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TESTO Cantate a Dio, inneggiate al suo nome

don Walter Magni   Chiesa di Milano

SS. Trinità (Anno A) (11/06/2017)

Vangelo: Gv 16,12-15 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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12Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.

Diciamo Trinità, ma cosa pensiamo sentendo questa parola? Cosa ci dice della sua bellezza? Di qualche espressione del suo volto? Eppure l'evangelista Giovanni dice piuttosto che "Dio è amore" e lungo un intero anno giubilare abbiamo sentito affermare che il nome di Dio è misericordia. Certo rimane solo il fatto che non siamo noi a dire Dio e a pronunciare il suo nome. Lui è piuttosto un Dio che si rivela, che ama dirsi venendoci incontro.

"Qual è il tuo nome?"
Non stiamo certo celebrando una certa idea di Dio, frutto della nostra mente, delle nostre mani. Come dice il salmo: "Gli idoli delle genti sono argento e oro, opera delle mani dell'uomo. Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono, hanno narici e non odorano" (114/115,4-7). Il clima mistico che attraversa la liturgia della Santissima Trinità è piuttosto un'oasi di pace, nella quale è bello sostare, contemplando in silenzio. Dopo il passaggio pasquale del Signore dalla morte alla vita, dopo il vento impetuoso e il fuoco avvolgente dello Spirito di Pentecoste, questo è il momento per fermarsi, gustando la fragranza del Suo pane, il pane che Dio ti porge con le Sue mani. Come Mosè che s'era tolto i sandali davanti al roveto ardente, osando domandare: "Qual è il tuo nome?" (Es 3,13-14). Come avvenne anche ad Abramo che, mentre sedeva sulla soglia della tenda, vide tre uomini avanzare. Li accolse e cominciò a conversare con loro. Questa è una verità: il nostro Dio non sa stare chiuso in Se stesso. Ama avanzare, venirci incontro. Passeggiare con noi, come aveva cominciato a fare con Adamo nel giardino della creazione (Gn 3,8). Un Dio che ci viene a cercare, che non sopporta le distanze. Sino a diventare l'Emmanuele, Dio con noi. Dio per noi, Dio dentro di noi. E già qui scatta qualcosa di indicibile. Qualcosa che è più semplice gustare, contemplare che cercare di spiegare. La realtà profonda della comunione eucaristica che stiamo celebrando.

Gesù, narrazione di Dio
Alla scuola di un rabbino famoso arriva un giovane ebreo. Mentre quello continuava a parlare a suo modo di Dio gli disse a bruciapelo: "ma di quale Dio stai parlando? Raccontacene un altro!". Certe immagini di Dio, certe discussioni a riguardo di Dio assomigliano più a un teorema che alla bellezza di un volto, che al profumo che segnala una presenza. Più spesso diciamo al mondo "un Dio che è morto", come cantava una vecchia canzone. Superando in ogni caso l'irenismo che fa ancora dire ad alcuni che in fondo crediamo tutti nello stesso Dio! Il dialogo religioso non appiattisce Dio e il volto di Dio che Gesù ha raccontato non è puzzle fatto di tessere che dobbiamo cercare di indovinare e comporre. Il volto di Dio risplende anzitutto nel volto di Gesù. Perché Lui per primo ce l'ha definitivamente raccontato. Così che guardando a Lui, parole come grazia, amore, perdono e misericordia diventano vive e concrete, affidabili e ripetibili. Al punto che contemplando la Sua parola potremo risentire ancora quel tono, quell'accento commosso, quel Suo timbro col quale ci ha insegnato a invocare Dio dicendo "Abbà" (Mc 14,36), Padre, Babbino mio. Con quella tenerezza e commozione con la quale, parlandoGli a tu per tu, diceva "che siano tutti uno, come tu, o Padre, sei in me e io in te; siano anch'essi uno in noi, affinché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17,21).

"Molte cose ho ancora da dirvi..."
Nel brano evangelico di questa liturgia Gesù dice ai Suoi discepoli: "molte cose ho ancora da dirvi...". Come avesse ancora molte altre cose da comunicarci a riguardo del volto di Dio, di certe sfumature del Suo cuore, di alcuni accenti, forse anche dei Suoi sogni. Perché la verità a riguardo di Dio e del Suo mondo non è un muro di fine corsa. È, piuttosto, una porta che ti si spalanca davanti, introducendoti in una relazione senza fine. Nel rispetto dei tuoi tempi, dei ritmi a volte affaticati o stanchi dell'esistenza. Gesù ci ha voluto portare sulla soglia del cuore del Padre Suo e, giunto ormai al termine della vita, ci affida allo Spirito Santo: "Molte cose ho ancora da dirvi (...). Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità". Troppo spesso abbiamo paragonato la verità di Dio a una roccia solida e ferma. E questo ha generato tra le religioni guerre, uccisione e morte. Appoggiandoci alla pretesa di una verità forte per dire Dio, meno affidandoci all'amore e alla bellezza, nel Suo nome ha prevalso la logica del dominio e dell'imposizione. Eppure Gesù questo non l'ha mai detto. Soprattutto non l'ha dimostrato. Dio non sta nell'arroganza. Nemmeno nell'arroganza della verità. Ama piuttosto nasconderSi nel suono di un silenzio sottile. Nel sussurro di quello Spirito, che Gesù chiama "spirito della verità". A Lui e a Lui soltanto - grazia evangelica inestimabile - il compito di guidarci "a tutta la verità". Pienezza della verità. La verità tutta intera del nome di Dio.

 

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