TESTO E se lasciassimo dietro noi bellezza e profumo?
don Angelo Casati Sulla soglia
III domenica T. Avvento (Anno B) (26/11/2017)
Vangelo: Gv 5,33-39
«33Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. 34Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. 35Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce.
36Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. 37E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, 38e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. 39Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me».
Nell'ora in cui si attende, quando i lineamenti della persona che attendiamo, non sono ancora tutti così chiari, ai nostri occhi un poco velati - ai miei occhi addirittura consumati -, la domanda potrebbe essere questa: "E chi ci dà la prova che è lui?". Voi mi capite: siamo in bisogno di una sorta di autentificazione. Anche per Gesù. Chi o che cosa certifica per lui?
Ai giudei che lo stavano accusando soprattutto - ma non solo - per via dei suoi gesti di guarigione fatti di sabato, Gesù risponde che, alla loro domanda circa la sua identità, già aveva risposto il Battista, testimoniando per lui alle acque del fiume Giordano. Era come se il Battista avesse accesa una lampada su di lui, ma loro, presto, avevano girato via la faccia. Ora Gesù vuol dire loro che lui ha una testimonianza ancora più forte, più luminosa della lampada del Battista: a certificare per lui sono le opere che lui compie, le opere che il Padre gli ha dato da fare.
Ci chiediamo: quali sono le opere che il vangelo di Giovanni sino a questo punto ha ricordato? Ha salvato l'allegria di un banchetto di nozze facendo sì che non venisse a mancare il vino. Ha insinuato un dubbio nella mente di un capo dei farisei, Nicodemo, e insinuare un dubbio in chi è sicuro e pretende di essere maestro già è una cosa stupefacente. Ha dato l'acqua, che zampilla per la vita eterna, l'acqua della fiducia di Dio, a una donna samaritana facendole balenare lo sguardo, così diverso del Messia: Dio aveva uno sguardo per lei. Ha guarito a distanza il figlio di un funzionario regio, era un pagano, ma per lui non c'erano confini. E ora viene dall'aver guarito - basta barella! - uno storpio presso la porta delle pecore, vicino alla piscina detta Bethesda, ed era sabato!
Ecco le opere che compie, le opere che il Padre gli ha affidato, le opere che parlano per lui. Staremmo per dire: "opere belle"! Sì, belle! Un giorno ai discepoli aveva detto: "Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli" (Mt 5,16). Vedano le vostre opere buone, o, meglio, le vostre opere "belle". Gesù diffondeva bellezza, bellezza del vivere, con le sue opere. Là dove qualcuno era piegato per la fatica di vivere, lui leniva ferite, lui rialzava, riaccendeva sogni, liberava da pesantezze che incupiscono la vita. Con opere di bellezza dava testimonianza che lui veniva dal Padre.
E' con opere di bellezza - mi dico - che noi, a nostra volta, diamo testimonianza che veniamo da Gesù, che siamo estratti - per riprendere una parola del rotolo di Isaia - estratti dalla cava dei nostri padri, la cava preziosa e bellissima, la cava di Dio, delle opere di Dio, la cava di Gesù, delle opere belle di Gesù. Dovremmo prenderci cura della bellezza. Qualcuno va dicendo che c'è troppa bruttezza nel mondo.
Ma, finché lo diciamo, non succede nulla: delle parole non se ne fa nulla. Non è forse vero che noi abbiamo come un sesto senso che ci fa dire: "Ma che bello! Ma che bella persona! Ma che belle le cose che ha pensato, che ha fatto! Che belle le sue parole e che belli i suoi silenzi. Così come abbiamo un sesto senso per dire: "Ma che brutto, che volgare. Che brutti quei gesti, quelle parole, quei pensieri, quella sfrontatezza. Forse dovremmo chiederci più spesso - a proposito di ciò che facciamo o vediamo fare dagli altri - se siamo in presenza della voce "bellezza" o in presenza della voce "volgarità".
Chiedercelo più spesso e operare di conseguenza, se vogliamo - e come lo vogliamo! - che questa terra sia bella, questa città sia bella, questa chiesa sia bella e noi per primi siamo belli. Ci fanno richiamo le opere belle di Gesù. Forse dovremmo chiederci - so che la domanda forse è più pertinente per me che sono avanti negli anni, ma può forse avere una certa plausibilità anche per chi ne ha meno - chiederci: "Ho lasciato, nella mia vita, qualcosa di bello dietro a me?".
Ecco per quali pensieri mi ha fatto sconfinare il richiamo di Gesù alle sue opere. Opere che sollevavano, restituivano fiducia, aprivano orizzonti, facevano ardere i sogni. So che ne abbiamo bisogno, estremo bisogno, abbiamo bisogno di un vivere più leggero, più fiducioso, più bello. Gli altri, gli oppositori di Gesù, aggiungevano pesi, incurvavano spalle, incupivano occhi. Lui liberava, lui alleggeriva, lui rendeva belli. Parlando di opere belle, vorrei aggiungere che di norma le opere belle sono silenziose, non hanno bisogno di essere sbandierate, sono state affascinate dalla segretezza evangelica. Non hanno nulla dell'esibizione.
"Il Padre" diceva Gesù "vede nel segreto". Ti bastano i suoi occhi. Sì - vorrei dire - a chi compie le opere belle bastano gli occhi di Dio. Forse dovremmo anche chiederci perché i nostri occhi facciano tanta fatica a riconoscere le opere belle e ai goderne nel cuore. Forse per via dei nostri occhi sedotti dalla vistosità, dalla spettacolarità, dall'apparenza.
Sulla scia di questi pensieri sulla bellezza delle opere, vorrei aggiungere un pensiero sul profumo. Come dare testimonianza al Signore, come attenderlo? Oggi la seconda lettera ai Corinzi evocava l'immagine del profumo: "Noi siamo dinanzi a Dio il profumo di Cristo". "Quale gioia" - scrive, Enzo Bianchi, il fondatore della comunità monastica di Bose - "riconoscere la presenza della persona amata attraverso il profumo, prima ancora di vederla! Come se il profumo fosse l'araldo di una venuta desiderata".
Potremmo paragonare le opere belle al profumo. Ricordiamo le donne del vangelo, che, con i loro profumi, vogliono vincere il cattivo odore della morte di Gesù. Anche il profumo ha una sua segretezza, non lo vedi, ma c'è, lo senti: se c'è, lo senti. Se vivessimo con maggior limpidezza il vangelo ci sarebbe più profumo nel mondo. Così Gesù voleva i suoi discepoli, non ossessionati dalla prurigine di apparire, dall'ossessione di fare dichiarazioni, ma intenti alle cose belle, belle della bellezza di Gesù, belle della bellezza del vangelo. Al punto che in una casa, per le strade, negli ambienti più diversi la loro presenza porti bellezza, porti profumo.
Il buon profumo di Cristo nel mondo.