TESTO Forse fu un soffio...
don Angelo Casati Sulla soglia
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Assunzione della Beata Vergine Maria - messa del giorno (15/08/2017)
Vangelo: Lc 1,39-55
39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
46Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
47e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
48perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Assunzione di Maria, una festa che era molto cara al popolo cristiano, pur se capitava nei giorni di ferragosto e accendeva liturgie e folklore, soprattutto per strade e contrade di tanti paesi. Un mistero che ha infiammato la fantasia dei nostri più grandi artisti, quasi volessero affacciare al cielo le splendide cupole delle nostre chiese. Ora il mistero è più contenuto nelle manifestazioni esteriori. Meno vistoso. Anche nella nostra liturgia di questa sera nella città. Forse più intimo.
Che cosa faceva ardere il cuore e che cosa può oggi ancora destarlo dai nostri assopimenti? Vorrei dire: dopo quella di Gesù, la vittoria sulla morte di sua madre, una umile donna. Vorrei allargare dicendo: non solo vittoria sulla morte. Ma sulle forze di morte. Che operano già ben prima che noi moriamo. "Un inno della Chiesa ortodossa serba canta Maria come "terra del cielo", terra, adamah da cui noi come lei siamo tratti, ma terra redenta, trasfigurata grazie alle energie dello Spirito santo, terra ormai in Dio per sempre" (Enzo Bianchi).
La liturgia la celebra entrata in cielo anche con il suo corpo, quasi a dire: con tutta la sua umanità. Noi non sappiamo come avverrà, ma lasciatemi dire che è bello pensare che oltre la parete di carta noi vivremo, ma non come dimezzati in umanità. Mi è venuto spontaneo dire "oltre la parete di carta" perché, in un suo pensiero, Christian Bobin scrive: "Tra la mia vita e la mia morte, una semplice parete di carta. Io ti sento camminare dietro". Noi sentiamo Maria camminare dietro. E' viva. Il drago, spavaldo nel suo disegno di rapirle il figlio e divorarlo, è stato sbeffeggiato nel suo intento di morte.
Pensate, Maria non era altro che una ragazzina, era sull'uscio di una casa sui monti, quando, per impulso di Spirito santo, in qualche misura aveva profetizzato la vittoria, quasi i suoi occhi vedessero l'evento già presente. "Dio" - disse, ed era un canto, canto di resistenti - "Dio ha guardato la piccolezza della sua serva... ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili". Era allora una ragazza, teneva in grembo un soffio di vita. Poi sarebbe andata avanti negli anni, una donna come tante, con le cose che le toccavano ogni giorno, il grembiule e il fuoco e la lampada da accendere e l'acqua da attingere al pozzo, la tunica da tessere con fili di lana, così ogni giorno.
E poi quel male di madre il giorno in cui quel figlio decise di andarsene, ci aveva già provato a dodici anni, poi era rimasto. Ma, ecco, ora se ne andava per sempre, quasi avesse un'altra casa. E lei a guardarlo da lontano. Un po' come fosse dimenticata.
Capitò un giorno che una donna, mentre quel figlio parlava, "dalla folla alzò la voce e disse: "Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!". Ma forse nessuno era venuto a dirglielo. Forse in molti invece erano venuti a dirle che quel figlio si metteva nei guai, affrontando a viso aperto quelli detenevano potere e avevano anche potere di vita di morte. Una donna umile, Maria, diremmo, "ai margini", segnata dalla bellezza di quel figlio, ma segnata, e non poco, anche dalla sua morte.
Lui che un giorno gli era stato messo vivo sulle ginocchia, vivo nel parto, ora gli era messo, consegnato morto, sulle ginocchia, morto, morto di croce. Ebbene la sua assunzione al cielo va a porre - così mi sembra - un sigillo di bellezza su una vita, non dissimile dalla vita di tante madri, di tante donne. Una vita in cui brilla una fedeltà. Gesù, proprio il giorno in cui una donna alzò la voce a lodare sua madre per il grembo e per il latte, disse la beatitudine più grande, vera per tutti, ma vera in modo particolare per lei. Disse: "Beati piuttosto quelli che ascoltano la Parola di Dio e la osservano" (Lc11,28).
E non è forse la beatitudine che troviamo sulle labbra di Elisabetta per la cugina: "E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto"? Beata! Lasciatemi dire, sembra una canonizzazione, in anticipo, una canonizzazione sulla montagna, senza papi e senza vescovi. Da una donna a una donna.
E sulla montagna canonizzata era la fede di Maria, ma, lasciatemi dire, canonizzato, cioè ritenuto da santo, era anche un gesto, un gesto che diceva sensibilità, tenerezza, disponibilità: Maria era salita per regioni montuose per essere di aiuto alla cugina avanti negli anni, che era rimasta miracolosamente incinta.
Perdonate se mi esprimo così: se sali la montagna dell'attenzione all'altro, della disponibilità all'altro, della tenerezza, un giorno salirai il cielo. Ecco perché oggi dal cielo siamo rimandati alla terra. Mi ha colpito questa solidarietà tra donne nella casa sul monte. Quante cose avevano da raccontarsi! E nello stesso tempo - credetemi! - il cuore mi veniva triste pensando di quante offese alle donne porti il segno questa nostra stagione.
Per questo mi viene spontaneo concludere con parole non mie, ma di papa Francesco. Che dice: "Il Signore si china sugli umili, per alzarli, come proclama il cantico del Magnificat. Questo canto di Maria ci porta anche a pensare a tante situazioni dolorose attuali, in particolare alle donne sopraffatte dal peso della vita e dal dramma della violenza, alle donne schiave della prepotenza dei potenti, alle bambine costrette a lavori disumani, alle donne obbligate ad arrendersi nel corpo e nello spirito alla cupidigia degli uomini.
Possa giungere quanto prima per loro l'inizio di una vita di pace, di giustizia, di amore, in attesa del giorno in cui finalmente si sentiranno afferrate da mani che non le umiliano, ma con tenerezza le sollevano e le conducono sulla strada della vita, fino al cielo. Maria, una fanciulla, una donna che ha sofferto tanto nella sua vita, ci fa pensare a queste donne che soffrono tanto. Chiediamo al Signore che Lui stesso le conduca per mano e le porti sulla strada della vita, liberandole da queste schiavitù".