TESTO Loderanno il Signore quelli che lo cercano
don Walter Magni Chiesa di Milano
II domenica dopo la Dedicazione (Anno A) (29/10/2017)
Vangelo: Mt 13,47-52
La parabola della rete gettata nel mare che Gesù ci ha raccontato è ricordata solo nel Vangelo di Matteo. Con questo racconto Gesù conclude la sezione dedicata alle parabole del regno (cap. 13) ponendoci una domanda: “avete compreso tutte queste cose?”. Per quanto il linguaggio delle parabole sia piacevole e immediato, è bene cercare di fare qualche precisazione, che ci aiuti a restare nel solco di una corretta interpretazione.
Come “una rete gettata nel mare”
Immaginiamo anzitutto quante volte Gesù avrà osservato il fine pesca, stando sulle rive del lago di Genezaret. Un giorno “vide due barche ferme a riva: da esse i pescatori erano smontati e lavavano le reti” (Lc 5,2). E cosa ha immaginato stando al racconto odierno? Che “il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci”. Lasciandosi ispirare dalla realtà delle cose, Gesù intravvede in una grande rete l'immagine più adatta per dire cos'è il regno di Dio. Evidenziando così il primato dell'accoglienza rispetto al giudizio, l'urgenza di saper abbracciare la realtà così come ti viene incontro, prima di distinguere e disquisire. Lo stile appassionato del cuore di Dio Gesù lo intravvede nel gesto ampio dei pescatori che lanciano le reti “in mare”. Carichi di attesa e di speranza. Mentre queste affondano nell'acqua, sconfinando. Sino a raggiungere il fondale. Come una grande mano che raccogliere “ogni genere di pesci”. Per sé il testo greco non parla di pesci. Dice solo che la rete prendeva “tutti i generi”. Qualsiasi cosa incontrasse sul percorso. Quasi Gesù volesse chiarirci che gli inizi del regno di Dio comportano anzitutto lo stile di una comprensione piena, a tutto tondo. Senza pregiudizi o discriminazione alcuna. Una rete che, gettata fidandosi di Lui, da risultati miracolosi: “presero una tale quantità di pesci che la rete si rompeva. Allora fecero cenno ai loro compagni, che erano nell'altra barca, perché venissero ad aiutarli. Ed essi vennero e riempirono tutt'e due le barche, tanto che stavano affondando” (Lc 5,6-7).
Discernere, senza separare
E il racconto di Gesù continua notando che la rete “quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi”. Ma precisa subito Gesù, usando il verbo al futuro: “così sarà alla fine del mondo”. Il regno di Dio su questa terra non è ancora quello del giudizio, della fine del mondo. Poi, certo, “verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti”. Eppure capita di trovare spesso dei puri che all'orizzonte non intravvedono tanto una grande rete accogliente, ma modificherebbero volentieri il Vangelo distinguendo da subito la rete dei pesci buoni da quella dei pesci cattivi. Mentre ancora viviamo di mescolanza, di meticciato. Dove bene e male si confondono. Confusi non tanto nelle cose che ci stanno intorno, ma anche dentro di noi. E questo chiede anzitutto discernimento. Capace di una pazienza che si astiene dalla precipitosità di voler sostituire gli angeli di Dio nel separare o nel gettare fuori, precipitando mezzo mondo all'inferno. E vivere nel tempo del discernimento chiede anche coraggio. Non attendismo, ma capacità di rischio, come ci testimonia papa Francesco. Un coraggio che si astiene da un giudizio che non è richiesto dal Vangelo, se è necessario dichiararlo. Sapendo piuttosto distinguere, stando in questo tempo, ciò che è giusto da ciò che è ingiusto; assumendosi in prima persona le responsabilità che ci competono. Come anche sta scritto: “Perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?” (Lc 12,57).
L'arte sapiente dello scriba
Saremo capaci di addentrarci nel grigio nel quale spesso sembra essere immersa la realtà? Alcuni, presi dal timore di non farcela - ma già si tratta di un grosso abbaglio - cedono alla logica del sentenziare senza pietà. Per loro le cose o sono solo bianche o solo nere, o sono solo giuste o solo sbagliate. Eppure non si dà che il male stia tutto da una parte, mentre nell'altra stia solo il bene. Forse questo ce lo hanno fatto credere quando eravamo bambini. Poi l'esperienza ci ha aperto gli occhi, dimostrandoci, a partire da noi stessi, che siamo un impasto di qualcos'altro. Intanto anche il mondo cambia. Nascono situazioni, s'intrecciano domande. Come vivessimo in un continuo spaesamento e travisamento delle nostre abitudini e tradizioni. Ascoltando il Vangelo ci è chiesto di riconciliarci col nostro tempo, scorgendo qualche opportunità. Se non proprio di una grazia, almeno di un'arte, nuova e antica ad un tempo. L'arte dello scriba che “divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche”. In ascolto dell'Evangelo ci è fatto dono di una saggezza che ci aiuta a tradurre le cose belle del passato dentro il presente; rideclinando le nostre tradizioni guardando al futuro. Oltre il risentimento e la tristezza. Gesù intanto ci ripete la Sua domanda: “Avete compreso tutte queste cose?”. I discepoli allora risposero: “sì”. A noi continuare a rispondere come loro, andando incontro alla realtà senza paura.