TESTO Con dolcezza, rispetto e retta coscienza
don Alberto Brignoli Amici di Pongo
VI Domenica di Pasqua (Anno A) (21/05/2017)
Vangelo: Gv 14,15-21

«15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. 21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
Non manca molto, al compimento del Tempo di Pasqua. Solo quindici giorni ci separano dalla Solennità di Pentecoste, e più ci avviciniamo a questo grande giorno della nostra fede, più si fanno insistenti i richiami allo Spirito, Signore della Storia, "Spirito di Verità", "Paraclito che rimarrà con noi sempre". È proprio questo suo "rimanere con noi sempre" che ci deve far capire l'importanza dello Spirito nella nostra vita di fede. Senz'altro, ne parleremo anche a Pentecoste. Ma già oggi credo sia bene cercare di capire cosa Cristo voglia insegnarci quando ci parla di uno Spirito di Verità che "il mondo non può ricevere perché non lo conosce", mentre chi crede in Cristo "lo conosce perché rimane già in lui". Mi sembra di capire che questo Spirito di Verità sia la presenza di Dio in coloro che lo amano, o meglio, che conoscono Dio perché lo amano, che lo conoscono non per sentito dire, ma per amore; a differenza del mondo, che non conosce Dio perché non lo conosce per amore. Quando Giovanni parla di mondo, non parla della terra, della realtà fisica ed umana nella quale siamo immersi, perché ciò che è umano non è negativo. Ciò che è "mondo" in senso negativo è tutto ciò che non accetta di riconoscere Dio come Signore della Storia e dell'Umanità: cioè tutta quella realtà che non vuole accogliere Dio, che pensa di poter fare a meno di lui. E se conoscere Dio vuole dire amarlo, "mondo" nel vangelo di oggi è tutto ciò che non ha voluto conoscere Dio-Amore. "Mondo" significa tutto ciò che Amore non è, anche se paradossalmente il mondo si permette continuamente di parlare di amore. Anche noi, in questo senso, siamo un po' uomini e donne "di mondo": parliamo spesso di amore, ce ne riempiamo la bocca anche in modo indebito e spropositato, facciamo tutta una serie di gesti magari anche pieni di sentimento e di passionalità che cerchino di esprimere tutto l'amore che c'è in noi...ma quanto, in realtà stiamo "vivendo" l'amore? Come possiamo parlare di amore, se contribuiamo anche noi, nel nostro piccolo, a contribuire alla costruzione di una società individualista, integralista, egoista, chiusa nei confronti di chi è diverso da noi? Come possiamo parlare di amore quando, per difendere le nostre sia pur giuste idee, ci serviamo di linguaggi offensivi e arroganti? Come possiamo parlare di amore quando siamo più preoccupati di salvaguardare la nostra identità culturale e religiosa come un'etichetta che ci contraddistingue che di esprimere, nel nostro vissuto quotidiano, i valori e la fede in cui crediamo?
Quello Spirito di Verità che è testimone di Dio-Amore ha spinto la prima comunità cristiana degli Atti degli Apostoli ad aprirsi non solo a coloro che ancora non avevano ricevuto l'annuncio del Dio d'Israele (i "pagani", come li chiama Paolo, ovvero il mondo greco - latino), ma addirittura a coloro che, nella comunità dei figli di Abramo, da secoli erano stati motivo di contrasto e addirittura di odio per tutti i giudei. Mi riferisco ai samaritani di cui, nella prima lettura, si dice che "prestavano ascolto unanimi alle parole di Filippo", che "accolsero la Parola di Dio". Lo Spirito ha il potere di rendere amici e fratelli coloro che erano nemici.
Perché lo Spirito riesce a risanare quegli odi e quei contrasti che il "mondo" non solo non riesce a superare, ma addirittura fomenta? Perché anche noi non riusciamo a essere uomini e donne pieni di Spirito Santo capaci di ricreare unità nel momento in cui siamo chiamati a testimoniare la nostra fede, ovvero, come dice la seconda lettura, a "rendere ragione della speranza che è in noi"? Non sarà, forse, perché lo facciamo nel modo sbagliato? Non sarà perché la nostra testimonianza cristiana, sia pur convinta e profondamente attaccata ai valori della fede, è carente di quei tre atteggiamenti, "dolcezza", "rispetto" e "retta coscienza" ritenuti da Pietro fondamentali per dirci veri discepoli di Cristo?
Quanta poca dolcezza nel difendere le nostre posizioni riguardo alla vita di fede e alla vita cristiana nelle nostre comunità! Quanti atteggiamenti clericali e impositivi da parte di noi pastori nei confronti del gregge che ci è affidato, convinti che il nostro sia l'unico modo di vivere la fede, e soprattutto quello giusto... Quanta mancanza di rispetto nei confronti di chi, nella società e pure nella Chiesa, è diverso da noi, la pensa in maniera diversa da noi, fa più fatica di noi ad essere coerente. È sufficiente trovarci di fronte ad un ragazzo vivace che delle regole non ne vuol sapere nulla per dire di lui: "È un delinquente". O ancora, imbattersi in un mendicante che ci chiede un po' di carità e bollarlo come "un fannullone, che non ha voglia di lavorare". E come se non bastasse, facciamo e diciamo queste cose privi, molto spesso, di una "retta coscienza": facciamo, cioè, le prediche agli altri senza guardare innanzitutto alla coerenza che noi stessi ci mettiamo nel vivere ciò che agli altri rimproveriamo. Come quando critichiamo ciò che avviene nelle altre famiglie e nelle altre case, mentre nelle nostre avviene lo stesso se non di peggio...
Tutti possono sbagliare, per carità: anzi, proprio per questo dovremmo giungere a una retta coscienza dei nostri limiti e dell'infinita misericordia di Dio nei nostri confronti che ci renda capaci di accogliere gli altri con dolcezza e rispetto.
Anche questo è frutto dello "Spirito di Verità che rimane presso di noi".