TESTO E fu un parlarsi nella casa...
don Angelo Casati Sulla soglia
VI domenica T. Avvento (Anno B) (17/12/2017)
Vangelo: Lc 1,26-38
26Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
34Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.
Oggi, dopo pochi giorni, ritorniamo nella casa di Nazaret. L'abbiamo lasciata il giorno dell'Immacolata, un poco nascosti avevamo ascoltato il saluto, varcata la soglia, dell'angelo a una giovane ragazza di nome, Maria. Al saluto dell'angelo fece seguito un dialogo nella casa, una casa che forse non era molto diversa da una grotta se dobbiamo dare credito ad alcuni scavi condotti a Nazaret nel passare degli anni.
Riprendiamo il filo del dialogo, mentre a qualcuno di noi forse verrebbe spontaneo chiedersi da dove mai venga la sbobinatura di questo dialogo, se nella casa a parlarsi quel giorno erano solo loro due, la donna e l'angelo, e, testimoni di quel loro parlarsi, l'uscio e pareti della casa e forse la lampada che pioveva luce dall'alto. Al saluto "rallegrati" che veniva da un angelo, noi ci saremmo aspettati un viso di donna aprirsi a riverberi di gioia. O forse un viso intepidito da rossore per l'inatteso di cui era colmo quel saluto.
E invece dobbiamo constatare che non fu tutto così immediato, e che fu un susseguirsi di sussulti e di sentimenti, un dipanarsi a poco a poco di pensieri e di visioni. Capitava a quella ragazza come a noi peraltro di fare un passo e poi di farne un altro. Fu così che l'angelo nell'immediato, prima reazione, sì accorse come di un ombra di paura annidata negli occhi e sul volto di Maria. Scrive il vangelo: "A queste parole ella rimase molto turbata".
Ma come turbata, molto turbata? Non sono le parole che vorremmo sentirci dire tutti, parole di dilagante stupore? Sentirci dire che siamo colmi dell'amore di Dio, sentirci dire: "Il Signore è con te!"? E, notate, non all'ottativo come siamo soliti dire noi preti nelle nostre liturgie. "Il Signore sia con voi". No, all'indicativo, non come una cosa promessa, ma come una cosa che già avviene: "Il Signore è a con voi"! E noi ci immagineremmo un sussulto di gioia.
Perché il turbamento? Forse era il turbamento che si prova quando ci si sente sfiorati dal mistero. Lei che si sentiva piccola davanti a Dio. Ma vedete in noi oggi il turbamento, quando evocato è il nome di Dio, può accadere perché ancora, in qualche misura persiste una cattiva immagine di Dio cui a volte siamo stati educati e a cui purtroppo a volte educhiamo altri: il Dio punitore, un Dio che nega la tua umanità. Alla fin fine nega la tua felicità. E l'angelo a dirle che no, che lei aveva trovato grazia presso Dio, che Dio aveva un pensiero per lei, ed era un pensiero d'amore.
Questo penso sia l'insegnamento che viene a noi, l'annuncio che siamo chiamati a trasmettere, non la religione della paura di Dio, di un Dio che ti perseguita con il suo occhio indagatore, ma di un Dio che ha un pensiero per te, un pensiero buono. Di fiducia. A lei, a Maria, fu detto che avrebbe concepito e messo alla luce un figlio, il Figlio dell'Altissimo. Qualcuno di noi si immagina che queste parole le dovessero bastare. Ma noi la facciamo facile perché sappiamo come si sarebbe dipanato quel disegno che in quell'ora a lei era sconosciuto.
Una ragazza che si sente dire parole come queste, lei che ha una storia di amore con il suo uomo, di nome Giuseppe! Voi mi capite, le parole dell'angelo cadevano dentro una vita. Che era quella vita, che era fatta di quella situazione, che viveva quei sentimenti. E lei non era una donna cui va bene tutto, cui niente pone dubbi, una donna "china il capo e vai". Questa è un'immagine falsa di Maria. Questa non è fede. La fede è cammino. La fede vera è anche buio. E' anche domanda.
Maria domanda: domanda all'angelo: "Come avverrà questo perché non conosco uomo?". Non conosco nel senso di un rapporto che porti a generare. "Come avverrà questo?": si fa domande, le sono rimasti in cuore dei dubbi, vuole capire! A volte abbiamo slavato l'immagine di Maria, o anche l'immagine del credente, come di un essere che non è sfiorato da dubbi, come di un essere che non viva a volte menti di buio assoluto. Come li vivrà Maria ai piedi della croce, quel giorno capirà.
Dovette attraversare tutta la vita per capire che cosa fosse il trono nelle parole dell'angelo: "Il Signore gli darà il trono di Davide e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine". Mi viene spontaneo dire che quel giorno lei si è affidata, ma poi le toccò affidarsi ogni giorno affidarsi senza vedere. La fede è cammino, non è una volta per sempre, la fede è domanda ed è affidamento. E tutto questo avviene in un dialogo. Forse tutti noi siamo rimasti in qualche misura colpiti da questo dialogo, Lo possiamo chiamare così: il dialogo della fede in una casa, i passi della fede dentro un conversare.
Penso che sia un suggerimento che viene oggi a coloro cui sta a cuore l'annuncio della fede alle donne e agli uomini del nostro tempo. Non si parte calando dall'alto in modo dogmatico il nome di Dio. Il vangelo è buona notizia. Ci si racconta, come si raccontano l'angelo e Maria. E si parte dalla casa, si parte dalla vita.
C'è un passaggio nella "Evangelii gaudium" che mi sembra di una luminosità, di una umanità, di una concretezza che mi fa dire che dovremmo ricordarlo quando si è giustamente presi dal desiderio di comunicare Dio, Gesù, il suo vangelo che è salvezza e gioia. Spesso ci domandiamo da dove partire, qual è il primo passo.
Chiudo con le parole di papa Francesco, che scrive: "In questa predicazione, sempre rispettosa e gentile, il primo momento consiste in un dialogo personale, in cui l'altra persona si esprime e condivide le sue gioie, le sue speranze, le preoccupazioni per i suoi cari e tante cose che riempiono il suo cuore. Solo dopo tale conversazione è possibile presentare la Parola, sia con la lettura di qualche passo della Scrittura o in modo narrativo, ma sempre ricordando l'annuncio fondamentale: l'amore personale di Dio che si è fatto uomo, ha dato se stesso per noi e, vivente, offre la sua salvezza e la sua amicizia.
È l'annuncio che si condivide con un atteggiamento umile e testimoniale di chi sa sempre imparare, con la consapevolezza che il messaggio è tanto ricco e tanto profondo che ci supera sempre. A volte si esprime in maniera più diretta, altre volte attraverso una testimonianza personale, un racconto, un gesto, o la forma che lo stesso Spirito Santo può suscitare in una circostanza concreta".
L'annuncio è nella casa, come a Nazaret.