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TESTO Non aver paura di sognare

don Angelo Casati   Sulla soglia

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V domenica T. Avvento (Anno B) (10/12/2017)

Vangelo: Gv 1,19-27a.15c.27b-28 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 1,19-27a.15c.27b-28

19Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». 20Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». 21Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. 22Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». 23Rispose:

«Io sono voce di uno che grida nel deserto:

Rendete diritta la via del Signore,

come disse il profeta Isaia».

24Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. 25Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». 26Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».

15Giovanni gli dà testimonianza e proclama:

«Era di lui che io dissi:

Colui che viene dopo di me

è avanti a me,

perché era prima di me».

27colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». 28Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Ancora una volta Giovanni, figura dell'attesa. Figura dell'attesa e anche del riconoscimento dell'Atteso. Questa volta bersagliato da una gragnola di domande. A metterlo sotto torchio era una delegazione: sacerdoti, leviti, altri venivano dai farisei, mandati da Gerusalemme. Fa sempre pensare il fatto che non ci si metta la faccia, si mandano altri, e si sta ad aspettare, seduti ad aspettare la risposta.

Stava nascendo qualcosa lungo il fiume, arrivavano notizie. Le autorità religiose erano in subbuglio. Troppo movimento per chi ha in sospetto la gente attratta altrove. Divorato dal sospetto è chi si sente al centro, e vuole restare al centro dell'attenzione, della venerazione, del potere. Al centro, a Gerusalemme, si chiedevano se Giovanni non fosse un esaltato che si era messo in mente di essere lui il Messia.

"Tu chi sei?": è la domanda. Che lui fosse Giovanni lo sapevano tutti. Ma a loro interessava capire chi mai si fosse messo in mente di essere. Forse il Cristo? E lui negava. Negava tutte le loro supposizioni. E in un certo senso li spiazzava e questo li faceva morire di sconcerto. Ma allora chi era? Chi era per arrogarsi il diritto di battezzare? La risposta li destabilizzava, perché, se da un lato diceva che non era lui il Messia, dall'altra affermava di avere a che fare con lui.

E dunque il Messia era venuto? Lui, il Battista, per autodefinirsi usava due immagini: la lampada e la voce. Era lampada e voce per il Messia venuto. Due immagini - mi sono detto - che potrebbero raccontare qualcosa anche di coloro che seguono Gesù: essere lampada e essere voce. La lampada non è la luce, mostra la luce. La voce non è la parola, dà corpo, dà timbro, alla parola. Così il Battista. Così noi, se vogliamo dare testimonianza al Messia che è venuto.

Essere lampada. Gesù un giorno parlò della lampada che sta in alto nella casa, e permette alla luce di piovere su persone e cose. Mi sono ritornate alla mente le vecchie lampade: la luce affiorava dai piccoli sottili vetri. Mi sono anche detto che i vetri devono essere trasparenti per far trasparire la luce, Ma, se sono offuscati, la luce non irraggia nelle case. E la mia lampada, la mia vita, ha vetri trasparenti? O per disavventura, è offuscata? Vela la luce? Altrettanto potremmo dire della voce. Non siamo noi il Verbo, la Parola della verità e della vita, la Parola.

A volte parliamo come se fossimo noi l'ultima parola. il Verbo, è Gesù, lui la Parola. Ma tu, come Giovanni, puoi fare da tramite, puoi prestare la tua voce per dire - ed è buona notizia - per dire che l'Atteso è venuto: "In mezzo a voi sta uno che non conoscete". Non è chissà dove Il Messia: la salvezza, sta in mezzo a noi. Ed è l'origine del bene, del bene dell'umanità. Del bene della terra. Possiamo ancora sperare, possiamo ancora sognare.

Capite, c'è: è spuntato su questa terra un germoglio, inizio di una umanità e di una terra diverse, quella umanità e quella terra che noi cerchiamo. C'è il germoglio, lo chiamiamo Gesù. Inizia qualcosa di nuovo, anche se dal piccolo. Badate, erano tempi calamitosi quelli che aveva sotto gli occhi Isaia, ma ecco il profeta infondere fiducia, parlando alla sua gente di un germoglio: "Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse. Un virgulto germoglierà dalle sue radici".

Gli fa eco la lettera agli Ebrei che scrive: "E' noto che il Signore nostro è germogliato dalla tribù di Giuda". E Isaia proprio in forza di quel germoglio in venuta, rianima il suo popolo con immagini che fanno sognare. Le abbiamo ascoltate. E mi chiedevo che effetto le immagini avrebbero avuto su di noi: "il lupo dimorerà insieme con l'agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l'orsa pascoleranno insieme; il leone si ciberà di paglia come il bue. Il lattante si trastullerà nella buca della vipere e il lattante metterà la mano nel covo dei serpenti velenosi".

La conclusione: "Non agiranno più iniquamente". Pensate, un invito a sognare in un tempo come il nostro in cui si tocca - quasi palpabile nell'aria - la disillusione e i sogni non sembrano avere più cittadinanza tra noi, ma il disfattismo, la resa. Ma se non si accendono i sogni, rimaniamo come siamo. Sono i sogni che ci fanno camminare, E la parola di Dio oggi ci dava sogni.

Il pensiero mi ha portato a uno scritto di Gabriella Caramore - qualche volta mi dico che citare testi è un modo per far predicare anche i laici, soprattutto le donne -. Lei molto acutamente scrive: "Facciamoci una domanda: oggi noi siamo ancora in grado di attendere qualcosa? Siamo capaci di avere visioni? O ci siamo assuefatti all'idea di una lenta decadenza, di un lento declino senza scosse? O di una catastrofe che non avrà redenzione? Oppure bruciamo tutto in una impazienza ravvicinata, in un consumo veloce del tempo, in un urgenza ravvicinata? Oggi se qualcuno parla di "mondo che verrà" lo prendiamo come pazzo, e ne abbiamo paura, oppure sorridiamo come di una ingenuità infantile. Non riusciamo a prendere sul serio il pensiero di un lupo che pascolerà con l'agnello (...).

E tuttavia se agiamo nel presente, se siamo con pienezza dentro la vita di tutti i giorni, se cerchiamo di operare con giustizia, nella solidarietà e nella libertà, dando fondo alla nostra fatica, allora il sogno, per così dire, si configura da solo. E' il sogno che ha guidato i grandi disegni della storia. E' il sogno che ha orientato le lotte contro le discriminazioni, le schiavitù, le ingiustizie. E' il sogno che ha creato la bellezza nel mondo. Sono tracce di cammino, punti di orientamento per ciascuno". Ebbene tra le parole che papa Francesco consegnava ai giovani, nell'udienza del 20 settembre scorso, c'era anche la parola "sognare". Diceva: "E, soprattutto, sogna! Non avere paura di sognare. Sogna! Chi sogna migliora il mondo. Sogna un mondo che ancora non si vede, ma che di certo arriverà".

Mi sembra una parola per noi, per il nostro avvento: "Riprendiamo a sognare, c'è un germoglio in mezzo a noi!".

 

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