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TESTO Commento su Luca 9,57-62

don Michele Cerutti

V domenica dopo Pentecoste (Anno A) (09/07/2017)

Vangelo: Lc 9,57-62 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,57-62

57Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». 58E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». 59A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». 61Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». 62Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

Il filo che lega, in questa Domenica, la liturgia della Parola è la dimensione del coraggio. Il coraggio di Abramo di mettersi in gioco per il Signore e il coraggio di Sara di seguire Abramo in questo percorso. Abramo lascia le terre in cui confluiscono il Tigre e l'Eufrate per raggiungere la Terra promessa da Jhwh. Lascia quella che è considerata mezzaluna fertile e voi capite l'importanza dei campi per un mandriano come Abramo per una terra di cui non può essere se sarà abbondante come quella che sta lasciando. Abramo si fida di Dio e compie un lungo viaggio che costeggerà i fiumi giungerà nell'attuale Turchia per poi scendere verso la Terra indicata.
Pensate questo viaggio non lo compie in età giovanile, ma una età molto anziana. Non c'è età davanti a Dio sempre occorre mettersi in gioco. Abramo diventa quindi modello di fede insieme a Sara.
Non viene scelto per meriti particolari. In realtà, Abramo viene da una famiglia che serviva altri dei; questo ce lo dice il libro di Giosuè, al capitolo 24, versetto 2, parlando di lui come del "figlio di un certo Terach di Ur dei Caldei, al di là del fiume". Dunque, Abramo dal punto di vista delle sue origini familiari, non ha nulla che lo predisponga a diventare l'eletto di Dio. La sua è una famiglia nomade, e i nomadi non hanno sicurezze: il loro tetto è il cielo, il loro futuro è la sorpresa di ogni giorno. La sua è una famiglia idolatrica. Secondo alcune tradizioni rabbiniche, il papà di Abramo faceva il fabbricante di idoli. Costruiva le statuette di terracotta che si vendevano presso i templi delle varie divinità pagane e girava poi di santuario in santuario a vendere la sua mercanzia.
Certamente Abramo fu tentato di dire di no a Dio e la sua tentazione consisteva nel giudicare con la sua mente la Parola di Dio. Abramo fu fedele perché sottomise eroicamente il proprio pensiero al pensiero di Dio.
Una figura quella di Abramo che ci dovrebbe interpellare veramente su come viviamo la fede. Chiediamoci se anche noi abbiamo una fede simile a quella di Abramo: ci fidiamo di Dio anche di fronte alle prove e alle difficoltà o indietreggiamo non riconoscendo l'onnipotenza di Dio e anteponiamo i nostri ragionamenti ai pensieri di Dio? Se avessimo fede quanto un granello di senape, potremmo spostare le montagne (cfr. Mt 17, 20). La nostra fede è veramente così?
Questa domenica la chiamerei la domenica del "coraggio della fede". Coraggio a cui ci sprona anche Gesù stesso.
"Mentre andavano per la strada": già sappiamo che è la strada verso Gerusalemme, verso la Croce. Luca inizia a raccontarci il viaggio verso Gerusalemme. Gesù ha una meta precisa, dalla quale non si lascia distrarre come si può desumere dal primo incontro. Gesù non ha fissa dimora perché la sua missione è universale e non può fermarsi in nessun posto.
Il secondo breve dialogo fra Gesù e l'uomo invitato alla sequela, è certamente il più paradossale. Seppellire i propri morti era considerato un dovere essenziale, di fronte al quale anche le pratiche religiose passavano in seconda linea: "Chi si trova davanti a un suo parente morto è dispensato dalla recita dello schemà, dalla preghiera delle diciotto benedizioni e da tutti i precetti nominati dalla "torah". Ma per Gesù l'annuncio del Regno viene prima di tutto, senza eccezione, viene anche prima delle legge.
Un altro sconosciuto è disposto a seguire Gesù, ma chiede il tempo di salutare quelli di casa. La metafora di Gesù ("Nessuno che ha messo mano all'aratro...") sta a significare che la sequela non sopporta rinvii, né distrazioni, né uscite di sicurezza. Si è soliti qui fare un confronto con la vocazione di Eliseo (1 Re 19,20). Il confronto sottolinea la radicalità della chiamata di Gesù, per il quale non ci sono se e ma. Eliseo va prima a salutare i suoi di casa, il discepolo di Gesù no. Seguire Gesù è più che seguire Elia.
Cosa vuol dire avere coraggio oggi? Il cristiano non può più essere uomo di pasticceria tutto accomodante. Il cristiano è chiamato a spezzare quella cultura di morte che aleggia.
In queste giornate guardiamo all'evolversi della situazione in Gran Bretagna con il fenomeno Charlie. Si deve denunciare come uomini e donne di Chiesa l'inaccettabilità di una proposta volta a eliminare una vita solo perché ai fini economici non è conveniente. Allora si boicottino programmi televisivi che sono veri e propri lavaggi di cervello offensivi sui valori della vita. Penso a tanti film, soap opera che inneggiano all'eutanasia, all'aborto. Il cristiano deve assumere coraggio nel distanziarsi da coloro che attuano il pettegolezzo che distrugge le persone. Bisogna essere capaci come i salmoni che risalgono la corrente. Ecco il cristiano deve sapere andare controcorrente. Su questo punto Papa Francesco insiste molto perché si gioca il nostro essere cristiani.
Ultimo punto importante è il fatto che il cristiano è colui che sa denunciare le ingiustizie nei confronti dei poveri. Un cristiano che tace non smuove le coscienze.
Sono punti sui quali interrogarci per vivere nella consapevolezza di essere discepoli non di comodo che vivono la fede con un assolvimento di precetti ma con slanci mettendosi in un vero cammino di sequela.

 

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