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TESTO Commento su Luca 18,9-14

Paolo Curtaz   Ti racconto la Parola

Sabato della III settimana di Quaresima (14/03/2015)

Vangelo: Lc 18,9-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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9Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 14Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Il fariseo della parabola di oggi non dice il falso quando si vanta davanti a Dio delle sue buone azioni. Davvero è un fedele devoto e si sforza con tutti i suoi mezzi di non trasgredire neppure uno iota della Legge. D'altronde il pubblicano che si ferma in fondo alla sinagoga è veramente uno che sbaglia. Troppo spesso i pubblicani, che avevano appaltato la riscossione delle tasse dall'Impero Romano, esercitavano questa funzione con prepotenza e violenza. Gesù non loda il pubblicano a scapito del fariseo, semplicemente constata che Dio non può entrare nel cuore del fariseo perché colmo del suo ego spirituale ipertrofico. Ed è un rischio che corriamo proprio noi discepoli che già abbiamo accolto il messaggio del Signore Gesù. Il rischio, cioè, di essere talmente concentrati sulla nostra immagine spirituale da non sentire più l'abisso del nostro cuore che anela ad essere colmato dalla presenza di Dio. Corriamo il rischio di diventare dei professionisti del Sacro, degli abitudinari della fede invece di lasciare spazio allo stupore. E lo stupore nasce sempre da un'assenza, da un bisogno, dalla consapevolezza che siamo mendicanti. Cosa che ben capisce il pubblicano.

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