TESTO Il segreto della fecondità
XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (29/10/2017)
Vangelo: Es 22,20-26; Sal 18; 1Ts 1,5c-10; Mt 22,34-40
In quel tempo, 34i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». 37Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. 38Questo è il grande e primo comandamento. 39Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 40Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
La lettera di Paolo apostolo ai Tessalonicesi che la liturgia ci propone come seconda lettura in queste ultime domeniche del tempo ordinario è relativamente corta, ma molto suggestiva. Si apre con un sentito elogio della fede, della speranza e della carità di questa comunità che si traduce in uno straordinario slancio missionario: Per mezzo vostro la parola del Signore risuona non soltanto in Macedonia e in Acaia, ma la vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne .
Il capitolo 17 degli Atti degli Apostoli ci offre un breve resoconto della evangelizzazione di questa comunità da parte di Paolo. Ci è detto che Paolo per tre sabati discusse con [i giudei] sulla base delle Scritture, spiegando e sostenendo che Cristo doveva morire e risuscitare dai morti e diceva che il Cristo è quel Gesù che vi annuncio. Questo primo passaggio è particolarmente significativo, perché - come di consueto - Paolo evangelizza predicando prima di tutto ai Giudei, a partire dalla Parola di Dio, per tre sabati di seguito. La sua predicazione consiste nello spiegare come Gesù Cristo sia la chiave di lettura della Scrittura. Ci è detto allora che alcuni furono convinti e aderirono a Paolo e a Sila, come anche un gran numero di Greci credenti in Dio e non e anche alcune donne della nobiltà. Questa evangelizzazione però risveglia anche una violenta ed improvvisa opposizione. Paolo è costretto a fuggire dopo aver appena cominciato l'evangelizzazione di questa comunità, senza aver potuto approfondirla.
Non è sorprendente allora costatare, nella prima lettera ai Tessalonicesi, che Paolo è molto preoccupato riguardo alla sorte di questa comunità. Teme che essa sia ancora troppo fragile per poter sussistere da sola dopo la sua partenza. Invia allora alcuni dei suoi collaboratori a verificare la situazione di questa Chiesa e sorprendentemente scopre che essa non solo non è scomparsa, ma che addirittura è diventata a sua volta evangelizzatrice e che la fede, la speranza e la carità regnano in essa.
Quale fu - ci si chiede allora - il segreto di questa comunità? Cosa le permise così rapidamente di sviluppare una fede, una speranza e una carità tali da poter resistere a tutte le persecuzioni e da poter, autonomamente, anche senza l'aiuto di Paolo o di altri ministri, vivere una vita cristiana così solida?
Tale segreto è svelato in questa prima lettera ai Tessalonicesi al capitolo 2, quando Paolo afferma: Noi continuamente rendiamo grazie a Dio perché ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l'avete accolta non come parola di uomini, ma quale è veramente, come parola di Dio, che opera in voi che credete .
Ecco svelato il segreto! Ecco spiegata la fecondità di questa comunità, malgrado la precarietà estrema nella quale si era ritrovata immediatamente dopo la sua prima evangelizzazione. La risposta è nella serietà con la quale hanno accolto la parola di Dio come essa è veramente, cioè come parola che agisce nel cuore dei credenti.
La parola di Dio agisce, è viva, efficace e più tagliente di una spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. A questa parola non vi è creatura che possa nascondersi, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto, dice la lettera agli Ebrei.
Leggere la parola di Dio ci mette in contatto con una realtà viva, che opera, che cambia il cuore, che alimenta la fede, la speranza, la carità. Isaia così ne spiega la fecondità: Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e farla germogliare perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola, uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero, senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata .
Il Signore ci manda la sua Parola e ci chiede di esporci ad essa, di lasciarci mettere a nudo da essa. È vero che la Parola giudica i sentimenti del nostro cuore e mette in luce tutte le nostre contraddizioni, ma lo può fare perché porta con essa la certezza della misericordia di Dio, del suo amore per noi. In questa Parola ci è elargito il senso del disegno di salvezza di Dio su di noi, è rinnovata la nostra consolazione, rafforzata la nostra fede. La parola risveglia la carità nei nostri cuori, nutre la speranza anche nel mezzo dell'oscurità del momento presente, ci assicura che Dio mai ci abbandona.
Il segreto per accedere alla stessa fecondità della comunità di Tessalonica dipende dunque dalla qualità della nostra relazione con la Parola di Dio. Basta aprire anche solo per pochi minuti il Vangelo, cercare una o due frasi che ci parlino in modo particolare e, come si dice di Maria nel Vangelo, serbarle nel nostro cuore. Costateremo meravigliati che queste parole agiranno nel nostro cuore, lo feconderanno, faranno germinare in esso la pace
Il testo dell'omelia si trova in Luigi Gioia, "Mi guida la tua mano. Omelie sui vangeli domenicali. Anno A", ed. Dehoniane. Clicca qui