TESTO Signore, nella tua luce vediamo la luce
don Walter Magni Chiesa di Milano
IV domenica di Quaresima (Anno B) (11/03/2018)
Vangelo: Gv 9,1-38b
1Passando, vide un uomo cieco dalla nascita 2e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». 3Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. 4Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. 5Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». 6Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». 9Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». 10Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». 11Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». 12Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».
13Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».
18Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». 20I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; 21ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». 22Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».
24Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». 25Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». 26Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». 27Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». 28Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! 29Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». 30Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». 34Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.
35Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.
L'episodio evangelico del cieco nato ci invita a guardare in profondità. Ad affinare lo sguardo. Imparando a guadagnare, con tanta umiltà e pazienza, l'orizzonte immenso dello sguardo di Dio. “non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi” diceva la volpe al Piccolo principe (A. de Saint-Exupéry). Ritenere di avere di norma la verità in tasca, dichiarando a tutti di dire sempre la verità è un rischio in agguato.
Lo sguardo di Dio
C'è anzitutto un Dio che vede l'essenziale, ciò che conta. Che mentre ti vede già ti comprende e ti consola. Sta scritto, infatti, che “passando, il Signore Gesù vide un uomo cieco dalla nascita”. E mentre i Suoi discepoli fanno ragionamenti complicati, Gesù passa all'azione: “sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: ‘Va' a lavarti nella piscina di Siloe' - che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva”. È lo stesso sguardo di Dio creatore del mondo e dell'uomo. Che si volta ogni sera per contemplare l'opera fatta: è tutto così bello e buono. E al termine del sesto giorno, fatto l'uomo, Dio voltandosi, vede qualcosa di straordinario: quella sua creature era stupenda, molto buona (Gn 1,31). Così anche Gesù, incontrando quell'uomo, viene preso come da un trasporto. Dal desiderio di guarirlo, di saperlo sano, rigenerato! Con un'urgenza che non sa aspettare. Rivestendolo della stessa bellezza del sesto giorno della creazione. Infatti, “bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno”. Perché “amare qualcuno è rivelargli la sua bellezza” (J. Vanier). E, come dirà più avanti ormai alla soglia della Sua passione: “non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo” (Gv 12,47). Perché questa è “una delle verità fondamentali del cristianesimo, verità troppo spesso misconosciuta: ciò che salva è lo sguardo” (S. Weil).
Vedere e non vedere
A fronte dello sguardo di un Dio che salva, stanno i nostri infiniti modi di vedere. Stando al Vangelo del cieco c'è lo sguardo corto dei discepoli; quello miope dei vicini, che non lo riconoscono più; quello impaurito dei suoi genitori, che non azzardano interpretazioni, e quello senza pietà dei farisei che lo buttano fuori dalla sinagoga, come un pubblico peccatore. Tanto che il peccato, che fa da sfondo a questi diversi modi di vedere, apre e chiude l'intero episodio. “Chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?”, dicono i discepoli all'inizio; mentre alla fine Gesù dirà ai farisei: “Siccome dite: noi vediamo, il vostro peccato rimane”. Sulle loro labbra la parola peccato diventa un'ossessione. Quasi fosse l'unico modo per interpretare la vita della gente, pretendendo così di definire la qualità della loro fede. Ma Gesù guardando al cieco pulisce subito il campo: “Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio”. Come dicesse: non inaridite la fede, non banalizzatela vedendo il peccato ovunque. Guardate anzitutto alle opere di Dio. E quei farisei l'opera di Dio l'avevano davanti, ma l'orgoglio che si portavano nel cuore li rendeva come ciechi e impermeabili alla luce di Dio. Diceva, infatti, Gesù sin dall'inizio dell'episodio “finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo”. E nella Sua luce “M'illumino d'immenso” (G. Ungaretti). Nell'esercizio continuo di vedere in Lui, di vedere come Lui. Come anche afferma il salmo “nella tua luce vediamo la luce” (Sl 36,10).
Vedere per credere
E, infine, sta il cammino di fede di quest'uomo che nato cieco giunge a vedere Colui che l'aveva guarito. Seguendo l'intero racconto siamo spettatori della sua progressiva ed emozionante illuminazione. Potremmo anche immaginarlo all'inizio, mentre ad occhi chiusi va verso la piscina di Silone. Guidato per mano da qualcuno forse, o anche solo fidandosi del suo bastone. Qui si lava e riacquista la vista. Ma la luce e i colori che cominciano ad attraversare i suoi occhi sono solo il riflesso di una luce più profonda che ormai lo abita dentro. Un'intuizione luminosa che lo porta a riconoscere che Colui che l'aveva guarito è il Figlio di Dio. Così si sentirà più libero e coraggioso. Addirittura disarmante, mentre parla con quei farisei ripiegati sui loro principi. Espressione di una religione morta, che non s'accorge più della vita che semplicemente ti sta esplodendo davanti agli occhi. Per questo uomo, Gesù è semplicemente “quell'uomo”, poi “un profeta” che solo Dio poteva inviare. Sino a quando se Lo trova davanti, quasi Gesù volesse completare l'opera che il lui aveva iniziato. La conclusione del racconto è commovente: “quando lo trovò, gli disse: ‘Tu, credi nel Figlio dell'uomo?'. Egli rispose: ‘E chi è, Signore, perché io creda in lui?'. Gli disse Gesù: ‘Lo hai visto: è colui che parla con te. Ed egli disse: ‘Credo, Signore!'. Teresa di Lisieux scriveva: “lo sguardo del mio Dio, il suo splendido sorriso. Ecco il mio Cielo!”, mentre un teologo commentava: “La santità consiste nel tollerare lo sguardo di Dio” (H. U. von Balthasar).