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TESTO Mio Signore e mio Dio

don Romeo Maggioni   Home Page

II Domenica di Pasqua (Anno A) (03/04/2005)

Vangelo: Gv 20,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Queste domeniche di Pasqua - ce ne sono sette, per dire una celebrazione compiuta - mirano a far capire tutta l'attualità di quell'evento di resurrezione, per la comunità credente e per la fede personale.

La scena dell'apparizione pasquale di Gesù nel cenacolo sembra disegnare, in filigrana, quel che accade in ogni celebrazione eucaristica. Giovanni vuol dirci che quell'incontro con i suoi discepoli non fu unico e irripetibile, ma che esso "accade" ogni volta che la comunità cristiana si riunisce per la Cena del Signore.

Veniamo così a capire dove avviene l'incontro col Cristo vivo, che cosa Questi provochi nella sua comunità e nella fede personale di ogni suo discepolo.

1) NELLA COMUNITA'

"Il primo giorno dopo il sabato, nel luogo dove si trovavano i discepoli venne Gesù e si fermò in mezzo a loro". Di domenica - dice la fotografia fatta da Luca della primitiva comunità cristiana - "i fratelli erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere" (I lett.). Lì, ogni volta, "Gesù mostra loro le mani e il costato" che recano i segni della sua passione e morte, e "i discepoli gioiscono al vedere il Signore". E' alla Messa che noi "annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua venuta". Lì facciamo MEMORIA attualizzata ed efficace di quegli eventi che cambiano la nostra vita e la aprono ad un nuovo destino: poiché "Egli ci ha rigenerati per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce" (II lett.).

É una rigenerazione operata dallo Spirito santo. Quel soffio vitale alitato all'origine della creazione sulla umanità (cf. Gen 2,7), produce ora la riconciliazione piena con Dio e la pace. "Alitò su di loro e disse: Pace a voi! Ricevete lo Spirito santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi". Il bene messianico essenziale (lo "Shalom") è appunto la ricomposizione del giusto rapporto col Dio della vita e degli uomini tra di loro, il perdono cioè del peccato, causa di ogni male, dell'egoismo e della morte. Diciamo nel Canone della messa: "A noi che ci nutriamo del corpo e sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito santo perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito. Egli faccia di noi un sacrificio perenne a te gradito perché possiamo ottenere il regno promesso".

É una rigenerazione che va portata a tutti gli uomini: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". La Chiesa non è per se stessa ma per il mondo: la strada della Chiesa è l'uomo. La Messa continua nella vita. E' il mistero di riconciliazione che ogni credente deve tradurre nelle pieghe della storia quotidiana. Quale grande responsabilità abbiamo! Quanto debole è in noi l'eco di quell'onda d'urto così sconvolgente che fu l'evento della risurrezione! Ogni domenica partecipiamo alla messa per ricaricarci e divenire - con la vita - testimoni del Risorto. "Avrete forza dallo Spirito santo che scenderà su di voi - ci ha detto Gesù - e mi sarete testimoni fino agli estremi confini della terra" (At 1,8).

2) NELLA FEDE PERSONALE

Ma "Tommaso non era con loro quando venne Gesù". Tommaso è il tipo del cristiano che pretende fare una verifica personale, si apparta dalla comunità e non dà credito alla fede della Chiesa: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò". La domenica successiva, di nuovo si raccoglie la comunità. Tommaso stavolta è presente. Gesù viene, interpella Tommaso...: "Non essere più incredulo, ma credente!". E Tommaso arriva alla espressione più piena della fede che abbiamo nel Nuovo Testamento: "Mio Signore e mio Dio!". La sua fede è maturata e verificata nella comunità dove il Signore si fa presente. Anche l'esperienza personale dei discepoli di Emmaus troverà conforto e verifica quando, tornati di corsa a Gerusalemme, si sentiranno dire: "Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!".

Certo la fede ha bisogno di prove perché sia un "assenso razionale". Pure il dubbio di Tommaso serve a confermarci che i testimoni oculari non erano dei creduloni. Del resto la nostra è una fede "apostolica", trasmessa da loro, in questo senso "storica". E' l'aspetto oggettivo della fede, che si fonda su dei fatti. Ma credere è non tanto sapere di quei fatti, quanto sentirli decisivi per il proprio destino e per la propria vita. Credere è riconoscere quel Gesù risorto e vivo "il mio Signore e il mio Dio", il mio Salvatore! Ora questo sta al di là del dato storico e della esperienza sensibile. Per questo Gesù dice: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!". E' quello che pensa e si auspica per ognuno di noi san Pietro nella seconda lettura di oggi: "Voi lo amate, pur senza averlo visto, e ora senza vederlo credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre conseguite la méta della vostra fede, cioè la salvezza delle anime".

In questo senso soggettivo, la fede diviene esperienza di vita, e quindi fede ecclesiale e missionaria. Si costituisce la comunità della Chiesa di Cristo e se ne diviene testimoni con la carità. "Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. E godevano la stima di tutto il popolo". E' la fede comune che suscita la comunione interna e la carità esterna. "Guarda come si vogliono bene!", dicevano i pagani dei cristiani del secondo secolo, come ci testimonia Tertulliano. E' la fede di una comunità che si ama e che si apre al servizio degli altri la sorgente prima della missionarietà, quel divenire "sale, luce, lievito e città posta su di un monte" per degli uomini distratti a cui solo ormai la sorpresa d'incontrare un gesto di gratuità fa rizzare le orecchie e dire: Qui c'è qualcosa di diverso!

Ribadiamo questa necessità della Chiesa per giungere a Dio. San Cipriano diceva: "Non può avere Dio per Padre chi non ha la Chiesa per madre". Oggi siamo tutti sotto la pressione di un grande soggettivismo, anche religioso, che provoca per lo meno adesione condizionata e parziale alla Chiesa, nel suo insegnamento e nella sua pedagogia di fede. E nei casi deteriori, sconfinamenti in devozionalismi sentimentali che sono la premessa più sicura per finire nelle mani delle sette, ormai invadenti anche da noi.

La fede l'abbiamo ricevuta nella Chiesa, ed è nella comunità cristiana che essa trova il suo sostegno e il suo alimento.

Veramente, in questo senso, si può dire: "Extra ecclesia nulla salus".

 

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