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TESTO Salvaci, Signore, nostro Dio

don Walter Magni   Chiesa di Milano

III domenica di Quaresima (Anno B) (04/03/2018)

Vangelo: Gv 8,31-59 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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31Gesù allora disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; 32conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». 33Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». 34Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. 35Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. 36Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. 37So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. 38Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». 39Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. 40Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. 41Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». 42Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. 43Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. 44Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. 45A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. 46Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? 47Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio».

48Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?». 49Rispose Gesù: «Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. 50Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. 51In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». 52Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. 53Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». 54Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, 55e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. 56Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». 57Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». 58Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». 59Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.

La lunga e impegnativa discussione tra Gesù e alcuni Giudei narrata dal Vangelo di oggi è carica di minacce e di presentimenti di morte. Nonostante si tratti di Giudei che “avevano creduto in lui”, manifestando da subito attese e interesse nei confronti di Gesù. Ma se nella discussione si toccano certi tasti, allora cominciano a volare parole dure, che poi diventano minacce sino a diventare odio mortale, senza più speranza.

Perché odiare Gesù?
Già non erano giorni facili per Gesù. Aveva avviato un movimento spirituale che, mentre suscitava interesse tra la gente, creava però grande opposizione da parte dei capi dei Giudei. Si sentiva spiato e controllato da loro. Giovanni annota con precisione che Gesù, desiderando salire a Gerusalemme per la festa di Pasqua, vi era andato “non apertamente, ma quasi di nascosto”. Alcuni Lo cercavano, mentre altri Lo ritenevano un imbroglione; “nessuno però parlava di lui in pubblico, per paura dei Giudei” (7,10-13). Se anche i Capi Lo volevano arrestare, “nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora” (7,30). Si può capire la curiosità della gente; la facilità con la quale cambia opinione. Ma come giustificare l'opposizione dei responsabili dell'ebraismo nei confronti di Gesù? Al punto che al termine del brano evangelico odierno si dice che quei Giudei “raccolsero delle pietre, per gettarle su di lui”. Gesù “si nascose e uscì dal tempio”, ma la Sua morte era solo rimandata. Eppure Gesù era un ebreo convinto, un rabbino che non voleva contrastare lo spirito profondo della religiosità ebraica, ma riaffermarlo con schiettezza nella sua genuinità. Anche il Suo modo di insegnare era simile a quello di tanti altri maestri. E spesso aveva dichiarato pubblicamente di non essere venuto per cambiare la Legge o i Profeti, “ma per dare compimento” (Mt 5,17). Come spiegare allora questo odio mortale verso di Lui?

La libertà di Abramo
Al centro della discussione sta la paternità di Abramo. I Giudei, affermando d'essere discendenti di Abramo, rivendicano una sorta di esclusiva nei confronti della sua relazione con Dio. Una fede che nel tempo si era codificata e definita nelle categorie proprie della tradizione religiosa del popolo d'Israele. Ed è proprio su questo che Gesù li provoca, obbligandoli ad essere più attenti e precisi nei confronti di Abramo. Più coerenti nel sentirsi suoi figli. Con una dichiarazione che subito li sconcerta: “Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Per il rabbino Gesù, infatti, Abramo non è anzitutto e solo il fondatore della religione ebraica, ma il padre di tutti coloro che credono in un Dio unico e creatore. Diventando, in forza di questa sua fede, semplicemente libero. Tanto che Abramo, dopo che era diventato amico di questo Dio, anche se era ormai anziano, comincia a camminare per strade sconosciute. Gli dirà Dio: “Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò" (Gen 12,1-2). E vattene, che traduce l'ebraico Lekh lekha! significa anche: Va' verso te stesso! Viaggia dentro di te, sentiti libero! Così Dio lo sradica dalla religiosità idolatrica della sua famiglia, cambiandogli il nome. Mettendolo alla prova, chiedendogli di sacrificare il suo unico figlio Isacco. Solo un amore folle per Dio poteva giustificare il peregrinare di quest'uomo verso terre che non vedrà. Perché sempre collocate oltre, altrove. Lungo le praterie sconfinate dell'amore.

Figli di Dio, figli di Abramo
Davvero la parola che più risuona in questa nostra Quaresima è la parola libertà. Proprio quella libertà con la quale Gesù cerca di sciogliere decisamente questi Giudei da una appartenenza religiosa diventata sempre più rigida e intollerante. Invitandoli ad abbracciare con Lui l'orizzonte più vasto e leggero della paternità di Dio. Perché, prima d'essere figli di Abramo siamo figli di Dio. E Gesù è venuto a dirci proprio questo: prima apparteniamo a Dio, cioè siamo suoi figli, poi c'è tutto lo spazio perché le forme e i riti della religione, ci aiutino a sostenere con linguaggi diversi il primato di Dio nella nostra vita. E in Gesù, Figlio di Dio e figlio dell'uomo, si raccoglie tutta la fede di Abramo. Quei Giudei, discutendo in modo così astioso con Gesù, s'erano come barricati e rifugiati nel tempio. Incapaci di accogliere la novità di Gesù che li voleva liberare. Si nascondevano dietro un'appartenenza religiosa, sbarrando le porte alla speranza. Abramo, invece, è l'uomo degli spazi aperti. Come quella notte, quando Dio gli chiese di uscire dalla tenda per guardare il cielo e contare le stelle (Gn 15,5). Così, di stella in stella, stando al Vangelo, Abramo avrà la grazia di vedere Gesù, riposando nel cuore del suo Dio: “Abramo (...) esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia”. “Quel che mi attira a te, sei tu, tu solo: è vederti inchiodato sulla croce, col corpo straziato, in agonia di morte. Il tuo amore si è talmente impadronito del mio cuore che anche se il Paradiso non esistesse, ti amerei lo stesso” (Teresa d'Avila).

 

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