TESTO La Sapienza che tutto può
padre Gian Franco Scarpitta S. Vito Equense
XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (12/11/2017)
Vangelo: Mt 25,1-13
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «1Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. 2Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; 4le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. 5Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. 6A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. 7Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. 8Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. 9Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. 10Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. 11Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. 12Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. 13Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».
Si torna a parlare in parabole del Regno di Dio e questa volta lo si fa “a vasto raggio”, delineando cioè come questa realtà possa anche coinvolgere piccoli aspetti d'imperfezione o di incompletezza (anche se non di peccato). La parabola matteana afferma che a formare la realtà del Regno sono “dieci vergini” che probabilmente dovevano essere state invitate a una festa di nozze. Il racconto esordisce infatti con la descrizione di queste dieci ragazze non ancora aventi marito che attendono lo sposo. Subito dopo si premura di precisare che “cinque di esse erano sagge, cinque erano stolte”. Il passo ci rammenta la parabola evangelica che, qualche settimana fa, descriveva l'invito universale del re alla festa di nozze del suo figlio, ovviamente allusiva alla Festa senza fine alla quale ci invita il Padre per le “nozze” di vita perenne con il suo Figlio Verbo fatto uomo. Cioè alla Festa solenne dell'appartenenza al Regno, paragonabile ad una festa nuziale gioiosa. Al convito nuziale del Regno siamo invitati tutti perché “tanti sono i chiamati”, tuttavia viene espulso dalla sala chi non ha indossato l'abito nuziale, cioè chi non ha presentato frutti di opere buone e di perfezione morale quel tanto da meritare la gioia della festa medesima guadagnando il Regno e la sua realtà di amore e di giustizia. Tutti siamo chiamati a prendere parte alla gioia nuziale del Regno, che consiste nel vivere la presenza radicale in mezzo a noi del Figlio di Dio Gesù Cristo, nostro Salvatore, Verbo del Padre fatto uomo, che ci si propone come “sposo” attorno al quale convogliare e rallegrarci tutti quanti. La chiamata di Dio alla gioia dell'incontro con Lui nel suo Figlio è universale, indefinita e non conosce confini di razza e di etnia e lui stesso ci ha dimostrato la misericordia con cui ha voluto rendercene partecipi, soprattutto nella croce del suo Figlio. Aspirazione di Dio è quella di riconciliarci a sé mediante Cristo, nostro sposo.
Da parte nostra occorre però un atteggiamento di corrispondenza senza retoriche o esitazioni: se si tratta per l'appunto di una gioia immensa occorre che ne rendiamo partecipi anche tutti gli altri e come potrà realizzarsi questo se non con i frutti da parte nostra di amore e di giustizia, se non con le opere, la buone disposizione d'animo, il radicale cambiamento di vita che negli atti concreti testimoni la realtà di essere davvero stati invitati a nozze? In definitiva dunque, se la misericordia divina chiama tutti al convinto di nozze, occorre prendervi parte con impegno e serietà, non presentandoci a mani vuote al salone delle feste, ma muniti di copiosi frutti di buone opere che attestino il nostro rinnovamento.
La parabola di oggi incalza su questo assunto, descrivendoci la realtà di fatto che saper corrispondere al dono gratuito della festa di nozze è questione di saggezza, o meglio di sapienza. Anche in questo contesto si nota infatti come all'incontro con lo sposo vengano invitati tutti, ingenui e astuti, prudenti e incoscienti, per estensione bravi e immeritevoli. E infatti vi presenziano delle giovani ragazze poco avvedute e maldestre, entusiaste ma istintive e fin troppo ansiose. Secondo alcuni commentatori il termine matteano “stolte” con cui esse vengono qualificate si tradurrebbe addirittura “pazze”. Com'è concepibile in tutti i casi che delle persone invitate a una festa di nozze (o comunque ad un incontro notturno con lo sposo) non si procurino olio in quantità ragionevole per attendere al buio per chissà quanto tempo? L'olio in questione è un elemento che non può mancare e che non è possibile chiedere in prestito. Queste giovani ragazze “stolte” avrebbero potuto benissimo intuire la possibilità che venisse a mancare l'olio e avrebbero potuto provvedere in tempo prima di incamminarsi all'incontro, come noi oggigiorno provvediamo all'olio del motore prima di percorrere in auto centinaia di chilometri. Non se n'erano affatto curate, non avevano probabilmente considerato di procurare olio per le torce, probabilmente perché tutte eccitate dalla solennità dell'incontro con lo sposo e dal fascino della festa.
L'atteggiamento delle vergini sagge è invece molto prudente e carico di carità anche nel diniego che esse oppongono alla richiesta delle ingenue compagne: “No, perché non venga a mancare a voi e a noi”. Se avessero accontentato le giovani sprovvedute nella loro richiesta, non avrebbero esercitato effettivamente un atto d'amore e la loro premura sarebbe caduta a vuoto: l'olio sarebbe venuto a mancare sia per le une che per le altre. “L'uomo saggio previene”, diceva Shiller. Come non è possibile essere ammessi alla festa di nozze senza indossare l'abito nuziale, parimenti non vi si può giungere con le lucerne spente, poiché l'una e l'alta cosa rappresentano l'incoerenza e la superficialità che preclude sempre il Regno dei Cieli. Giungere privi di adeguata predisposizione vuol dire non aver usato pienamente considerazione della misericordia, averla banalizzata o aver usato disattenzione intorno a ciò che in noi essa vuole suscitare e a ciò che per noi essa comporta. Non si è usato cioè un atteggiamento convinto e sapiente, come quello delle vergini prudenti. Come bambini in preda ad innocui impulsi innocenti che si entusiasmano per ogni cosa, volendo giocare con tutto senza ponderare, il nostro atteggiamento nei confronti di Dio talora può essere quello della banalità e dell'esteriorità, del fascino momentaneo e irrazionale, dell'ebrezza del momento fugace che ci porta a considerare del divino ciò che è piacevole e a trascurare quanto di serio e impegnativo comporta. Ci si lascia avvincere tante volte da un solo aspetto della religione, ma non sempre ci si lascia coinvolgere dal fascino della vita radicale in Dio.
Il ragionamento del secondo gruppo di giovani fanciulle, maturo e radicato, sottende invece quella sapienza necessaria a guadagnare il Regno di Dio con la carità concreta e con la coerenza delle buone opere. Per esercitare la carità occorre per caso essere muniti di sapienza? Certamente si, poiché per Sapienza non si deve intendere l'erudizione o la preparazione intellettuale, ma la Divina Sapienza di cui al libro di Solomone. Di essa ci dà un saggio la Prima Lettura di oggi. La Sapienza che consiste nella continua ricerca della volontà di Dio, la realtà che promana da Dio e che anzi si identifica essa stessa con il medesimo Signore, fautore di tutti i beni. Essa è finalmente lo stesso Cristo Sapienza del Padre (1Cor 1, 24). Cercare il Regno di Dio e la sua giustizia equivale a vivere nell'ottica della sua Parola, procacciare sempre la sua giustizia e nella speranza conseguire continuamente la carità effettiva e operosa.
Guadagnare la il banchetto nuziale di Dio vuol dire insomma vivere in Dio nella forma totalizzante e solo questa prospettiva può trasparire nel distintivo delle buone opere, perché indica la nostra buona identità.