagani proprio per questo aspetto, non per capacità di orazione, ma da quella dimensione di gioia che trasmettevano. Oggi rischiamo di vivere come se fossimo cristiani sempre del Venerdì Santo senza la consapevolezza che l'evento di morte di Gesù è finalizzato alla risurrezione. Coraggio e gioia nella fede ci esortano infine a considerare che c'è un compito ulteriore: trasmettere la forza della fede stessa alle nuove generazioni.
L'invito dell'Arcivescovo ai giovani nella scorsa Veglia di Palme è un'esortazione che dovremmo stimolare a compiere anche ai nostri nipoti o a ragazzi che conosciamo: «Prendete il cellulare, pensate a un amico che abita in Europa, italiano o di altri Paesi, e scrivete un messaggio spiegando che il Vescovo ha detto che la vostra amicizia costruirà l'Europa. Mentre i nostri nonni si sono fatti la guerra, i bisnonni arricchiti saccheggiando i Paesi di tutto il pianeta, noi vogliamo costruire non l'Europa delle leggi complicate, dei mercanti o delle banche, ma quella dei popoli perché sappiamo che la culla di questo Continente è la fede nel Signore. È il Cristianesimo che lo rende accogliente e dà futuro. Guardate avanti, siete i protagonisti di una nuova civiltà. Sogno un'Europa fatta di una rete di amicizia, di ragazzi che si incontrano, di persone che vivono insieme il loro tempo per la solidarietà e la speranza, per edificare un benessere condiviso. Così i cristiani europei saranno un messaggio per tutti i cittadini. L'Europa non è un luogo di vecchi egoisti preoccupati solo di difendere i loro privilegi».
La Pasqua ci richiama a una responsabilità grande. Non facciamoci scivolare questo grande evento della nostra fede, ma interpelliamoci e facciamoci scuotere. Al Signore riusciremo a portare le nostre primizie e non la nostra maniera stanca di vivere la fede.
Buona Pasqua di risurrezione.