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TESTO Pasqua, il giorno del Signore senza tramonto

mons. Antonio Riboldi

Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore (Anno A) (27/03/2005)

Vangelo: Gv 20,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Credo che tanti di noi, e spero tutti, abbiamo vissuto la settimana santa con i grandi misteri dell'amore che Dio ha per noi, facendoci quasi "ubriacare" dalla commozione che viene dalla fede e dalla gioia di sentirci tanto amati da Gesù.

E in questi giorni santi, tante volte ci siamo chiesti: "Ma chi siamo veramente noi, da essere oggetto di amore di Dio: un Padre che troppe volte forse non è il centro della nostra attenzione, ma alla periferia, se non addirittura alla porta del cuore...perché ingombro di tanti che non sono padri, ma sono ladri di gioia, illudendoci che loro, e solo loro, sono la vera sorgente della felicità: ignorando che non vi può essere per l'uomo, per nessuno, una felicità che non sia figlia dell'amore del Padre. Lui è l'Amore.

Come gli Apostoli, forse, ci siamo seduti alla mensa dell'ultima cena ed abbiamo accettato il pane ed il vino offerti da Gesù, che ci dice: "Prendi e mangia questo è il mio corpo"; "prendi e bevi questo è il calice del mio sangue", senza afferrare l'immensità di quel dono di vita, che si offre ogni giorno, anche oggi, sulla terra: un dono che rischia di essere messo tra quelli che contano poco e quindi trascurato.

Forse anche per noi Gesù, come fece con gli Apostoli, si mise il grembiule per lavarci dalle nostre infinite immondizie, che sono i peccati, ma senza che capissimo la bellezza che uscì dal Padre al ritorno del figlio prodigo, quando correndogli incontro, commosso, gli gettò le braccia al collo, e lo baciò dicendo: "Vestitelo delle vesti nuove e fate festa perché questo mio figlio era morto ed ora è risorto".

O forse, Dio non voglia che, come tentò di fare Pietro, ci siamo rifiutati di risuscitare a vita nuova, preferendo vivere a modo nostro, finendo a volte come il figlio prodigo, a contendere per la fame le carrube ai porci, infinitamente soli e infelici, quando a portata di mano c'era una casa paterna che ci aspettava. O forse ci siamo lasciati prendere dalla convinzione che da quel Crocifisso e sepolto c'era poco da attendere di buono e quindi era meglio voltarGli le spalle, senza più speranza, affidandoci a noi stessi o a false illusioni.

Forse non ci ha neppure sfiorato la paura degli apostoli, dopo la morte in croce di Gesù, quella della nostra solitudine in un mondo senza amore.

Ma venne il terzo giorno, tante volte promesso da Gesù, il giorno della resurrezione, il giorno che cambiava letteralmente il corso e la faccia della umanità, che vedeva spalancato il cielo a tutti e chiedeva solo di inebriarsi di gioia.

Fu così per chi amava davvero il Maestro, di quell'amore che anche qui non conosce la misura del tempo e la catena della ristrettezza. A Maria, che amava svisceratamente Gesù, da non sapere distinguere amore e vita, parve una eternità quel sabato santo, che impediva almeno di recarsi al sepolcro.

Ma quando fu l'alba del terzo giorno, corse per imbalsamare il Maestro, come a scrivere su quel corpo martoriato il poema del suo amore senza fine. E trovò il sepolcro vuoto. Sembrava impossibile che quel corpo sepolto potesse più interessare qualcuno. I crocifissori avevano saziato la loro sete di morte. Piangendo chiede ad uno, che sembrava un giardiniere, dove avesse posto Gesù. Glielo chiedeva piangendo e pregandolo di dirgli dove era. E "al giardiniere", bastò una parola per descrivere che era risorto. Semplicemente la chiamò, come si usa tra chi veramente si ama. "Maria!" Una voce, quella, che immediatamente fece cadere dolori e dubbi, fino a spalancare le porte del cuore all'infinito, come quando la gioia è tanto piena da cancellare i ricordi della sofferenza. E' il paradiso della resurrezione.

Così canta oggi la Chiesa: "Raccontaci, Maria, che hai visto per via? La tomba del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto, e gli angeli suoi testimoni, il sudario e le sue vesti. Cristo, mia speranza, è risorto e vi precede in Galilea. Sì, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto. Tu, re vittorioso, portaci la tua salvezza". (dalla sequenza della S. Messa)

Gli risponde Paolo, altro innamorato di Cristo: "Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo, assiso alla destra di Dio: pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è oramai nascosta con Cristo in Dio! Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, anche voi sarete manifestati con lui nella gloria" (Col. 3,1-4).

Veramente anche noi ora non apparteniamo più alla morte, ma alla resurrezione. La Pasqua ci invita a entrare in questa nuova dimensione della vita: la vera dimensione che il Padre aveva donato creandoci. Non apparteniamo più al mondo, ma a Cristo.

Scrive Karl Adam: "Ciò che Gesù vivente non aveva potuto fare, Gesù morente e sepolto lo aveva realizzato. Egli aveva definitivamente guarito i discepoli dalla loro fede ingenua, puerile, in un disegno di Dio concepito secondo la maniera umana, cioè seminato di fiori, pieno di splendore e di gloria, invece di essere il camino della sofferenza e della croce. Per la prima volta, in presenza della croce e poi della resurrezione, essi sono stati carezzati da un soffio che veniva dalla eternità, ben diverso da quello della terra, un soffio di quella saggezza che davanti al mondo, non è che follia. Un vuoto era scavato nelle loro anime, uno spazio si faceva libero per accogliere le possibilità di Dio. La morte di Gesù e la sua resurrezione apriva finalmente le loro anime alla prodigiosa e inverosimile profondità del consiglio divino, e rendeva la via libera ad una intelligenza veramente "spirituale" di Cristo".

Siamo davvero tutti stanchi, depressi, dal vuoto di speranza, che poteva essere il sabato santo degli apostoli. A volte siamo preda della paura di essere finiti in un tempo che rischia di metterci tutti in croce, senza una ragione. E' facile incontrare uomini, donne, giovani, in cui si è spento il sorriso, come se la vita non avesse più qualcosa di bello da offrire o narrare.

E ci si chiede a volte quello che un giorno un giovane scrisse ai suoi genitori: "Carissimi, tutto quello che voi potevate darmi è finito ed ora la vita ha più nessun interesse per essere accettata. Per cui vi ringrazio di cuore e vi restituisco ciò che mi avete dato certamente con amore. Solo che il vostro amore ha un difetto: non offre niente di infinito". E si impiccò credendo così di chiudere il conto con la vita.

La Pasqua invece apre il conto della vita, perché offre spazi infiniti di gioia che entrano nella eternità.

Quante volte ho sentito sulle labbra di fratelli e sorelle, che hanno vissuto da risorti, l'espressione, prima di morire: "Ora è tempo di gioia, perché è venuto il giorno della mia resurrezione". Risorgere a vita nuova con Cristo era sempre la gioia dei martiri che "vedevano aprirsi i cieli per farsi incontro a loro".

I primi cristiani, usavano dare voce alla resurrezione con il saluto dell'Alleluia! Altri, incontrandosi dicevano: "Cristo è risorto" e si rispondeva "Alleluia!". Questo è il giorno che ha fatto il Signore: un giorno di luce anche quando siamo sulla croce, di quella gioia che vorremmo avere tutti perché oramai in Cristo apparteniamo al Cielo e non alla terra. Quella gioia di cui ha bisogno il mondo che si sente orfano e che ha bisogno di credere nel Paradiso. Ma bisogna avere la fede e l'amore di Maria di Magdala, degli apostoli, dei santi.

Carissimi, viviamo la Pasqua di resurrezione del Signore. E' il giorno del Signore che non conosce tramonto, facendo tramontare definitivamente il giorno dell'uomo che ha sempre una notte. Io credo che quell'alba di Pasqua abbia spalancato gli occhi di tutto il creato, sbalordito di avere ritrovato i passi del Suo Signore, come fosse tornato a casa sua. Credo che ogni fiore abbia fatto cadere l'ultima goccia che lo chiude quando è notte, come cade la sofferenza dell'uomo quando si incontra con l'amore. E ancora oggi, come per sempre, è il giorno del Signore. Alleluja. Ci sono purtroppo ancora tanti uomini e donne che si affaticano tragicamente a costruirsi Golgota, sotterrandosi sotto cumuli di immondezze, convinti di creare "giorni dell'uomo", illusi di poter oscurare così "il giorno del Signore".

Così come ci sono, per grazia di Dio, uomini e donne, che oggi hanno occhi pieni di stupore, cuore traboccante di amore, mani diafane di luce per la carità che donano, e che raccontano così con la vita le meraviglie del mattino della resurrezione, come Maria di Magdala, come gli Apostoli, i santi.

Uomini e donne di oggi che vivono il giorno del Signore Risorto e danno luce a questa terra. Uomini e donne che con amore si fanno lavare dal Sangue di Cristo nel perdono, per apparire immacolati, come rinati e così vestirsi sempre a festa, come se ogni momento della vita fosse l'aurora della Pasqua.

Auguro a tutti voi, e di cuore, che con me siate nel numero di questi uomini, donne a Pasqua, per spargere sempre speranza ai fratelli, che non devono vivere nella disperazione del nulla.
Buona Pasqua. Cristo è risorto, Alleluja!

Antonio Riboldi – Vescovo –
E-Mail: riboldi@tin.it
Internet: www.vescovoriboldi.it

 

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