TESTO Commento su Ml 1,14- 2,2.8-10; Sal 130; 1Ts 2,7-9.13; Mt 23,1-12
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XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (05/11/2017)
Vangelo: Ml 1,14- 2,2.8-10; Sal 130; 1Ts 2,7-9.13; Mt 23,1-12
In quel tempo, 1Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli 2dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. 3Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. 4Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. 5Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; 6si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, 7dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
8Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. 9E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. 10E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. 11Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; 12chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».
Ml 1,14-2,2b.8-10; Sal 130; 1 Ts 2,7-9.13; Mt 23,1-12
I temi affrontati dalla liturgia di oggi rappresentano un programma concreto per chi voglia vivere, con coerenza e responsabilità, la sua appartenenza ecclesiale.
Il profeta Malachia si rivolge ai sacerdoti della casa d'Israele (ma potrebbe rivolgersi, oggi, a tutto il popolo cristiano, consacrato dal Concilio “profeta, sacerdote e re”) e imputa loro il peccato peggiore per un testimone e una guida: essere di inciampo a molti con il loro insegnamento. Attraverso il profeta, il Signore ha parole di fuoco contro questi maestri devianti: Voi avete distrutto l'alleanza, avete usato parzialità nel vostro insegnamento, anch'io vi ho reso spregevoli e abietti davanti a tutto il popolo.
A fronte di queste deviazioni magisteriali, Paolo - scrivendo con la sua mano callosa di lavoratore ai cristiani dell'odierna Salonicco - si propone come modello. Vi ho annunciato il vangelo di Gesù - dice Paolo - lavorando duramente notte e giorno per mantenermi, per non essere di peso a nessuno; e avrei voluto non solo annunciarvi la buona notizia, ma annunciare tutto me stesso, le mie tensioni interiori, le mie fatiche e i mie dubbi, perché vi voglio bene, “mi siete cari”. Ecco: l'apostolo è colui che ama la Parola al punto da non curarsi della fatica per annunciarla, ma soprattutto ama le persone alle quali l'annuncio è destinato.
Il Vangelo rincara la dose. Se - come dice Gesù ai discepoli in questa pagina di Matteo - “sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei”... voi fate quanto essi predicano, ma non seguite i loro comportamenti. Non legate pesanti fardelli a coloro che considerate peccatori, mentre voi vi ritenete puri e impeccabili; non pretendete i posti d'onore, ma mettetevi in fondo alla fila; non fatevi chiamare Maestri, perché solo il Cristo è il vostro Maestro. Un'autentica rivoluzione, che non solo segna il passaggio dall'ortodossia all'ortoprassi, ma che detta le regole dell'ortodossia e dell'ortoprassi e che fissa i criteri ermeneutici per definire la vera identità della Chiesa.
Un'ermeneutica che - nonostante il rovesciamento della struttura piramidale della Chiesa operata dalla Lumen gentium - non è ancora entrata a fondo nella coscienza di credenti. Se la Chiesa è il popolo di Dio, anch i discpoli possono essere i maestri: ogni essere umano è un discepolo del Cristo e dlla sua Parola di cui tutti, dal semplice “fedele” al Papa devono mettersi in ascolto. Nessuno possiede la verità tutta intera. La verità tutta intera appartiene solo a Dio.
Non nascondiamocelo: spesso si ha paura del popolo di Dio: delle sue intuizioni, della sua profezia: ma perché mai chi presiede la Chiesa dovrebbe aver paura del sensum fidelium su certi temi “caldi”, come la contraccezione, le convivenze, la comunione ai divorziati risposati, il celibato dei preti, i ministeri femminili...? Non è forse attraverso l'ascolto umile di tutti che si può realizzare la comunione ecclesiale?
È questo senso di umiltà (che papa Francesco, peraltro, ci sta testimoniando) che può portare ad una revisione del concetto di discepolato comune. Ce lo indica il salmo 131/130:
Signore, non si esalta il mio cuore
né i miei occhi guardano in alto;
non vado cercando cose grandi
né meraviglie più alte di me.
Io invece resto quieto e sereno:
come un bimbo svezzato in braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato è in me l'anima mia.
Per la riflessione di coppia e di famiglia.
- Che cosa significa, per noi e per la nostra famiglia, “essere discepoli” l'uno dell'altro?
- Ci capita di sognare, in coppia e in famiglia, una chiesa sempre meno impegnata a parlare di legge, di codici, di diritto canonico, di condanne e sempre più di amore e di misericordia?
Luigi Ghia Direttore della rivista “Famiglia Domani”