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TESTO Commento su Matteo 22,1-14

Paolo Curtaz   Ti racconto la Parola

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Giovedì della XX settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (20/08/2015)

Vangelo: Mt 22,1-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 22,1-14

1Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. 12Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

La parabola raccolta da Matteo mischia diversi piani, salta subito agli occhi, inserzioni derivanti, probabilmente, da altri detti di Gesù. La prima parte racconta del rifiuto degli invitati, troppo occupati dalle cose di questo mondo per pensare seriamente a Dio. Anche noi corriamo il rischio di essere troppo indaffarati per gioire. I luoghi comuni, durissimi a morire e fomentati dai cattolici troppo devoti!, continuano a relegare la fede nelle attività doverose ma noiose, da fare il meno possibile. È giusto, credere, doveroso, certo, ma mortalmente noioso. Meglio fare come gli operai dell'ultima ora, godere la vita e i suoi eccessi per poi pentirsi verso il tramonto della vita. La città in fiamme interrompe il racconto, è Matteo ad avere inserito quella frase, come una chiave di lettura degli eventi cui ha assistito: l'assedio e la distruzione di Gerusalemme. È come se dicesse: il rifiuto, da parte della classe sacerdotale, della predicazione di Gesù ha provocato un indurimento del cuore, l'allontanamento da Dio che, come conseguenza, produce una catastrofe. No, Dio non punisce, non scherziamo. Ma se la nostra vita si gioca fuori dalla logica di Dio, se ostinatamente rifiutiamo di partecipare al banchetto nuziale, allora la nostra vita può sprofondare nelle tenebre.

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