TESTO Cercate sempre il volto del Signore
don Walter Magni Chiesa di Milano
V domenica dopo Pentecoste (Anno A) (09/07/2017)
Vangelo: Lc 9,57-62
57Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». 58E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». 59A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». 61Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». 62Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».
La parola di Dio di questa domenica è segnata da alcuni imperativi che chiedono al credente il coraggio di decidersi a seguire il Signore Gesù in modo incondizionato, abbandonando persino la falsa sicurezza dell'appartenenza. Un proverbio milanese ricorda che "var pussee on andà, che cent andemm" (vale più andare, che dire andiamo). Come ci ricorda la Lettera agli Ebrei: anche "Abramo, chiamato da Dio (...) partì senza sapere dove andava".
"Vattene dalla tua terra"
Anzitutto si mette in cammino Abramo, modello di credente per tutte le religioni monoteiste. La narrazione della sua vicenda identifica l'invito di Dio ad andare con un cambiamento radicale della vita. "Il Signore disse ad Abram: ‘Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso al terra che io ti indicherò'" e subito il libro della Genesi annota: "allora Abramo partì, come gli aveva ordinato il Signore". Il credente per la Bibbia non è stagno immobile, soldato rinchiuso nella fortezza di posizioni predefinite, ma homo viator. Uomo in cammino, che cerca. E soprattutto uomo che va, uomo della via. Tutta la storia di Abram, come quella dei suoi figli, sta raccolta nel tono imperativo di un verbo: va! Vattene! In ebraico: "Lekh lekhà": "vattene per tuo conto". Anche se il significato letterale potrebbe anche essere: "Va' verso te stesso!". Cioè: cammina dentro di te. Non verso qualcosa, ma verso qualcuno. Avviando un viaggio che è anzitutto in se stesso, dovendosi allontanare dalla sua terra, dalle sue abitudini religiose, dai legami di sangue più stretti. Come anche diceva Rabbi Jehudah: mentre tutto il mondo andava da una parte, lui invece andava dall'altra. Per quanto cerchiamo di scappare, mentre sogniamo qualche giorno di vacanza, presi dalla voglia di andare, di staccare, "c'è un solo viaggio possibile: quello che facciamo nel nostro mondo interiore (...). In verità, il viaggio per i paesi del mondo è per l'uomo un viaggio simbolico. Dovunque vada è la propria anima che sta cercando" (A. Tarkowski).
"Mentre camminavano per la strada"
Anche il vangelo di Luca proposto in questa liturgia descrive Gesù che cammina: "mentre camminavano per la strada". L'immagine ricorrente di Gesù che cammina instancabilmente per le strade della Galilea e della Giudea la trovo intrigante, affascinante. Mentre si comprende che Gesù di Nazaret, più di ogni altro profeta, ha incarnato ad un tempo sia il bisogno profondo e amante di Dio di venirci incontro, sia l'inquietudine di Abramo di andare per poterLo definitivamente abbracciare. E come ancora ci è possibile incontrare Gesù, nostro Salvatore? Il vangelo ti ripeterebbe: "mentre camminavano per la strada". Come ci venisse data la grazia d'intuire che prima del Suo insegnamento, prima della Sua dottrina, va colto il segno proprio di questo Suo andare. Talvolta discreto e calmo, in altre occasioni più deciso e determinato. E nell'orizzonte del Suo camminare ti affascina la luminosità del Suo volto, mentre le Sue parole entrano nel cuore. Lui stesso, infatti, osava definirSi: "Io sono la via la verità e la vita" (Gv 14,6). Una vita. La Sua, ad un tempo strada e pienezza di verità: "le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo" (Lc 9,58). Instancabilmente, anche dopo la morte, nella pienezza della vita risorta, Gesù continua a camminare al nostro fianco: "non ci ardeva il cuore dentro di noi, mentre conversava con noi nella strada?" (Lc 24,32), dicevano stupiti i due discepoli di Emmaus.
"Seguimi!"
Qualcuno ha detto che il Vangelo respira solo sulle strade (don A. Gallo) e "uno com'è lo conosci sulla strada. Lui camminava su sabbie di strada, ai suoi piedi non rosso di tappeti in attesa, né la vita imprigionata nell'immobilità delle cerimonie, ma la vita, con l'odore della vita" (don A. Casati). E sulla Sua strada gli incontri più diversi. Chi si dichiara a Lui in modo appassionato: "Ti seguirò ovunque tu vada". Chi Lo vorrebbe seguire ponendo qualche condizione: "Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia". Altri si sentono fare direttamente da Gesù una proposta precisa e diretta: "Seguimi". Chiamate diverse, complicate dalle circostanze della vita, dove importa non lasciarSi sfuggire l'invito. SeguirLo, senza condizioni, senza confonderLo con le nostre fatiche. La sentenza finale è un monito per tutti: "nessuno che mette mano all'aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio". Se t'incammini per la Sua strada, abbandonati a Lui incondizionatamente: "Dio non si vergogna della bassezza dell'uomo, vi entra dentro (...). Dio è vicino alla bassezza, ama ciò che è perduto, ciò che non è considerato, l'insignificante, ciò che è emarginato, debole e affranto; dove gli uomini dicono ‘perduto', lì egli dice ‘salvato'; dove gli uomini dicono ‘no', lì egli dice ‘sì'" (D. Bonhoeffer). Julien Green scriveva: "Finché si è inquieti si può stare tranquilli". Anche Gesù aveva le Sue inquietudini. Facciamole nostre, mentre Lui ci prende per mano.