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TESTO La promessa dell'invio dello Spirito. I comandamenti come via dell'amore in Cristo

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VI Domenica di Pasqua (Anno A) (01/05/2005)

Vangelo: Gv 14,15-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,15-21

15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. 21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

1. Orazione iniziale

O Padre, già il Cristo tuo Figlio sta pregando per noi, ma Tu concedi anche al nostro cuore di aprirsi a Te nella preghiera profonda, intensa, vera, luminosa, dentro le righe di questa tua Parola, che per noi, è vita. Mandaci il Consolatore, lo Spirito di verità, perché non soltanto dimori presso di noi, ma entri dentro di noi e sia in noi per sempre. Egli è il fuoco d'amore che ti unisce a Gesù, è il bacio che vi scambiate incessantemente; fa' che anche noi, attraverso la tua Parola, possiamo entrare in questo amore e vivere di esso. Tocca il nostro spirito, la nostra mente e tutto il nostro essere, perché possiamo accogliere i comandamenti, nascosti in questi pochi versetti, osservarli, cioè viverli in pienezza e in verità, davanti a te e davanti ai nostri fratelli. Amen.

2. Lettura

a) Per inserire il brano nel suo contesto:

Questi versetti ci conducono nel luogo santo in cui Gesù ha celebrato l'ultima cena con i suoi discepoli: luogo della sua rivelazione, della sua gloria, del suo insegnamento e del suo amore. Qui siamo invitati anche noi a sedere a mensa con Gesù, a chinarci sul suo petto per ricevere il suo comandamento e prepararci, così, ad entrare anche noi, con Lui, nella Passione e nella risurrezione. Dopo il brano di 13, 1-30, che racconta i gesti, le parole, i sentimenti di Gesù e dei suoi durante la cena pasquale, con 13, 31 entriamo nelle parole del grande ultimo discorso di Gesù, che terminerà con la preghiera sacerdotale del cap. 17. Qui siamo, dunque, ancora agli inizi; in 14, 1-14 Gesù si era presentato, offerto quale via al Padre, mentre in questi pochi versetti introduce la promessa dell'invio dello Spirito santo, quale consolatore, quale presenza certa, ma anche la promessa della venuta del Padre e di Lui stesso nell'intimo dei discepoli che, per la fede, avranno creduto in lui e avranno custodito i suoi comandi.

b) Per aiutare nelle lettura del brano:

vv. 15-17: Gesù, innanzi tutto, mette in luce, davanti ai suoi discepoli, che l'amore per Lui, se è vero amore, porta infallibilmente all'osservanza dei suoi comandamenti. Vuole dirci, insomma, che se non c'è osservanza, significa che noi non abbiamo l'amore; essa è una conseguenza essenziale, irrinunciabile, che rivela se noi amiamo davvero o se ci illudiamo di amare. Gesù dice anche che il dono dello Spirito santo da parte del Padre è frutto di questo amore e di questa osservanza, che suscitano la preghiera di Gesù, grazie alla quale noi possiamo ricevere lo Spirito. E spiega chi esso è: il Consolatore, lo Spirito della verità, colui che il mondo non vede, non conosce, ma i discepoli sì, è colui che dimora presso di loro e che sarà dentro di loro.

vv. 18-20: Gesù promette la sua venuta, il suo ritorno, che sta per realizzarsi nella sua risurrezione; annuncia il suo sparire nella passione, nella morte, nella sepoltura, ma anche il suo riapparire ai discepoli, che lo vedranno, perché egli è la risurrezione e la vita. E rivela il suo rapporto col Padre, dentro il quale invita anche loro, anche noi; dice, infatti, che conosceremo, cioè sperimenteremo nel profondo. Consolazione più grande di questa non potrebbe essere promessa, in alcun modo, da nessuno al mondo, se non da Gesù.

v. 21: Qui il discorso di Gesù si allarga a tutti; passa dal "voi" dei discepoli al "chi" di chiunque cominci ad amarlo, a entrare in relazione con Lui e a seguirlo. Ciò che è accaduto ai discepoli, ai primi scelti, accade a chiunque crede in Lui. E qui Gesù apre per noi, per ognuno, il suo rapporto d'amore col Padre, perché rimanendo in Cristo, noi siamo conosciuti e amati anche dal Padre. Infine Gesù promette di nuovo il suo amore per chi lo ama e la rivelazione di se stesso, cioè una manifestazione ininterrotta del suo amore per noi.

c) Il testo:

Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi.

Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi.

Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui.

3. Un momento di silenzio orante

Queste parole del Signore mi offrono una realtà sconvolgente, enorme, che mi supera, mi avvolge e mi riempie. Sento che solo un silenzio intimo e profondo può aiutarmi ad ascoltare meglio, a lasciarmi raggiungere fino al cuore, all'anima, da Lui e dal suo dono d'amore. Il Padre è pronto a donarsi, ad accogliermi nel suo grembo; il Figlio Gesù viene a me con un amore infinito, più forte della morte; lo Spirito, che è presso di me, accanto a me, è inviato per entrare dentro, per rimanere in me per sempre. Desidero rispondere il mio sì all'Amore, fargli spazio, fargli accoglienza piena; desidero, in questa Parola, lasciarmi portare via dall'Amore, là dove Lui vorrà... così aspetto, in silenzio. Sono certo che l'Amore verrà, non tarderà, non mi lascerà orfano.

4. Alcune domande

Dopo il silenzio, la parola. Non posso più tacere, ormai; devo cominciare a parlare. Parlare prima di tutto con il Signore, che è sceso all'incontro, all'appuntamento con me attraverso i versetti di questo brano evangelico; poi parlare con me stesso, con il mio essere più profondo, più intimo, quello che vive il rapporto d'amore col Signore; infine parlare anche con i fratelli e le sorelle che incontrerò, per annunciare loro le meraviglie che ho visto, che ho vissuto.

a) Questo brano si apre e si chiude con le stesse parole: la proclamazione e l'invito all'amore verso il Signore. Comprendo che Lui ha voluto prepararmi, con questa lectio divina, un incontro forte con l'amore; forse mi spavento un po', so che non sono abituato, forse mi vergogno, forse mi ritengo superiore a questi temi così sdolcinati. Ma Lui insiste e continua a ripetere solo questo, solo l'Amore. Cosa decido di fare, allora? Rimango ed entro in questa relazione così impegnativa, così sconvolgente? Oppure me ne vado, scappo, perché ho paura, perché non me la sento di impegnarmi? Scelgo l'Amore, cioè la relazione, il mettere a confronto, lo scambio, il dono reciproco, l'offerta di me stesso? O scelgo la chiusura, la solitudine, l'isolamento assurdo di un uomo, che non vuole stare col suo Dio e con i suoi simili? Gesù dice: "Se vuoi"; Lui non mi costringe. Però so che mi sta aspettando, da tanto tempo... perché tardare ancora?

b) Leggo e rileggo il brano, perché queste parole, così cariche di significato, mi si imprimano meglio nella mente e scendano nel cuore. Noto che Gesù pronuncia con insistenza un pronome, il "voi", riferito ai suoi discepoli, a quelli di allora, ma anche a quelli di oggi. Siamo noi, ognuno visto e guardato da Lui con amore unico, personale, irripetibile, che non può essere svenduto, o scambiato. So che anch'io sono presente dentro quel "voi", che sembra generico, ma non lo è. Provo a rileggere ancora le parole di Gesù, ma ponendo il "tu" al posto del "voi" e lasciandomi raggiungere più direttamente; mi pongo faccia a faccia, occhi negli occhi con Gesù e lascio che Lui mi dica tutto, chiamandomi con un "tu" traboccante d'amore, col mio nome, che solo Lui veramente conosce... Se tu mi ami; il Padre ti darà un altro Consolatore; tu lo conosci; egli dimora presso di te e sarà in te; non ti lascerò orfano, ritornerò da te; tu mi vedrai; tu vivrai; tu saprai che io sono nel Padre e tu in me e io in te.

c) Emerge, ora, un'espressione importante di Gesù, ripetuta due volte: "osservare i comandamenti". E' una realtà importante, fondamentale, perché da essa dipende l'autenticità del mio rapporto d'amore col Signore; se io non osservo i suoi comandamenti, significa che non lo amo. Ma provo a chiedermi con più attenzione che significato abbia questo verbo, che forse sembra un po' freddo, un po' distante. Lo trovo, per es. in Mt 27, 36, dove è detto che i soldati facevano la guardia a Gesù crocifisso; si tratta, dunque, di una custodia attenta, scrupolosa, una sorveglianza instancabile. In Gv 2, 10, invece, appare col significato di tenere da parte, riservare, come dice Gesù del vino buono, custodito per la fine. 2 Timoteo 4, 7 me lo presenta in quel versetto stupendo sulla fede: "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede", mettendo in luce tutto lo sforzo, tutta l'attenzione impiegate per salvaguardare e custodire quella realtà così preziosa. Gesù, in Gv 17, 15, prega il Padre di custodire i suoi dal maligno; significa preservare, proteggere, perché niente e nessuno possa fare del male o sciupare.

Non è semplicemente un osservare freddo ed esteriore dei comandamenti di Dio o di Gesù, ma è molto di più: è un rapporto d'amore, è prendermi cura, proteggere, tenere in vita. In fondo è realizzare ciò che essi mi dicono o mi chiedono, nella mia vita di ogni giorno, in ogni momento e in ogni situazione.

5. Una chiave di lettura

Ho letto il brano più volte, ho cercato di fare silenzio, di fare spazio alla Parola; ho ascoltato, poi ho cominciato a parlare, a interrogare la Scrittura, il Signore, me stesso. Adesso è il momento del confronto ancora più stretto, dell'immersione dentro i sentieri di questo brano così ricco e traboccante. Tento di penetrare ancora meglio i significati delle parole, di incontrarmi ancora più da vicino coi personaggi che mi sono presentati: il Padre, Gesù, lo Spirito, i discepoli, il mondo.

Il Padre. Questa presenza appare subito come il punto di riferimento di Gesù, il Figlio; è a Lui che egli indirizza la propria preghiera. Dice, infatti: "Io pregherò il Padre". E' questo contatto così particolare e intimo che fa di Gesù il Figlio del Padre suo, che lo conferma continuamente in questa realtà; la relazione d'amore con il Padre viene alimentata e tenuta in vita proprio dalla preghiera, fatta durante le notti, nei momenti del giorno, nella necessità, nella richiesta di aiuto, nel dolore, nella prova più straziante. Se ripercorriamo i Vangeli, molte volte, troveremo Gesù così, preso nella relazione col Padre suo attraverso la preghiera. Posso leggere alcuni passi: Mt 6, 9; 11, 25; 14, 23; 26, 39; 27, 46; Lc 21, 21s; 6, 12; 10, 21; 22, 42; 23, 34. 46; Gv 11, 41s; 17, 1. Sento che questa via è anche per me; Gesù l'ha percorsa fino in fondo, lasciandomi le sue tracce luminose e sicure, perché io non abbia paura di seguirlo in questa esperienza. Anch'io sono figlio del Padre, anch'io posso pregarlo.

Subito dopo il Padre viene presentato da Gesù come Colui che dona. Il donare, infatti, è la caratteristica principale di Dio, che è dono ininterrotto, senza misura, senza calcolo, a tutti e in ogni tempo; il Padre è Amore e l'Amore dona se stesso, dona ogni cosa. Non gli basta averci donato Gesù, il suo Figlio prediletto, ma vuole ancora beneficarci, ancora offrirci vita e ci invia lo Spirito Santo. Infatti, come sta scritto: "Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?" (Rm 8, 32).

Ma ancora di più: il Padre ci ama (Gv 14, 23; 16, 27)! E questo suo amore ci fa passare dalla morte alla vita, dalla tristezza del peccato alla gioia della comunione con Lui, dalla solitudine dell'odio alla condivisione, perché l'amore di Dio porta necessariamente all'amore per i fratelli.

Il Figlio Gesù. In questi pochi versetti la figura e la presenza di Gesù emergono con una forza, una luminosità enormi. Egli appare subito come l'orante, colui che prega il Padre a nostro favore; alza le mani in preghiera per noi, così come le alza in offerta sulla croce.

Gesù è colui che non se ne va per sempre, che non ci lascia orfani, ma che ritorna: "Io tornerò". Se sembra assente, non devo disperare, ma continuare a credere che Lui, davvero, tornerà. "Sì, aerrò presto!" (Ap 22, 20). Tornerà e, come ha detto, ci prenderà con sé, perché siamo anche noi dove è Lui (Gv 14, 3).

Gesù è il vivente per sempre, il vincitore della morte. Egli è nel Padre ed è in noi, con una forza onnipotente, che nessuna realtà può sopraffare. Lui è dentro il Padre, ma anche dentro di noi, abita in noi, rimane in noi; non c'è altra possibilità di vita vera e piena, per noi, se non in questa compenetrazione di essere che il Signore Gesù ci offre. Lui dice sì, incessantemente e non si pente, non si ritrae.

Anzi! Egli ci ama, come il Padre ci ama e si manifesta a noi. Si dona, si offre, lasciandosi conoscere da noi, lasciandosi sperimentare, toccare, gustare. Ma è una manifestazione che va attesa con amore, come dice Paolo (2 Tim 4, 8).

Lo Spirito Santo. In questo brano lo Spirito del Signore sembra quasi la figura emergente, che abbraccia ogni cosa: egli unisce il Padre al Figlio, porta il Padre e il Figlio nel cuore dei discepoli; crea un'unione d'amore insolvibile, unione di essere. Viene subito chiamato col nome di Paraclito, cioè Consolatore, colui che rimane con noi sempre, che non ci lascia soli, abbandonati, dimenticati; egli viene e ci raccoglie, dai quattro venti, dalla dispersione e soffia dentro di noi la forza per il ritorno al Padre, all'Amore. Solo lui può operare tutto questo; è il dito della mano di Dio che, ancora oggi, scrive sulla polvere del nostro cuore le parole di un'alleanza nuova, che non potrà più essere dimenticata.

E' lo Spirito della verità, cioè di Gesù; in lui non c'è inganno, non c'è menzogna, ma solo la luminosità certa della Parola del Signore. Egli ha costruito la sua abitazione in noi; è stato inviato e ha compiuto il passaggio da presso di noi a dentro di noi. Si è fatto una cosa sola con noi, accettando questa unione nuziale, questa fusione; egli è il buono, l'amico degli uomini, è l'Amore stesso. Per questo si dona così, riempiendoci di gioia. Guai a rattristarlo, a cacciarlo via, a sostituire la sua presenza con altre presenze, altre alleanze d'amore; noi ne moriremmo, perché nessuno potrebbe più consolarci al posto suo.

I discepoli. Le parole dirette ai discepoli di Gesù sono quelle che mi interpellano più da vicino, con maggior forza; sono per me, entrano nella mia vita di ogni giorno, raggiungono il mio cuore, i miei pensieri, i miei desideri più nascosti. Mi è richiesto un amore vero, che sappia trasformarsi in gesti concreti, in attenzione alla Parola e al desiderio di colui che dico di amare, il Signore. Un amore verificabile attraverso la mia osservanza dei comandamenti. Il discepolo, poi, appare, qui come colui che sa aspettare il suo Signore, che ritorna; a mezzanotte, al canto del gallo, o già quando è mattino? Non importa; Lui ritornerà e perciò occorre aspettarlo, stando pronti. Che amore è, un amore che non veglia, che non custodisce, non protegge?

Il discepolo è anche uno che conosce; si tratta di una conoscenza donataci dall'alto, che si realizza nel cuore, cioè nella parte più intima del nostro essere e della nostra personalità, là dove noi prendiamo le nostre decisioni per agire, là dove comprendiamo la realtà, formuliamo i pensieri, vediamo, amiamo. E' la conoscenza in senso biblico, che nasce da un'esperienza forte, prolungata, intima, nasce da un'unione profonda e dal dono reciproco. Questo avviene tra lo Spirito e il vero discepolo di Gesù. Una conoscenza inarrestabile, sempre in espansione, che ci porta al Cristo, al Padre e ci pone dentro la loro comunione d'amore, eterna, infinita: "Saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi". Il discepolo è anche colui che vive, che è in, cioè dentro, in un'unione inscindibile col suo Signore; non rimane alla superficie, a distanza, a intervalli, ma lui è dentro il rapporto d'amore sempre. Ci va lui stesso, torna e ritorna, si lascia attrarre, trattenere. E così realizza la parola del Vangelo: "Chi mi ama, sarà amato dal Padre mio".

Il discepolo di Gesù, infatti, è un amato, un prediletto, da sempre e per sempre.

Il mondo. Il brano ci offre solo poche parole riguardo a questa realtà, che sappiamo molto importante negli scritti giovannei: il mondo non può ricevere lo Spirito, perché non lo vede e non lo conosce. Il mondo è cieco, è immerso nella tenebra, nell'errore: non vede e non conosce, non fa esperienza dell'amore di Dio. Il mondo rimane lontano, si volta indietro, si chiude, se ne va. Il mondo risponde con l'odio all'amore che il Signore nutre per esso: il Padre ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito. Forse anche noi dobbiamo amare altrettanto il mondo, creatura di Dio; amarlo unendoci all'offerta, al sacrificio di Gesù per esso.

Che sia qui, proprio in questo punto preciso, nell'offerta di Cristo, anche il nostro arrivo, la nostra verità più piena, più luminosa, come figli del Padre, come discepoli, come amanti? E' qui la conclusione di questa lectio divina, di questo incontro con Cristo, col Padre e con lo Spirito? Forse veramente è così; dovevamo giungere alla pienezza dell'amore, che è osservanza dei comandamenti e di quell'unico comandamento di Gesù: amate, come Io ho amato.

6. Un momento di preghiera: Salmo 22

Nella preghiera gioiosa di questo salmo, mi tuffo nella contemplazione e riassaporo, una per una, le parole che ho ricevuto in dono. Continuo l'incontro col Padre, col Figlio, con lo Spirito. Rimango dentro, in quell'unione e comunione che essi mi offrono gratuitamente, solo per amore. Mi preparo, così, a uscire di nuovo verso la comunione e la fraternità, verso il dono di me stesso agli altri; per allargare l'abbraccio vivificante che ho ricevuto.

Rit. Tu sei con me, Signore; non manco di nulla!

Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla;

su pascoli erbosi mi fa riposare ad acque tranquille mi conduce.

Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome.

Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male,
perché tu sei con me.

Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza.

Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici;

cospargi di olio il mio capo. Il mio calice trabocca.

Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita,

e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni.

7. Orazione finale

Signore, sono pieno di Te, del tuo amore; trabocco di gioia, di pace profonda. Tu mi hai amato tanto in questo incontro, attraverso la tua Parola. Ti sei donato a me in pienezza; nulla hai lasciato in abbandono di me, della mia persona, della mia storia, di tutta la mia vita. Io sono, o Signore, perché tu ci sei; sei con me, in me. Tu oggi mi hai fatto rinascere dall'alto, mi hai reso nuovo; io conosco, io vedo, io sento in me la tua stessa vita. Questa è vera Pasqua, vero passaggio dalla morte alla vita. Signore, grazie per questo amore indicibile, che mi sommerge, mi supera, eppure mi solleva, mi rialza!

Lascio qui la mia brocca vuota, inutile, incapace e corro in città, Signore; vado a chiamare i miei amici, coloro che tu ami, per dire loro: Venite anche voi a conoscere l'Amore!

Signore, un'ultima cosa: che io non ti tradisca. Se l'Amore non è donato, non è condiviso, si allontana, svanisce, si trasforma in malattia, in solitudine. Aiutami, ti prego: fa' che io sia amore.

 

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