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TESTO Commento su Isaia 50,4-7; Mc 14,1-15,47

Carla Sprinzeles   Radio Nichelino Comunità

Domenica delle Palme (Anno B) (25/03/2018)

Vangelo: Mc 14,1-15,47 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Azzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturarlo con un inganno per farlo morire. 2Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo».

3Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. 4Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? 5Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei.

6Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. 7I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. 8Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. 9In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto».

10Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. 11Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno.

12Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». 13Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. 14Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. 15Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». 16I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.

17Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. 18Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». 19Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: «Sono forse io?». 20Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. 21Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!».

22E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». 23Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. 25In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

26Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. 27Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto:

Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse.

28Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». 29Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». 30Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». 31Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri.

32Giunsero a un podere chiamato Getsèmani ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». 33Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. 34Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». 35Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. 36E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». 37Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? 38Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». 39Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. 40Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. 41Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. 42Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

43E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. 44Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». 45Appena giunto, gli si avvicinò e disse: «Rabbì» e lo baciò. 46Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. 47Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio. 48Allora Gesù disse loro: «Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. 49Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!».

50Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. 51Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. 52Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.

53Condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. 54Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco.

55I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. 56Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concordi. 57Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui, dicendo: 58«Lo abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d’uomo”». 59Ma nemmeno così la loro testimonianza era concorde. 60Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». 61Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». 62Gesù rispose: «Io lo sono!

E vedrete il Figlio dell’uomo

seduto alla destra della Potenza

e venire con le nubi del cielo».

63Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? 64Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte.

65Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: «Fa’ il profeta!». E i servi lo schiaffeggiavano.

66Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote 67e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». 68Ma egli negò, dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici». Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. 69E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è uno di loro». 70Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». 71Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate». 72E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto.

1E subito, al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. 2Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». 3I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. 4Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». 5Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito.

6A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. 7Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. 8La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. 9Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». 10Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. 11Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. 12Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». 13Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». 14Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». 15Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

16Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. 17Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. 18Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». 19E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. 20Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

21Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo.

22Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», 23e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. 24Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. 25Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. 26La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». 27Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra. 28[..]

29Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, 30salva te stesso scendendo dalla croce!». 31Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! 32Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

33Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. 34Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». 35Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». 36Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». 37Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.

38Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. 39Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».

40Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, 41le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.

42Venuta ormai la sera, poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato, 43Giuseppe d’Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. 44Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. 45Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. 46Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. 47Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto.

Inizia la Settimana Santa. Volevo proporvi di percorrere le letture di oggi e per chi può vivere questa settimana insieme alla liturgia, come una nostra verità. Guardiamo a Gesù, a Isaia, non come degli estranei di cui veniamo a conoscere la storia, ma come un fatto che succede oggi.
Mi spiego: immaginate un uomo che abbia come sua unica legge l'amore per gli altri, un amore disposto fino al totale dono di sé. Fate camminare quest'uomo dove volete: in un mercato, in una banca, a casa vostra...Fatelo parlare, mettetelo a confronto con le figure che rappresentano le istituzioni. Cosa avverrebbe? Avverrebbe che quest'uomo sarebbe, con una solidarietà immancabile, espulso da tutti, cacciato via. Direbbero: ”Questo è pazzo!” ”Quest'uomo bestemmia!” Quest'uomo non potrebbe rientrare nei modi di vivere e di comprendere la vita, che sono i nostri! Sarebbe un estraneo e troverebbe accoglienza solo tra i disperati, che non essendo integrati nella società, hanno una sincera disponibilità al nuovo. In questi mancano sovente le strutture di giudizio e accettano quello che è irregolare rispetto all'istituzione.
Questo uomo ipotetico è Gesù. Il Gesù, di cui invece abbiamo l'immagine è un “passe-partout” che serve per tutto.
Il miracolo è un mondo animato dall'amore: questo è il regno di Dio, in cui vivere e morire è un gesto di amore per gli altri! Quindi conoscere Gesù è un sapere per vivere, un sapere che ci mette in gioco. Lasciamoci mettere in gioco per essere veri!

ISAIA 50, 4-7
La prima lettura è tratta da Isaia al cap. 50. E' un discepolo del primo Isaia, che vive nel periodo dell'esilio a Babilonia e nonostante viva esiliato, disprezzato, umiliato, spera in Jhwh. Poco prima di questo passo, nel cap. 49, Jhwh è paragonato a una madre. Dio si occupa di Israele come una madre dei suoi figli.
La liberazione del popolo esiliato è rappresentato come una nuova nascita e Jhwh è paragonato a una donna che soffre i dolori del parto. Troviamo il passaggio da un Dio onnipotente, guerriero, a un Dio materno che soffre, si potrebbe dire “che entra in travaglio” per il suo popolo.
Il passo che leggeremo è il terzo carme del Servo del Signore. L'autore descrive se stesso. “Servo” richiama l'appartenenza di un uomo al suo padrone. Il padrone “forava” l'orecchio di colui che si impegnava a diventare suo dipendente per tutta la vita.
E' solo da questa relazione di appartenenza intima, mutua e profonda tra il servo/discepolo e il Signore, che può scaturire la forza per indirizzare una parola allo sfiduciato, cioè a colui che è gravemente provato dalla vita per tragedie gravi e malattie varie. In tali situazioni non ci può essere sapienza capace di dare conforto, se non la Sapienza di Dio.
La missione del Servo non è compresa e allora questa appartenenza al Signore genera sofferenze su tutta la persona. In tutto questo il Servo reagisce con un'incrollabile fermezza di fronte agli insulti più gravi e dolorosi. “Ho presentato il mio dorso ai flagellatori”. Queste percosse sulla schiena erano riservate agli stolti e alle bestie. Ma il Servo reagisce con una straordinaria mitezza, non reagisce, non minaccia, non maledice. Il segreto della sua forza è il fatto che conta sull'assistenza del Signore e che è certo che il Signore non lo abbandonerà: ”Il Signore Dio mi assiste, per questo non vengo svergognato”.
Umanamente si potrebbe pensare che l'assistenza del Signore si manifesti nel risparmiare al proprio servo le prove più dure, ma non è questa la logica di Dio.
Il soccorso divino è tanto più vero, quanto più si riceve il coraggio per attraversare anche le situazioni più difficili senza mai vacillare nella fiducia. Il nostro compito è stare svegli e farsi aprire l'orecchio e la bocca da Dio, sapendo che la nostra speranza, l'amore del Signore sono più forti del male che ci circonda.

LETTURA PASSIONE SECONDO MARCO 14,1-15,47
Siamo giunti a leggere la passione di Gesù, ma come abbiamo detto, non ascoltiamola con l'atteggiamento di pietà, che spesso non porta da nessuna parte.
Partiamo dal centurione romano, dinanzi alla morte di Gesù i discepoli erano fuggiti, Pietro non c'era, questo pagano, che vede morire un uomo non da disperato, dice:”Costui è veramente il figlio di Dio!”
Il segreto di Gesù, il segreto dell'universalità e della continuità del messaggio della sua Passione è in questa contraddizione, mentre lui muore, un pagano vede in lui il figlio di Dio!
Il fatto che un'esistenza possa essere plasmata solo dall'amore è un miracolo! Chiunque dona la sua vita per gli altri, è già con Dio. Il senso della vita è l'amore. Il Dio di Gesù è quello che il centurione vide, mentre un uomo insanguinato, agitato, perfino con l'ombra della disperazione -“Dio mio, perché mi hai abbandonato?”- spirò.
Noi dobbiamo sentirci fratelli e sorelle del centurione, l'unico che ci ha visto bene! Uno che era dalla parte dei crocifissori ha visto bene, ha intuito che il Figlio di Dio è l'Amore e che l'alternativa del regno che Egli annuncia è vivere e morire per amore degli altri!
Morire a 33 anni, abbandonato da chi lo seguiva da tempo, sconfitto, messo al bando, schernito, mentre aveva fatto solo del bene, che senso ha?
Da che parte sta Dio? Gesù sembra soccombere! Avrebbe potuto fare grandi cose! Perché la felicità non dura? Perché l'amore appassisce e l'entusiasmo si spegne? “E' bene per voi che me ne vada” aveva detto Gesù ai suoi; ma doveva avvenire così, lasciando tutti nello sgomento?
Sì, è buona la spaccatura che gli esseri umani rifiutano con tutta la loro energia, perché apre alla fiducia nell'altro, nella vita, in Dio. E' buona la sconfitta che rivela la vera ricchezza dell'esistenza. E' buona persino la morte che permette di entrare nella vita vera, di abbandonare i bagagli inutili che separano dagli altri.
Bisogna perdere la vita per ritrovarla. A volte ci si deve risvegliare dal sogno di essere onnipotenti e di lavorare per il bene dell'umanità.
La sconfitta può essere una breccia per entrare nella verità. L'unica necessità è fidarsi della vita, di Dio, che opera in ognuno di noi e in ogni evento.
Consegnandosi alla morte Gesù si consegna alla Vita, all'Amore, che nessuno può spegnere.
Si fida del Padre e non sarà deluso, perché risorgerà. Ma si fida anche dei suoi fratelli in umanità, di noi, perché pone nelle nostre mani il suo messaggio, ci dona persino il suo Spirito.
Chi sa morire, non cerca più, come Adamo, di colmare la ferita aperta nel suo costato, è entrato nel Regno della fiducia e della relazione dilatata a dimensioni cosmiche e divine.

Non ci sono più parole, ora dobbiamo fare i fatti.
Non importa affermare se stessi, non importa conseguire successi, non importa neppure portare avanti progetti di bene! Sì, perché potrebbero nascondere l'illusione di seguire Gesù e invece voler costruire un piccolo mio regno.
L'unica nostra preoccupazione è fidarsi della Vita, fidarsi di Dio e avere fiducia anche negli altri, perché in ognuno c'è lo Spirito di Dio. Credo che abbiamo molto da fare!!!! Non sbattendoci molto, ma fidandoci molto!
Buona settimana santa, diversa dalle altre e buona resurrezione nella fiducia.

 

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