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TESTO Oggi la luce risplende su di noi

don Walter Magni   Chiesa di Milano

Natale del Signore - messa nella notte (25/12/2017)

Vangelo: Gv 1,9-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 1,9-14

9Veniva nel mondo la luce vera,

quella che illumina ogni uomo.

10Era nel mondo

e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;

eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

11Venne fra i suoi,

e i suoi non lo hanno accolto.

12A quanti però lo hanno accolto

ha dato potere di diventare figli di Dio:

a quelli che credono nel suo nome,

13i quali, non da sangue

né da volere di carne

né da volere di uomo,

ma da Dio sono stati generati.

14E il Verbo si fece carne

e venne ad abitare in mezzo a noi;

e noi abbiamo contemplato la sua gloria,

gloria come del Figlio unigenito

che viene dal Padre,

pieno di grazia e di verità.

A Natale s'intuisce un inguaribile contrasto. Direbbe don P. Mazzolari: “In questo inguaribile contrasto tra noi e il dono è la sostanza del Natale, il suo divino significato, il suo segreto. Ma se mi inginocchio davanti al bambino, l'anima mia si placa nel perdono e subito mi ritrovo fratello di ognuno”. Perché il gesto che decide la qualità del Natale è inginocchiarsi davanti a un bambino!

Convertirci a Natale
Il fatto è che siamo stanchi di un Natale melenso e commerciale. Eppure ogni anno ritorna con i suoi riti e le sue retoriche melodie. Quando Gesù ci invitava a diventare piccoli come bambini parlava di conversione: “Se non vi convertirete e non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18,3). Come convertirci a Natale a un Dio bambino? Come riattivare l'aridità del cuore a sentimenti più alti? Come aprire un'intelligenza spesso addormentata ad un ascolto più sincero?
La liturgia del Natale proclama parole che dicono fatti, descrivono volti precisi. Parla di un bambino concepito per opera di Spirito santo in Maria, mentre era felicemente promessa sposa di Giuseppe. Un embrione d'uomo che in nove mesi è cresciuto nel corpo di Sua madre, diventando un bambino. Poi, una volta entrato nel mondo, sarà chiamano Gesù, come aveva detto l'angelo. Un bimbo che piange e sorride, come tutti i bambini di questo mondo. Si nutre al seno di Maria e quando si sente sazio, S'addormenta beato tra le sue braccia. Allora Maria Lo depone in una culla improvvisata. Una mangiatoia per gli animali della stalla della locanda che li ospitava. E così i Suoi genitori, in un momento di tregua, guardandosi si saranno pur detti: “che sarà mai questo bambino?” (Lc1,66).

Un bambino che è Dio
E una domanda ritorna anche per noi: come riattivare uno stupore vero davanti a questo bambino? Il fatto è sconcertante: dovremmo semplicemente inginocchiarci davanti a Gesù bambino. Senza pretendere di distinguere l'umano dal divino. Ci è chiesto di dimenticando la rigida distinzione tra Dio e l'uomo che tutte le religioni hanno sempre sostenuto. Anzi, c'è di più: ci è chiesto di cercare il divino dentro un bambino, intuendo che a partire da quel bambino si sta dischiudendo una umanità nuova. Senza precedenti. Non è più la banalizzazione del Natale che ci scandalizza. Ci impressiona piuttosto il modo nel quale Dio si è ridotto, sino all'annientamento. Come dice Paolo scrivendo ai Filippesi: “spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini” (2,6). Scriveva S. Weil che “la bellezza del mondo non è distinta dalla realtà del mondo”. A partire dal Natale di Dio nel mondo, la sua bellezza e la Sua grandezza si confondono, sino a scomparire nella bellezza e nella piccolezza di un bambino. Come se Dio stesso, facendoSi bambino, avesse voluto smuovere tutta a nostra durezza. Tutta la nostra cattiveria. Toccando e sciogliendo il nostro cuore in un estremo tentativo di convincimento. Educandoci a un poco di tenerezza. Perché tutti davanti a un bambino si possono fermare. Anzi, ti puoi, ti devi inginocchiare almeno tu.

Modulare parole di speranza
La frenesia e la corsa ai regali passa in fretta a Natale. Ma la tentazione di privilegiare le cose dimenticando i volti persiste. “Essere, mio Dio, / asino e bue / col fiato sospeso / a godere il mistero. / Noi siamo, Signore, / il tuo vivente presepe, / siamo la paglia su cui coricarti ancora” (A. Casati) Sarebbe grazia grande identificaci con qualche personaggio del presepe. L'asino o il bue, la paglia. Anche i pastori. E mentre, stupito guardi al Bambino, t'accorgi che ogni uomo Gli assomiglia. Come fosse evidente che sin dall'inizio eravamo già stati pensati e creati a immagine Sua. Così lo sguardo si allarga a quell'uomo, ad ogni uomo e tutto diventa così umano e divino ad un tempo. Nello sforzo continuo di inventare per tutti e per ciascuno motivi di speranza. Con la stessa infinita pazienza che un padre e una madre imparano quando c'è un figlio da crescere. Contemplando il divino, l'essenziale, nel tran tran del quotidiano. Quell'essenziale che si scopre poco a poco, cercando di giorno in giorno di “trovare il canto fermo su cui modulare quotidiane parole di speranza” (I. Angelini). Dunque, questo è il compito: restare in ginocchio davanti a Gesù bambino per continuare a guardare in faccia questa nostra umanità che ancora piange e si dispera. Forse in certe situazioni non ci resterà che canticchiare una ninna nanna. Magari si potrebbe acquietare un poco. Persino si potrebbe addormentare, accennando ad un sorriso con le labbra. Che sia davvero per tutti buon Natale.

 

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