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TESTO Se non vedo, non credo

mons. Antonio Riboldi

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II Domenica di Pasqua (Anno A) (03/04/2005)

Vangelo: Gv 20,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 20,19-31

19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Ha fatto il giro del mondo, dopo il terremoto che colpì la Valle del Belice, la fotografia di un uomo che di fronte alla sua casa appena ristrutturata, e ora sbriciolata, si volse con gesto di rabbia verso il cielo dicendo: "Se tu Dio ci sei, fatti vedere" lanciando una scarpa verso il cielo.

Ma quante "scarpe" volano contro il cielo, come una rabbia verso Dio, ogni volta che si è di fronte a prove che non riusciamo a capire ed accettare. E diciamolo con sincerità: facile parlare di amore quando questo ti ripaga con un ritorno di serenità, di "tutto va bene": ma difficile quando l'amore diventa "mistero" per la nostra natura, che vorrebbe che i conti tornassero su questa terra...dove invece, appunto per la nostra precarietà, i conti non torneranno mai, perché "questi" li farà Dio alla fine.

C'è di sicuro che nulla, ma proprio nulla, sfugge al disegno che il Padre ha su di noi. E nulla Lui permette che non sia il nostro bene...a meno che siamo noi, nella nostra folle interpretazione di una libertà che è anarchia verso il bene, a farci del male...per poi cercare responsabilità che sono totalmente nostre o meglio della nostra ignoranza.

Ce l'avevo messa tutta, parroco nel Belice, per ricostruire una comunità che mi era stata affidata ed era come non esistesse. Dopo 10 anni di duro lavoro pastorale, con i miei confratelli e con alcuni generosi che lentamente si erano fatti vicini, mi sembrava giusto di alzare a Dio un "Te Deum", grande, per il suo amore, che si era fatto meraviglia. Ma non arrivammo alla fine del Te Deum, perché il terremoto del 15 Gennaio cancellò il paese, mettendoci tutti sulla strada.

Ricordo come quella notte uscii miracolosamente dalla casa canonica risparmiata, perché costruita con sistemi antisismici, corsi a vedere cosa era rimasto in piedi. Nulla. Neppure la meravigliosa Chiesa Madre che avevamo appena finito di curare e si presentava in tutta la sua bellezza architettonica. Ricordo che così, in pigiama, mi misi di fronte a quelle macerie e rivolgendomi al Cielo chiesi a Dio: "Spiegami come ci ami", diventando anch'io Tommaso che, dopo la crocifissione di Gesù, agli apostoli che gli annunciavano: "Abbiamo visto il Signore", disse: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi...non credo". Ma quella notte la risposta il Signore me la dette subito, scuotendomi dalla mia apatia, perché c'erano persone che chiedevano aiuto da sotto le macerie. E iniziò un cammino di nuovo amore sempre certo della resurrezione.

Così il "mistero" dell'amore del Padre, spesso si incontra con la realtà dell'uomo, creato per la felicità e che si imbatte invece qui con la croce.

Così, oggi, Pietro, che aveva vissuto il momento della paura e a suo modo aveva scagliato la sua delusione, con il rinnegare Gesù per tre volte, dopo la resurrezione di Gesù scrive: "Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo: nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la resurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete stati custoditi mediante la fede, per la vostra salvezza, prossima a rivelarsi negli ultimi tempi. Perciò siate ricolmi di gioia, anche se dovete essere per un poco di tempo afflitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell'oro, che pur destinato a morire si prova con il fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo; voi lo amate pur senza averlo visto, e ora senza vederlo credete in Lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa mentre conseguite la mèta della vostra fede, cioè la salvezza delle vostre anime" (Pt. 1, 3-9).

Gesù conosceva molto bene lo scompiglio che la sua morte aveva creato nei suoi discepoli, che poche ore prima aveva chiamato amici. Il meraviglioso dono di Gesù significava partecipare a tutto quello che Lui era e viveva, compresa la Sua passione, ma anche la sua resurrezione.

Uno scompiglio che creò quella paura, quel vuoto di anima, molto simile alla morte del cuore e li costrinse a fuggire, riparandosi nel cenacolo. Difficile anche per noi cercare di entrare in quel vuoto. Lo espressero molto bene i due di Emmaus che diranno, fuggendo: "Noi speravamo che fosse Lui a liberare Israele...". E già questa speranza rivelava come non avessero "conosciuto" veramente l'opera di Dio, che non era quella liberazione terrena.

Chi di noi, carissimi, non ha passato ore di agonia di fronte a prove che di colpo cancellavano dal cuore attese cui forse avevamo dedicato tutto. Anche noi "credevamo" che la bontà del Padre fosse una liberazione da qualche fastidio qui in terra. E quando ci siamo trovati di fronte all'apparente silenzio di Dio, come gli Ebrei sotto la croce, abbiamo gridato: "Se sei Dio, scendi dalla croce e ti crederemo". Ma fosse sceso da quella croce, non avremmo mai conosciuto il Paradiso che ci attende e per cui lottiamo e soffriamo. Quanti di noi di fronte a prove a volte durissime, abbiamo avuto sulle labbra la preghiera di Gesù in croce: "Dio mio, Dio mio, perché ci hai abbandonato?"

Ma viene sempre, e per tutti, il giorno della inaspettata speranza. Come quando Gesù, il giorno stesso della sua resurrezione, apparve ai suoi discepoli.

"La sera stessa, racconta Giovanni, il discepolo che Gesù amava, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!" Detto questo mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono nel vedere il Signore" (Gv. 20, 19-31).

Ma tra loro non c'era Tommaso, il discepolo che sempre voleva "vedere" e che non crede se non vede. E rappresenta un poco tutti noi. In fondo anche noi più che delle parole, chiediamo le prove. "Vogliamo vedere", "vogliamo toccare".

E dopo otto giorni, come oggi, Gesù torna e ripete il suo saluto, non solo ma, rivolgendosi a Tommaso, dice: "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani, stendi la tua mano e mettila nel mio costato e non essere incredulo, ma credente". Rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!" E Gesù (come a rivolgersi a noi oggi, che a volte siamo come Tommaso): "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!"

Ed è quella fede che si legge negli occhi di tanti negli ospedali, nelle case, come inchiodati su una croce che non offre speranza, tuttavia con nel volto e negli occhi la gioia di non essere assolutamente traditi da Dio.

In quel gesto di Tommaso: "Se non vedo non credo", non meravigliamoci di trovarci anche noi tante volte. Cedere alla tentazione di voltare le spalle a Dio, come non fosse fedele al suo amore, è la grande tentazione di molti.

Ma a che giova voltare le spalle? Occorre la pazienza e la speranza di Maria, che visse il suo "sabato santo" in attesa. Come gli apostoli, perché è sicuro che verrà la sorpresa di Gesù, che farà irruzione nella nostra vita in tanti modi, anche con l'incontro di un amico.

Quante volte ho incontrato gente sul baratro della disperazione e, lasciandomi riempire della loro disperazione, ricambiandola con la dolcezza della fede e della carità, ho visto sciogliere sulle mie spalle lacrime, come avessero rivisto la gioia della vita. Come se Dio lasciasse alla nostra carità quel "suo mostrarsi" e quindi "vedere e toccare il suo amore".

Ed era la gioia "nuova" che vivevano le prime comunità di Gerusalemme: "I fedeli erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nella unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio, e godendo la stima di tutto il popolo" (At. 2, 42-47).
Con Madre Teresa di Calcutta prego per voi:

O Signore risorto e glorioso, che hai portato tanta gioia nella mia vita, io ti ringrazio con il sorriso quando vedo la ricchezza delle tue benedizioni.

I miei occhi sorridono quando vedo dar da mangiare ai bambini che soffrono di fame.

E si apre al sorriso la mia bocca quando vedo la gente rispondere alla tua chiamata.

O Signore, apri la mia bocca e riempila di sorriso. Noi conosceremo la tua vera essenza e rideremo cantando le tue lodi.

Grazie, Signore per questo fantastico riso gioioso.

 

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