TESTO Con l'orecchio teso
I Domenica di Avvento (Anno B) (03/12/2017)
Vangelo: Is 63,16b-17, 19b; 64,2-7; 1 Cor 1,3-9; Mc 13,33-37
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «33Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. 34È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. 35Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; 36fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. 37Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
Abbiamo tutti la memoria di un evento che consideriamo decisivo nella nostra vita perché le ha dato una svolta determinante. E se le conseguenze di questo evento sono state negative, vi ripensiamo con un senso di fatalità visto che mai potremo tornare indietro per cambiarlo. La buona notizia del vangelo odierno è che nessun evento passato della nostra vita potrà mai determinarla tanto quanto questa misteriosa ora che invece deve ancora venire, alla quale spesso si riferisce il Nuovo Testamento quando parla dell'ora del Signore.
Questa ora è il momento veramente decisivo tanto della mia storia personale che di quella di tutta l'umanità. E' il momento nel quale il Signore cesserà di essere invisibile: lo vedremo con i nostri occhi di carne, in tutta la sua bellezza e il suo splendore, perché saremo noi stessi avvolti da questo splendore, parteciperemo a questa bellezza. Sarà un momento di riscatto nel quale ogni nostra lacrima sarà asciugata (Ap 7,16-17; 21,4), ogni sofferenza cesserà, ogni ingiustizia, ogni male saranno spazzati via. Finiremo di lavorare, di penare, di sospirare; svaniranno le nostre depressioni, le nostre collere, le nostre tristezze, le nostre noie. Si dilegueranno i nostri lutti, perché tutti ci sveglieremo, anche coloro che provvisoriamente si sono addormentati. Saremo tutti convocati, i vivi e i morti - come lo promette Paolo nella prima lettera ai Tessalonicesi - il Signore stesso a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo e quindi noi che viviamo e che saremo ancora in vita, verremo rapiti insieme con loro sulle nubi, per andare incontro al Signore in alto e così per sempre saremo con il Signore (1Ts 4,13-18). Da quel momento in poi saremo con il Signore per sempre.
Ci sono ore decisive nella nostra vita, ma nessuna lo è più di questa. Tutte le gioie, i sacrifici, l'amore donato, la lunga e perseverante pazienza di oggi - tutto questo, come suggerisce Paolo, diventerà il nostro motivo di orgoglio (1 Ts 2,19) e di gioia all'avvento di questa ora.
Riguardo ad essa, ci sono dette due cose: prima di tutto che non sappiamo quando verrà (Mc 13,33) e poi che giungerà all'improvviso (Mc 13,35-36).
E' legittimo chiedersi perché il Signore ci abbia lasciato nell'ignoranza riguardo ad un evento di tale portata per la nostra vita. Perché questa ora deve essere improvvisa, perché imprevedibile?
Di sicuro non è per incuterci timore, per farci vivere nell'ansia, come se il Signore fosse simile a un datore di lavoro che si diverte a piombare all'improvviso sui suoi dipendenti sperando di coglierli in fallo per poterli punire. Colui che attendiamo è un Padre che ci ama e che amiamo, nel quale speriamo, che vuole diventare lui stesso la nostra ricompensa. La vita eterna sarà essere per sempre con questo Padre.
I primi cristiani mostravano di aver colto il vero senso di questa promessa perché la loro costante preghiera era un invito: Maranatà, vieni Signore Gesù. Non temevano questa ora, anzi pregavano per affrettarla ed in essa facevano confluire il loro desiderio. Senza rendercene conto, ripetiamo anche noi ogni giorno questo invito al Signore quando preghiamo dicendo venga il tuo regno, cioè venga il tuo giorno, venga il tuo ritorno, la tua ora, avvenga presto questo evento decisivo della mia vita, della mia storia.
Se non sappiamo quando verrà questo momento, se ci è detto che la sua venuta sarà inaspettata, sarà improvvisa, è per una ragione positiva: è per conferire un certo carattere, un certo stile alla nostra vita.
Ben quattro volte ricorre nel vangelo la parola: “Vegliate!”: Fate attenzione -dice Gesù-, vegliate (Mc 13,33). Ordina al portiere di vegliare. Poi dice ancora: Vegliate dunque (Mc 13,35). E conclude: quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate (Mc 13,37).
Veglio o vigilo per esempio quando attendo la telefonata di una persona che amo e che non ho sentito da lungo tempo. Faccio le cose di tutti i giorni, riassetto la casa, ascolto della musica, leggo, ma queste attività non mi sommergono. Mi posso anche assopire, ma non mi abbandono interamente al sonno. Ho sempre l'orecchio teso per percepire il primo squillo, per non rischiare di perdere questa chiamata alla quale tengo tanto. So che verrà, ma non so precisamente quando. Lo squillo sarà improvviso, sempre inaspettato, eppure atteso. Questa attesa non è snervante, non è angosciata, ma è serena, già contiene una anticipazione della gioia che proverò quando potrò finalmente sentire la voce amica.
La spiritualità cristiana ha battezzato questa attesa ‘desiderio'. Il cristiano desidera Dio, anela a Dio, come una cerva desidera l'acqua (Sal 42,2). Coltivare questo desiderio è il modo migliore per prepararsi ad incontrare il Signore. Anzi questo desiderio è già una delle maniere che il Signore adotta per farci percepire la sua presenza e per dilatare il nostro cuore, come lo dice così bene Agostino: “La vita di un buon cristiano è tutta un desiderio, perché attraverso il desiderio tu ti dilati. Dio, facendoci attendere, allarga il nostro desiderio. Col desiderio allarga l'animo e dilatandolo lo rende più capace. In questo consiste la nostra vita: esercitarci con il desiderio” (Agostino, Discorsi sulla prima lettera di Giovanni 4,6).
Il testo dell'omelia si trova in Luigi Gioia, “Educati alla fiducia. Omelie sui vangeli domenicali. Anno B” ed. Dehoniane. Clicca Clicca qui