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TESTO Dio ha affittato un monolocale

don Marco Pozza   Sulla strada di Emmaus

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V Domenica di Quaresima (Anno B) (18/03/2018)

Vangelo: Gv 12,20-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 12,20-33

20Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. 21Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». 22Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. 23Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. 24In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. 25Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. 26Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. 27Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! 28Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».

29La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». 30Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. 31Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. 32E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». 33Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

Poeta è chi sa «vedere il mondo in un granello di sabbia. E il cielo in un fiore di campo. Tenere l'infinito nel palmo della mano, l'eternità in un'ora» (W. Blake). Il posto di Cristo, dunque, è tra i poeti: quella di nascondersi - che è una sorta di ritirata dalla smania di grandezza del mondo - è l'arte che Gli è rimasta la più intonata. Ritrarsi, fino quasi a confinarsi, nel mondo. A con-fondersi nell'uomo. Il Cristo, certi giorni, somiglia ad una chiocciola: un animale timido e assai cauto, appena fiuta un segnale di pericolo si ritira dentro la sua conchiglia. È la sua armatura, l'armatura dell'inerme, la sua protezione dai contraccolpi avversari. Cristo, quest'oggi, teme d'essere frainteso. Ci sono dei Greci che Lo vogliono a tutti i costi conoscere. Scelgono d'andare da Filippo, uno dei Dodici ch'era stato ghermito dallo sguardo Maestro, perché faccia loro da ponte a Cristo. Greci, dunque appassionati della sapienza, eppur curiosi d'andare a scovare il meglio per sé. Uomini di desiderio e, dunque, di cammino. Come i Magi dell'Oriente, gli storpi-paralitici delle parabole «Vogliamo vedere Gesù» (Gv 12,20-33) è ciò che chiedono a Filippo. Volere è verbo di volontà: ha spinta-a-trazione, c'è forza d'urto in avanti, è forza motrice. È anche verbo cardiaco: dice cuore, passione, sacro furore. Il vedere, invece, è gesto dello sguardo: è fare entrare il mondo negli occhi, usare il mondo come cannocchiale per contemplare se stessi. È strumento amoroso: l'amato, cercandolo, s'annuncia entrando per la porta d'ingresso dello sguardo. Quello dei Greci, oggi, è materia di trazione, hanno sguardi di fuoco. Scatena il passaparola, che è la forma di comunicazione dei Vangeli: «Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù». Il desiderio, a dirlo desiderandolo, è una sorta di trasfusione di sangue: è sangue-corrente. Il vero desiderio è sempre desiderio dell'altro. A fidarsi di Cristo, c'è solo una tristezza che pare sia veramente tale: quella di non desiderare più. Di desiderare poco.

Cristo, amante-rapace, sa di che pasta son fatti i desideri. Di com'è popolato il cuore dell'uomo in stato di desiderio: «All'interno di ogni desiderio - scrive E. Cioran - lottano un monaco e un macellaio». Cristo, più uomo di monastero che di mattanza, non si nasconde. Dice loro chi è, lo dice da poeta: celandosi in un chicco di grano, che è misurazione impercettibile: «Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto». Fiuta il rischio d'essere frainteso, che la grandezza della fama oscuri la luminosità della sua piccolezza. Agisce da chiocciola: invece che fare-un-ingrandimento di Sé, opera un rimpicciolimento. Parla di Sé lavorando di miniatura: "Volete saper chi sono? Guardate un chicco di grano: per chi vorrà capire, c'è tutto". In quella dannata piccolezza, Cristo legge riflesso il mistero della sua grandezza. Morire è verbo defunto, suona lento come le campane a lutto, porta cucito addosso il profumo del crisantemo. Vivere è verbo ostetrico, ha forza d'urto di spavento, è spinta verso l'alto. Entrambi verbi cantati dal genio dei Greci. Ciò che nessuno dei loro poeti aveva osato, lo leggono sulle labbra del Cristo-desiderato: morire, non per morire, ma per vivere. Morire per produrre, ritrarsi per conquistare, farsi piccoli per diventare giganteschi. Il Cielo imbottigliato in un chicco di grano: che nessuno confonda la grandezza con la maestà, l'ingordigia con l'acquolina.

Più che di scoraggiamento, quella di Cristo è forma di onestà: che nessuno si illuda che andarGli dietro sia cosa di poco conto. Sarà perdersi per ritrovarsi, lo svuotarsi che è condizione prima dello riempimento. Accettare di essere confinati sulla Croce per poi, da lassù in alto, illuminare il mondo intero. Attirandolo come una calamita: «Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». È stupore di fanciullo: "Mamma: la chiocciola è entrata nella casetta!" Mistero di fede: Cristo si è affittato un chicco di grano. Da là dentro giura di occupare il mondo intero.

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