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TESTO Le profezie adempiute

don Walter Magni   Chiesa di Milano

III domenica T. Avvento (Anno B) (26/11/2017)

Vangelo: Gv 5,33-39 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 5,33-39

33Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. 34Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. 35Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce.

36Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. 37E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, 38e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. 39Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me.

Nella III domenica di Avvento la Parola di Dio con alcune immagini prepara l'attesa del Signore. Perché il cristiano è propriamente “colui che attende il Signore” (John Henry Newman). Anche se dobbiamo riconoscere che l'attesa del Signore che viene è praticamente assente nella vita di molti cristiani. I. Silone scriveva con rammarico: “Mi sono stancato di cristiani che aspettano la venuta del loro Signore con la stessa indifferenza con cui si aspetta l'arrivo dell'autobus”.

La “roccia da cui siete stati tagliati”
Grida anzitutto Isaia: “Ascoltatemi, voi che siete in cerca di giustizia, voi che cercate il Signore; guardate alla roccia da cui siete stati tagliati, alla cava da cui siete stati estratti”. Il profeta, a chi ancora attende giustizia, confidando nel Dio che viene, sembra dire in modo netto e deciso: guarda alle tue radici, alle tue origini. Ricordati che sei la punta estrema di una lunga storia. Scorporato da una roccia che il tempo non ha eroso e nessun terremoto è mai riuscito a frantumare. Siamo depositari di un dono irripetibile e che tutti coloro che ci hanno generato alla fede ci chiedono di custodire. Intanto la memoria va a chi per primo mi ha insegnato a balbettare parole e gesti di fede. Ricordo mia madre che al mattino mi invitava a ripetere preghiere semplici, che non ho più dimenticato: “Ti adoro mio Dio, ti amo con tutto il cuore...”. E l'immagine di mio padre, che con la sua grande mano accompagnava la mia, più piccola e incerta, tracciando il segno della croce. E mi risuona dentro la sua voce, quasi una dolce cantilena, che diceva perché lo ripetessi: “Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. Più avanti poi, fu l'incontro con un prete santo; e ancora a pazienza di alcune catechiste, e lo sguardo accogliente, carico di simpatia, di alcuni educatori. Tutti coloro che ti hanno introdotti alla fede sono stati quella roccia dalla quale siamo stati ritagliato, la cava dalla quale siamo stati estratto. Tornare agli inizi della nostra fede diventa così fondamentale. Imprescindibile, per continuare a camminare incontro al Dio che viene.

“Come una lampada che arde e risplende”
E il Vangelo ci riporta poi alla figura di Giovanni il Battista. Definito da Gesù “testimone della verità”. Non testimone di sè stesso. Tantomeno testimone di qualcuno. Il Battista è e rimane secondo il Vangelo, in modo chiaro e inequivocabile: “testimone della verità”. Testimone della verità di Gesù, che non ha avuto alcun timore a dire di Sè: “Io sono (...) la verità” (Gv 14,6). Ed è come se Gesù stesso volesse legarsi, intrecciarsi per sempre con Giovanni. Stabilendo con lui una relazione intima e profonda, che non è frutto di parentela nella carne o di appartenenza etnica o religiosa. In questo senso il Battista diventa per Gesù “come una lampada che arde e risplende”. Tanto da rinfacciare ai Suoi interlocutori il fatto che “solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce”.
La verità di Dio avanza nel mondo non in forza di chi pretende di possedere la verità perché se la porta in tasca. Gesù continua ad illuminare il mondo per l'umiltà di tanta gente, che come lampada diffondono la sua luce e il suo calore. Ripetendo senza stancarsi: “siamo semplicemente (inutili...) servi. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare” (Lc 17,10). Uomini e donne per nulla preoccupati di apparire, ma di far sì che Lui anzitutto sia visto e percepito. Del resto, era stato lo stesso Giovanni che amava dire di sé: sono l'“amico dello sposo, che è presente e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere e io diminuire” (Gv 3,29-30).

“Noi siamo (...) il profumo di Cristo”
E un'ultima immagine ce la regala Paolo, nell'epistola ai Corinti, quando afferma: voi siete “il profumo della sua conoscenza! Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo”. È urgente che ci siano dei credenti che si esercitano con intelligenza a declinare il Vangelo, come “profumo della sua conoscenza”. Individuando con profondità il linguaggio più adatto per parlare all'intelligenza umana. Paolo, tuttavia, parlando ai cristiani di Corinto, sta descrivendo un profumo che non si lascia catturare dalle nostre parole o declinare nei nostri ragionamenti. È un profumo che tutti possono avere e che è donato a tutti i credenti. Perché “voi siete il profumo di Cristo!”. Come qualcosa che semplicemente ti avvolge, impregnando di sé tutta la nostra esistenza. “Anche noi siamo, per così dire, un incensiere regale e, dovunque andiamo, spandiamo un profumo di cielo, un odore spirituale” (Giovanni Crisostomo, Omelie su 2ª Corinzi 5,2). E questo profumo tu lo senti - anzi non puoi non accorgerti - solo là dove l'amore c'è. Dove semplicemente si esprime. Come Maria di Betania quel giorno, dopo che Gesù era entrato nella sua casa. Accovacciata ai Suoi piedi, avendo preso “una libbra d'olio profumato, di nardo puro, di gran valore, unse i piedi di Gesù e glieli asciugò con i suoi capelli; e la casa fu piena del profumo dell'olio” (Gv 12,3).
“Dov'è carità e amore, lì c'è Dio”. Sono le parole di un canto: ci assicurano che, anche dai nostri più umili gesti d'amore, non può che continuare a scaturire il buon profumo di Gesù, Signore nostro.

 

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