TESTO Commento su Matteo 12,38-42
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Lunedì della XVI settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (20/07/2015)
Vangelo: Mt 12,38-42
Di quanti segni abbiamo bisogno per credere davvero che Gesù è il definitivo rivelatore del Padre? Di quante statue che piangono e di miracoli eclatanti abbiamo bisogno per arrenderci all'evidenza della fede? Sconforta e addolora l'atteggiamento dei farisei: Gesù ha parlato e ha compiuto segni inequivocabili, ha guarito ciechi e zoppi, fra la folla si aggirano sordomuti che ora cantano e lodano il Signore. Hanno visto persone scoraggiate e rassegnate rivivere, rianimate dalla speranza. Hanno visto tenerezza e dolcezza, attenzione e forza, compassione e coraggio. Ma nulla, niente da fare, il loro cuore è appesantito, indurito, inchiodato. Chiedono dei segni, come se fossero i segni a far cambiare la nostra vita. E non fosse, piuttosto, il cuore che sa leggerli a convertirci. Gesù è irritato: no, non darà altri segni se non quello di Giona. Giona, il profeta riluttante che, chiamato da Dio ad annunciare la distruzione di Ninive, preferisce scappare ben lontano dal Signore e dalla grande città. Ma, alla fine, Giona accetterà di predicare e, inaspettatamente, gli abitante di Ninive si convertiranno. Ed ecco, bene più di Giona c'è qui: il Signore Gesù benedetto...