TESTO La religione della tenerezza
don Angelo Casati Sulla soglia
Penultima domenica dopo l'Epifania (Anno B) (04/02/2018)
Vangelo: Lc 7,36-50
36Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. 37Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; 38stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. 39Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!».
40Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». 41«Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. 42Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». 43Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». 44E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. 46Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. 47Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». 48Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». 49Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». 50Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».
Commovente e, nello stesso tempo, intrigante - intrigante per la nostra fede - questo banchetto, con invitato Gesù, in casa di Simone, un fariseo osservante. Commovente e intrigante quello che accade in questo banchetto. Più volte, ricordando il titolo di un libro di Enzo Bianchi, ci capitò di parlare di Gesù come di un rabbi che amava i banchetti. E lui ci andava, perché gli piaceva, non era un san Giovanni battista: di lui si diceva che mangiava e beveva - è il brano che precede immediatamente il nostro - .
E poi, vedete, ai banchetti, sì, si mangia e si beve. Ma spesso il banchetto, la cena, il pranzo, sono occasioni di altro: di incontri, di confronti, di amicizie. Succede ai banchetti una delle cose più belle della vita: che ci si parla, ci si confida, ci si racconta. E' un momento di spontaneità in cui, se il banchetto è vero, non ci si nasconde dietro ipocrisie, siamo quello che siamo. Al contrario se il banchetto non è vero, se è dominato dall'ufficialità, diventa la congregazione dei musi pallidi, impenetrabili, immobilizzati dalle convenienze, l'aria è di un rituale rigido. Se invitato poi al banchetto è Gesù - non nascondiamocelo - può succedere di tutto, l'inimmaginabile, l'imprevedibile.
Perché lui è l'inimmaginabile, l'imprevedibile. Questo racconto ne è un segno luminoso. Di altri banchetti nei vangeli si fa solo un cenno. Ma di questo, che accadde nella casa di Simone, si raccontano in lungo e in largo molti particolari che ce lo rendono vivo agli occhi, quasi assistessimo alla scena. Come se ne fiutassimo l'aria. L'invito, quel giorno, a Gesù era venuto da un fariseo. E tutto dava a pensare che il banchetto si sarebbe svolto secondo le regole, come comanda il galateo. Tutto a posto. Ma, a volte, tutto anche molto formale. Sembra però che le formalità non fossero proprio la cosa che più stava a cuore al Rabbi di Nazaret.
Proviamo ad immaginare: perfetto il banchetto, tutto sta procedendo secondo i sacri canoni, nulla fuori posto. E che cosa capita? Ecco un'intrusa. E chi le aveva dato il permesso? E poi, passi che arrivi inatteso, che so io, un amico, uno che, dopo tutto, stimiamo. No, entra quella. Per loro è "quella", è la "peccatrice" della città. Sembra di vederli, loro così per bene! Sbiancati in volto. E poi "quella" non solo entra. Tenesse almeno una certo contegno, un minimo di decoro, dopo tutto era in casa di altri! No, questo banchetto diventa, all'improvviso, per quei convitati, il luogo dell'assenza di un minimo di decoro, il luogo di uno scandalo.
E "quella" - per Simone e i suoi convitati era "quella" - quella non si trattiene. A gesto -scandaloso per loro - subito ne aggiunge altri e poi altri ancora. A non finire! E Luca li racconta, uno dopo l'altro, non ne tralascia uno. Tutti costernati, tutti ad aspettare che lui, Gesù, metta un freno alla donna, che la allontani, che ponga in qualche modo una distanza. Quella distanza che abita i loro occhi, distanti da quella svergognata. E Gesù legge nel pensiero, anche nel pensiero di Simone. Che non ha il coraggio delle parole, ma i pensieri li ha come incollati sul viso.
E' come se Simone, da tutto quello che sta accadendo in quella sala, si senta autorizzato a tirare una conclusione, ineccepibile per lui: Il rabbi di Nazaret, di cui tutti vanno parlando, non può essere il messia, non può essere un profeta. Un messia e un profeta avrebbero reagito in ben altro modo, avrebbero messo una distanza tra loro e la donna. Qui sta avvenendo qualcosa di inaudito! Davvero sta avvenendo qualcosa di inaudito! Prima vi dicevo che questo, come altri banchetti, di Gesù sono intriganti per la nostra fede. Che prende nettamente le distanze da una religione ridotta a esteriorità, a un perbenismo che ha cancellato dalla fede i gesti della tenerezza, per indossare la veste del rigore del giudizio dell'altro, della freddezza del precetto, dello sguardo inceneritore. L'assenza della tenerezza.
Non so - proprio non so - se qualche volta ci fermiamo a pensare che, quando Dio si è fatto uomo, ha cercato tenerezza. Quasi ne avesse bisogno. E spesso non l'ha trovata nei cosiddetti osservanti. L'ha trovata altrove. Leggo: "Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato". Di tenerezza ha bisogno Gesù.
Di tenerezza è stato testimone nel mondo. Forse a qualcuno di noi sarà venuto spontaneo chiedersi come mai questa donna abbia osato tanto nella casa del fariseo. Non era certo del gruppo delle donne che accompagnavano Gesù. Dove mai l'aveva visto? Forse un giorno il suo cuore aveva trasalito sentendolo parlare non di fuoco, ma di misericordia. Ed era stato come se si fosse sentita guardata. Guardata e non disprezzata. Lei doveva dirglielo, che uno così, un uomo religioso così, così distante dai tanti, troppi, uomini religiosi incontrati nella sua vita, un uomo religioso così, lei lo amava, lo adorava, e doveva - doveva! - dirglielo.
Profumandolo. La distanza tra Gesù e il fariseo! Tra Gesù e i funzionari di Dio. Una distanza che mi sembra abbia sottolineato una donna dei nostri giorni, Patrizia Gioia, che in una delle sue poesie in cui a interloquire, con tutta la sua immediatezza, è una ragazzina, scrive:
"Io coi sacerdoti c'ho qualche cosa strana mi fanno un po' di tristezza e un po' di pena. Sempre tristi sempre tutti neri e anche quando sorridono mi sembrano pieni di pensieri. Dio invece mi pare più contento perché non è sempre a dirti quello che devi fare Lui ti dà le cose e sei tu che devi valutare".
La poesia sembra cogliere la distanza tra Dio e i suoi ministri. Una distanza, che spero non avvenga sempre. Tra lui e noi quando diventiamo dei funzionari di Dio, funzionari senza tenerezza
E' la diversità tra la pesantezza della legge e lo stupore per la tenerezza che la donna ha sorpreso negli occhi di Gesù e che il profeta Osea aveva sorpreso negli occhi di Dio. Che dice: "Io voglio l'amore e non il sacrificio". Vorrei che ringraziassimo per la bellezza di una fede che canta la tenerezza. Vorrei pregare con voi perché ognuno di noi, per quanto gli è possibile, là dove vive, metta la sua passione per cambiare l'aria, l'aria del banchetto del mondo: da luogo del rigore a luogo della tenerezza.