TESTO Commento su Gv 15,5
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Mercoledì della V settimana di Pasqua (17/05/2017)
Vangelo: Gv 15,1-8
«Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto».
Gv 15,5
Come vivere questa Parola?
Attraverso l'allegoria della vite - molto espressiva in società contadina - Gesù afferma che soltanto chi rimane unito a Dio può portare frutti buoni in parole e in opere, come il tralcio che fruttifica soltanto se è attaccato alla vite (un richiama anche al celebre canto della vigna di Isaia: cfr. Is 5).
La fonte di ogni bene è soltanto Dio e quindi, per fare il bene e portarne frutti, occorre essere collegati a Lui, che ci dà l'illuminazione e la forza per compiere il bene. In tal modo, diffondendo il bene, noi annunziamo che Dio è amore (cf 1 Gv. 4,8) e si preoccupa di tutti i suoi figli e figlie.
Inoltre Gesù ci fa capire che non da soli mezzi umani si arriva al bene, non si deve contare solo sui propri e limitati strumenti, ma occorre essere inseriti in Dio e all'occorrenza anche essere "potati", cioè andare incontro e accettare la sofferenza per portare più frutti, così come la vite deve essere potata per essere più rigogliosa. Il cristiano in ogni occasione rispetta ed attualizza il messaggio di Cristo, sopportando anche le discriminazioni che derivano dal suo coerente comportamento e dalla professione pubblica della sua fede.
L'agricoltore è il Padre che ha cura della sua vigna, perché porti sempre più frutto e il frutto è diventare discepoli di Cristo: è un cammino costante, sempre crescente (evidenziato dal verbo "diventare" e non "essere"): solo così si possono portare abbondanti frutti.
Signore, aiutami ad essere sempre collegato con te, per portare frutti di bene
La voce dalla sapienza dell'Oriente
Se desideri conoscere il divino, senti il vento sul viso e il sole caldo sulla tua mano.
Buddha
D. Mario Maritano SDB - maritano@unisal.it